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 Carceri, una preghiera per non dimenticare

21 febbraio, Giornata di Preghiera per i Carcerati

 Carceri, una preghiera per non dimenticare

a Poggioreale il ricordo delle vittime del covid

Redazione

In tutte le parrocchie della Campania si è celebrata, domenica 21 febbraio, la giornata di preghiera, di sensibilizzazione e condivisione per i carcerati. A Poggioreale la celebrazione Eucaristica è stata presieduta dal vescovo ausiliare di Napoli, mons. Gennaro Acampa, e concelebrata da tutti i cappellani. In chiesa detenuti del padiglione Firenze, i canti sono stati eseguiti da un gruppo di detenuti del padiglione Genova.

Presente all’incontro il garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello. Nella sua introduzione il responsabile dei cappellani di Poggioreale don Franco Esposito ha dichiarato: “Come Chiesa di Napoli, in questo tempo, non abbiamo mai fatto mancare la nostra presenza attraverso i cappellani, le suore e qualche volontario. Grazie alla generosità delle nostre parrocchie siamo riusciti a distribuire i generi di prima necessita raccolti tra i fedeli nella giornata per i carcerati e anche in altri momenti organizzati da tanti parroci particolarmente sensibili a questa problematica. Il carcerato è sempre il frutto di un albero: la nostra società, che lo produce, e dopo averlo prodotto lo giudica lo condanna e lo rinchiude, pensando che la struttura carceraria lo possa cambiare, il carcere invece con tutto il suo pur innovativo ordinamento rieducativo non sempre vi riesce, la stragrande maggioranza dei detenuti esce dal carcere segnata in modo negativo, mortificati nella dignità, esclusi ormai da qualsiasi possibilità di reinserimento sociale, lavorativo, culturale”. Durante la preghiera dei fedeli il garante Ciambriello ha invitato a chiedere la misericordia di Dio per i quattro detenuti campani morti per Covid, per i tre agenti penitenziari (l’ultimo l’altro giorno, il sovrintendente Adriano Cirella di 57 anni di Poggioreale) e il medico di Secondigliano. Ciambriello ha poi concluso: “Ringrazio i cappellani e i volontari che entrano in carcere per stare con i detenuti, sono una terra di mezzo, un ponte tra il dentro e il fuori, una zattera dove i diversamente liberi si rigenerano da ansie, paure. Sono i generosi cristiani che vivono “La Chiesa in uscita” e con gioia la sesta opera di misericordia corporale Visitare i carcerati, che è di certo la più disattesa tra tutte le altre”. I contagiati tra gli agenti di polizia penitenziaria in Campania sono 58, mentre i detenuti contagiati sono 34 ( di cui 18 a Poggioreale, 10 a Carinola, 5 a Secondigliano e 1 a Salerno).

*Anteprima24.it

 

Scrive su Facebook Don Gennaro Pagano, cappellano del carcere di Nisida:

Voglio bene anche ai figli dei camorristi che spesso incontro perché non hanno scelto loro la famiglia in cui nascere.

Invoco umana comprensione per coloro che hanno sbagliato, a volte in maniera incomprensibile e tragica, perché nessuno di noi può sapere cosa sarebbe accaduto se sul loro tragitto ci fossero stati altri incontri e altri volti.

La misericordia, la comprensione, il credere fortemente che è possibile educare e rieducare non è buonismo o romantica filantropia. E non è contrario al sentimento di giustizia che con e per ogni vittima condivido e provo. Per me che sono prete è fedeltà al Vangelo. Per me, cittadino italiano, è pratica della Costituzione.

E a qualcuno che nei giorni scorsi invocava per i minori della nostra città una parola terribile – “repressione” – dico che sarebbe più utile adoperarsi per la prevenzione e il miglioramento della qualità della vita delle tante periferie della nostra metropoli. Dove scegliere a volte e ad alcuni può apparire impossibile.

Non userò mai la parola repressione perché lo farei con il piglio dell’innocente ma, come cantava De Andrè, anche se ci crediamo assolti, siamo tutti e sempre coinvolti.

Non si sceglie dove nascere. Nessun bambino può farlo. Ma la società tutta con lo Stato può scegliere di non abbandonare nessun ragazzo al caso, intervenendo subito per strapparlo alla predestinazione a cui apparentemente è condannato.

Preghiamo anche per i ragazzi di Nisida e per la regale del Carcere di Pozzuoli.

 

E la signora Daniela De Bartolomeo commenta:

Il primo incarico di Don Bosco fu quello di assistente spirituale per i giovani condannati alla forca.

Fu un’esperienza devastante per lui, vedere che non poteva fare più nulla per quei giovani, i quali semplicemente non avevano trovato sulla loro strada nessuno che li avesse amati. Nacque così il sistema preventivo che si basa su un’unica certezza: “In ogni giovane anche il più disgraziato c’è un punto accessibile al bene, dovere primo dell’educatore è cercare questo punto, questa corda sensibile e trarne profitto” Le auguro Don Gennaro di non stancarsi mai di cercare questo “punto accessibile” in ogni giovane che incontra, perché sentendosi amati le consegnino i loro cuori : è da lì che partirà la possibilità della loro rinascita.

E tutti quanti noi dobbiamo sentirci responsabili del loro futuro, collaborando con ogni mezzo al loro recupero.

Grazie per tutto quello che fa, il Signore la benedica.

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