No all’indignazione a intermittenza
Lauro Paoletto (*)
Non sappiamo se tra gli atti ufficiali del Presidente della Repubblica che vengono registrati e conservati, a futura memoria per le generazioni a venire, ci siano anche alcune telefonate particolarmente significative. Se così fosse, sicuramente, verrebbe catalogata quella fatta da Sergio Mattarella sabato scorso all’onorevole Giorgia Meloni, per esprimerle la personale e convinta solidarietà di fronte ai violenti attacchi verbali subiti da parte del professore toscano Giovanni Gozzini durante una trasmissione radiofonica.
Il fatto che il Capo dello Stato abbia ritenuto di dover intervenire in prima persona per esprimere vicinanza alla leader di Fratelli d’Italia indica, se c’erano dubbi, la gravità di quanto accaduto.
Al gesto del Presidente hanno fatto seguito le condanne e le espressioni di solidarietà alla Meloni da parte dei leader di tutte le altre forze politiche.
Il preoccupante episodio da condannare senza tentennamenti (che dimostra che la stupidità umana non conosce titolo di studio) si accompagna dunque a questa unanime condanna che rappresenta, nel panorama politico attuale, un indubbio segnale positivo. Per una volta la condanna non è stata a intermittenza (la esprimo se riguarda uno della mia parte, non la esprimo se riguarda l’avversario) ma unanime, riuscendo così a dare voce a quello che dovrebbe essere un sentire comune prima e al di là di ogni appartenenza politica.
La violenza e l’odio non dovrebbero, infatti, essere né di destra, né di sinistra e per questo dovrebbero trovare sempre il rifiuto convinto da parte di tutte le forze politiche che credono, realmente alla democrazia e al pluralismo. Dovrebbe essere questo uno degli ingredienti fondamentali di un orizzonte valoriale condiviso da considerare come pavimento comune su cui poggiare la democrazia italiana.
Abbiamo già segnalato come l’avvento dell’esecutivo Draghi si distingua anche per un cambio di registro comunicativo, con una scelta di maggiore sobrietà nei contenuti e nelle modalità di esprimerli. Sarebbe un grande passo avanti che questa novità permeasse tutta la politica nostrana, riuscendo a mettere come primo e fondamentale criterio ispiratore il rispetto sempre e comunque. Di chiunque: amici e avversari. Si può attaccare pesantemente gli avversari politici senza per questo giungere all’insulto e senza fomentare odio e violenza.
Anche in questo i nostri rappresentanti politici (tutti) dovrebbero avere la responsabilità di dare l’esempio. Questo è tanto più importante e urgente oggi in cui si osserva nella società un preoccupante imbarbarimento dei linguaggi che facilmente scadono nella volgarità e nell’aggressione, ancora una volta e spesso contro le donne in modo particolare.
Ci sono cantanti, trasmissioni radiofoniche, personaggi pubblici che basano la propria notorietà sul dileggio, sull’attacco volgare e violento, sull’insulto razzista amplificato dai social capaci di creare una eco terribile. Anche a questo riguardo la scelta del premier Draghi di non essere presente sul web può apparire utile. Probabilmente per evitare alcuni rischi, in alcuni frangenti, è meglio proprio evitare certi ambienti.
Questo tempo in cui la dialettica politica non è sospesa, ma perlomeno rallentata, sarebbe importante scegliere una disciplina comunicativa precisa e rigorosa, respingendo sempre qualsiasi degrado si registri al riguardo. E’ anche così che si difende la democrazia.
*direttore “La Voce dei Berici” (Vicenza)
(Foto: Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)