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Il Signore non si è tirato indietro

Dall’edizione dell’  11 Aprile 2020 pag 2

DOMENICA DELLE PALME
Omelia del Vescovo Mons. Lagnese nella celebrazione a porte chiuse del 5 aprile
Evento trasmesso in streaming attraverso Facebook e Nuvola TV


Anna Di Meglio

 

Una Domenica delle Palme sicuramente fuori dalla norma, che non dimenticheremo facilmente, come tutto ciò che sta accadendo in questi tempi flagellati dalla pandemia. Fortunatamente la tecnologia è così avanti da consentirci di assistere in diretta alle celebrazioni che in molte parrocchie della Diocesi si stanno svolgendo e ci consente di essere virtualmente presenti anche ai riti della Settimana Santa, per effetto del decreto emesso dal Vescovo il 30 marzo scorso che precisa le modalità con le quali in ogni parrocchia essi si devono e possono celebrare. La diretta TV di domenica dalla Cattedrale ci ha regalato immagini inedite: il portone chiuso visto dall’interno che ci ha resi un po’ tristi al pensiero di quanto quelle porte siano solitamente spalancate ed accoglienti per tutti. La celebrazione, nel rispetto delle norme liturgiche e di quelle imposte dalla emergenza corona virus, è stata impeccabile, non mancava di nulla, mancava solo il popolo, ovviamente. A questa dissonanza Mons. Lagnese ha fatto subito riferimento all’inizio della sua omelia, ricordando che la Domenica delle Palme richiama alla memoria l’ingresso di Gesù in Gerusalemme tra la folla festante che lo acclama come Salvatore agitando rami di ulivo e palme, episodio che la Chiesa ricorda nella liturgia proprio con una processione che precede la celebrazione. Quella folla manca, ma – ha detto Mons. Lagnese – tale mancanza non rende meno preziosa l’Eucarestia, “espressione più grande del rendimento di grazie al Padre”, anzi, è il Vescovo stesso che rappresenta il popolo e lo porta davanti al Signore. Mons. Lagnese ha poi proseguito seguendo il filo che annoda tra loro le letture proposte dalla liturgia: la prima lettura, il bellissimo III Carme del servo sofferente (Is 50, 4.7); la seconda, tratta dalla lettera di san Paolo ai Filippesi (Fil “,6-11), e il testo della Passione tratto quest’anno dal Vangelo di Matteo (Mt 26,14 – 27,66), filo che è il tema del servo obbediente, del discepolo obbediente che presta il dorso ai suoi flagellatori, di Dio che assume la condizione di servo, svuotando se stesso e facendosi obbediente fino alla morte in croce. Il Signore ci dà una grande lezione di obbedienza e fedeltà, egli non è come noi, non tradisce, non si tira indietro, mantiene le promesse e lo fa attraverso la sua passione e morte in croce. Molto bella la riflessione fatta dal Vescovo, a proposito della Passione, che parte dalla preghiera colletta “…fa che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione…” e si aggancia ad un versetto che si trova all’inizio del Cap. 26 di Matteo, quando si dice: “Terminati tutti questi discorsi, Gesù iniziò a parlare della sua morte e resurrezione.” La Passione di Cristo è momento centrale al punto che tutto ciò che Lui ha detto fino a quel momento ne diventa il preambolo. Gesù parla tanto, ma poi, terminato di parlare, diventa lui stesso, con le sue azioni, discorso, nel silenzio dell’obbedienza. Per molti studiosi i Vangeli non sono altro che una ampia introduzione alla morte e resurrezione di Cristo. Ma poi il Vescovo scende nel dettaglio della Passione, si focalizza su Gesù sulla croce, sofferente e morente, e lo illumina nell’attimo i cui lancia un urlo disperato: “Elì, Elì, lamà sabactàni?” che rompe il silenzio di Gesù. Quel grido è il grido di ogni uomo che soffre, che muore, rappresenta tutte le grida di dolore di tutto il mondo, il dolore del quale Gesù si fa carico in quel terribile momento. Gesù sta morendo ed è da solo, come molto malati di Covid 19 in questi giorni. “Ecco, quel grido lo facciamo nostro, riascoltiamolo sapendo che quando soffriamo non siamo da soli.”, ci suggerisce il Vescovo che conclude sottolineando che il brano di Matteo descrive anche ciò che accadde dopo la morte di Gesù: si squarciò il velo del tempio, i sepolcri si aprirono e molti santi tornarono a vita, esempio istantaneo e concreto degli effetti della venuta di Cristo e della sua morte, cioè che noi possiamo avere la vita.  Dunque viviamo la Settimana Santa in atteggiamento di gratitudine, tenendo nella mente e amando la Passione di Cristo, con l’aiuto di Maria Addolorata che è unita a Gesù nel portare la croce.

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