MA TU, QUALE DI QUESTI SEI??
QUARESIMA 2021 – LECTIO DIVINA
con il Vescovo Pietro
“Vide e ne ebbe compassione”
di Anna Di Meglio
Con l’amorevolezza di un padre Mons. Lagnese martedì 2 marzo è tornato ad accudire il suo gregge in Cattedrale, regalando una nuova pagina di preziosi riflessioni, continuando il discorso sulla parabola, nota come la “Parabola del buon samaritano”, tratta dal Vangelo di Luca. Se martedì scorso la Lectio era stata in parte una introduzione ampia sul valore della Parola, soprattutto in tempo di Quaresima, ma in generale nella vita quotidiana di ogni cristiano, nel secondo martedì il Vescovo ci ha portati nel testo, nel vivo della Parola. La parabola vera e propria, ricordiamo, nasce da una domanda del dottore della legge, che interroga Gesù circa le condizioni ottimali per raggiungere la vita eterna, o meglio, per raggiungere quella felicità cui tutti aspiriamo che sembra però sfuggire anche ad un uomo così dotto e preparato sulla legge di Dio, al quale pur Gesù rivolge i propri complimenti per la sua preparazione e per la sua conoscenza ineccepibile della Scrittura. Quell’uomo tuttavia non riesce a trarre completa soddisfazione da tanto sapere, sente che gli manca qualcosa e sente che Gesù potrebbe avere le risposte. Egli sa che i precetti fondamentali sono quelli che Gesù stesso riassumerà in altra circostanza sinteticamente: amare Dio sopra ogni cosa e allo stesso modo il prossimo. Ma tanto sapere non basta: Gesù allora, di fronte alla sua richiesta gli insegna – e ci insegna – che bisogna fare un passo ulteriore: passare all’a
zione, mettere in pratica: “Fa questo e vivrai!” Come dire: “nella teoria sei eccellente, allora metti in pratica!”.
Così il Vescovo Pietro ci aveva lasciati martedì scorso provocandoci con la domanda aggiuntiva “Ma ci riesci?”. Il racconto dell’uomo percosso dai briganti e soccorso inaspettatamente dal smaritano – buono – nasce dalla esigenza di far comprendere al dubbioso dottore della legge chi sia il prossimo di cui parla la Scrittura. La domanda del dottore viene preceduta nel testo di Luca da una espressione particolare, egli pone la domanda “Volendo giustificarsi”, che va intesa come tentativo di farsi giusto”, di mettersi sopra la parola di Dio, atteggiamento che è scorretto, poiché: «Quale è il compito della Parola di Dio? Farti vedere il tuo peccato e poter dire di conseguenza ‘Dio vieni a salvarmi!’ serve a farti capire che tu hai bisogno di Dio.» In realtà – ha precisato il Vescovo, quest’uomo sembra stia chiedendo per se stesso di chi lui sia il prossimo, cioè chi è che lo po
ssa amare nel modo espresso dalla legge. E dunque forse il racconto di Gesù va compreso come risposta a questa domanda.
Mons. Lagnese, dopo queste premesse, ci ha condotti dentro questo racconto famoso del quale ha analizzato solo poche righe nella prima parte (Lc 10, 30): “Un uomo scendeva da Gerusalemme verso Gerico, quando incappò nei briganti. Questi gli portarono via tutto, lo precossero e poi se ne andarono lasciandolo mezzo morto.” Davvero poche parole, ma centellinate con sapienza, come piccoli sorsi di vino prezioso che ad ogni goccia sprigiona sapori e aromi che lasciano il segno in colui che lo sorseggia. Così è esattamente la Parola: densa e preziosa nei suoi significati, parla al cuore di tutti e non esaurisce mai del tutto il
suo significato. Molto della Parola – ci ha detto il Vescovo citando san Efrem il Siro – ci sfugge, solo una parte di essa ci è dato assaggiare, ma la sua ricchezza rimane in ogni caso a nostra disposizione. Troviamo per prima cosa “un uomo”, un personaggio non connotato del quale non sappiamo nulla, mentre sappiamo chi sono gli altri poiché vengono identificati per il loro ruolo sociale o la loro appartenenza territoriale. La scarsa definizione consente all’ascoltatore di comprendere che quell’uomo può essere chiunque, o meglio, chiunque di noi, al quale può capitare o essere capitata la stessa sua disavventura, di essere derubato e malmenato da briganti. Troviamo poi una annotazione geografica: l’uomo ‘scendeva da Gerusalemme – città santa – verso Gerico’, città malfamata. Gerico si trova sotto il livello del mare (- 400 mt). Si tratta di una depressione geografica che è segno evidente di una depressione morale che quell’uomo certamente stava attraversando, come succede a chiunque.
È la condizione nella quale ci pone il peccato, l’allontanamento da Dio, quella condizione nella quale, presi dall’euforia, crediamo di potercela cavare da soli: «Siamo chiamati a interrogarci, a fare memoria dei momenti in cui ci siamo sentiti uomini persi, soli, capaci di farcela da soli, ma poi siamo caduti e abbiamo toccato il fondo» Quell’uomo depresso è diventato preda dei briganti, del peccato, della disgrazia. Ma attenzione! Chi sono i briganti? Se la condizione nella quale viene lasciato l’uomo dopo le percosse (‘mezzo morto’) è chiaro segno degli effetti nefasti del peccato, quei briganti non sono personaggi così tanto estranei a noi. Il Vescovo Pietro ci invita a comprendere che ognuno di noi può essere ‘brigante’ per gli altri, ognuno di noi può aver trattato il prossimo così come fanno i briganti, pestandolo e derubandolo. Pertanto, ha proseguito, è necessario, ascoltando e meditando la parabola, interrogarsi su quale pensiamo possa essere la nostra posizione, quale il nostro ruolo all’interno del racconto. L’analisi del testo prosegue poi osservando le due figure che, successivamente all’intervento dei briganti, si trovano a passare davanti all’uomo che giace sofferente sul ciglio della strada. Il primo è un sacerdote, uno cresciuto a pane e Scrittura, e un Levita. Entrambi passano oltre, deviando, per non essere coinvolti, perché i programmi della loro giornata non subiscano fastidiose modifiche. Entrambi, per il loro ruolo sociale e religioso sembrerebbero ampiamente giustificati, il sacerdote rischiava la contaminazione e la compromissione di quanto avrebbe dovuto svolgere al tempio.
Ma per Gesù è proprio questo il punto: «Il sacerdote non si poteva fermare, si sarebbe contaminato: la motivazione è chiara, ma non lo scusa, evidenzia al contrario i limiti della legge. La legge non basta.» Ma c’è ancora dell’altro: questi due personaggi, che pure percorrono la stessa strada dell’uomo sfortunato, non si avvicinano anche per un altro motivo: «I due deviano poiché non vogliono vedere di più, non si avvicinano per prudenza. Quell’uomo fa paura, avvicinandosi troppo può capitare di vedere che egli ci assomiglia, perché in quell’uomo c’è anche la loro, la nostra storia. Lasciamo dunque che la Parola ci interpelli, che ‘ci legga’, come dice Papa Francesco. Forse sei tu il brigante, forse sei tu il dottore della legge!» E, concludendo, Padre Pietro ci ha esortato a fare memoria delle nostre cadute, ma anche, ottimo esercizio quaresimale, di quando siamo stati briganti per il nostro prossimo.