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Santa Francesca Romana – una santa del Rinascimento

Santa Francesca Romana

9 marzo

Una santa del Rinascimento

 di Antonio Borrelli ed Emilia Flochini*

 

In un’epoca di grandi trasformazioni artistiche, letterarie e filosofiche, come quella del Rinascimento, vissero molti santi uomini e altrettante sante donne che seppero prestare attenzione all’umanità sofferente nel corpo, ma anche assetata di istruzione e guida spirituale nell’anima. Una di questi personaggi è santa Francesca Romana che fu sposa, madre, vedova, fondatrice e religiosa.

Le origini

Francesca Bussa de’ Leoni nacque a Roma nel 1384. Fu battezzata il giorno dopo la nascita e cresimata nella chiesa di Sant’Agnese in Agone, in piazza Navona, dove abitava la sua famiglia.

Ebbe un’educazione elevata per una fanciulla del suo tempo. Una volta diventata più grande, accompagnava la madre, Iacobella de’ Roffredeschis, nelle visite alle varie chiese del suo rione. Nella lontana chiesa benedettina di Santa Maria Nova sull’antica Via Sacra, Francesca trovò il suo primo direttore spirituale, padre Antonello di Monte Savello, che ben presto si accorse della vocazione della fanciulla alla vita monastica, nonostante vivesse negli agi di una ricca e nobile famiglia.

Sposa per obbedienza

Tuttavia, il padre di Francesca, Paolo, aveva combinato per lei un matrimonio con il nobile Lorenzo de’ Ponziani, per allearsi con un’altra famiglia ricca. Padre Antonello convinse Francesca, che all’epoca aveva dodici anni, ad accettare la volontà del padre. Una volta sposata, andò ad abitare nel palazzo dei Ponziani, situato nel quartiere di Trastevere.

Guarita per intercessione di sant’Alessio

L’inserimento nella nuova famiglia non fu facile, anche perché Francesca si sentiva provata per aver dovuto rinunciare alla sua vocazione religiosa: ne scaturì uno stato di anoressia che la sprofondò nella prostrazione. Si cercò di sollevarla da questa preoccupante situazione, ma invano. All’alba del 16 luglio 1398, a Francesca sembrò di vedere in sogno sant’Alessio, che le diceva: «Tu devi vivere… Il Signore vuole che tu viva per glorificare il suo nome». Al risveglio Francesca, accompagnata dalla cognata Vannozza, si recò alla chiesa dedicata al santo pellegrino sull’Aventino, per ringraziarlo. Da allora la sua vita cambiò: insieme a Vannozza, prese a dedicare il tempo libero dagli impegni familiari a soccorrere poveri e ammalati. Si dispose anche ad accettare la sua condizione di sposa. A sedici anni ebbe il primo dei tre figli, Giovanni Battista, seguito, nel 1403, da Giovanni Evangelista; l’ultima nata, l’unica femmina, fu Agnese.

I problemi della Roma del tempo

Erano anni drammatici per Roma. Gli ecclesiastici discutevano sulla superiorità o meno del Concilio Ecumenico sul Papa. Lo Scisma d’Occidente devastava l’unità della Chiesa, mentre lo Stato Pontificio era politicamente allo sbando ed economicamente in rovina.

Roma per tre volte fu occupata e saccheggiata dal re di Napoli, Ladislao di Durazzo. A causa delle guerriglie urbane, la città era ridotta quasi in rovina. Papi ed antipapi si combattevano fra loro: mancava quindi un’autorità centrale che riportasse ordine e prosperità.

La risposta caritativa di Francesca

Francesca perciò volle dedicarsi a sollevare le misere condizioni dei suoi concittadini. Nel 1401 morì la suocera, così il marito, Andreozzo Ponziani, affidò a Francesca le chiavi delle dispense, dei granai e delle cantine. Francesca ne approfittò per aumentare gli aiuti ai poveri: in pochi mesi i locali furono svuotati. Il suocero, allibito, decise di riprendersi le chiavi. Quando nei granai fu rimasta soltanto la pula, Francesca, Vannozza e una fedele serva, per cercare di soddisfare fino all’ultimo le richieste degli affamati, fecero la cernita e distribuirono anche il poco grano ricavato. Con loro sorpresa, pochi giorni dopo, sia i granai che le botti del vino risultarono di nuovo pieni. Andreozzo, nel 1391, aveva fondato l’Ospedale del Santissimo Salvatore, di conseguenza, non era indifferente alle miserie dei romani. Visto il prodigio, decise di restituire le chiavi alla caritatevole nuora.

Francesca cambia stile di vita

A questo punto Francesca decise di dedicarsi sistematicamente all’opera di assistenza. Con il consenso del marito, vendette tutti i vestiti e gioielli devolvendo il ricavato ai poveri. Indossò un abito di stoffa ruvida, ampio e comodo, per poter camminare agevolmente per i miseri vicoli di Roma. Era ormai conosciuta ed ammirata da tutta Trastevere, che aveva saputo del prodigio dei granai di nuovo pieni. In particolare, un gruppo di donne volle seguire il suo esempio. Insieme a loro, Francesca andava a coltivare un campo nei pressi di San Paolo fuori le Mura, da cui ricavava frutta e verdura. Caricava le merci su un asinello e le distribuiva personalmente alla lunga fila di poveri, che ormai ogni giorno cercava di sfamare.

“La poverella di Trastevere”

Alla morte del suocero, Francesca si prese cura dell’Ospedale del SS. Salvatore, pur senza tralasciare le visite private e domiciliari che faceva ai poveri. Incurante delle critiche e del disprezzo dei nobili romani, si fece questuante per quanti si vergognavano di chiedere l’elemosina. Per questa ragione, la gente del popolo la soprannominò “la poverella di Trastevere”. La consideravano sempre una di loro, nonostante l’appartenenza al ceto della nobiltà, e familiarmente la chiamavano “Franceschella” o “Ceccolella”.

Rivelazioni e doni soprannaturali

Mentre si prodigava instancabilmente in queste opere di amore concreto, Francesca riferiva al suo confessore, don Giovanni Mariotto, parroco di Santa Maria in Trastevere, le illuminazioni che affermava di ricevere dal Signore e le sue frequenti lotte col demonio.

La malattia del marito e la morte dei figli

Nel 1409, suo marito Lorenzo, comandante delle truppe pontificie, durante una battaglia venne gravemente ferito. Rimase semiparalizzato per il resto della sua vita e fu accudito amorevolmente dalla moglie e dal figlio Battista. Un’epidemia di peste portò Francesca alla decisione di aprire il suo palazzo agli appestati. Così facendo, però, si espose in prima persona al contagio, insieme ai suoi cari. Morirono due figli, Agnese ed Evangelista. Lei stessa contrasse il morbo, ma riuscì a salvarsi. Dalla morte di Evangelista, Francesca cominciò a vedere accanto a sé un ragazzino sui nove anni, con lunghi capelli ricci, vestito di una tunica bianca. Non l’avrebbe più lasciata, per tutta la vita.

Nascita delle Oblate Benedettine di Maria

Francesca continuava ad aiutare poveri ed ammalati, senza trascurare la preghiera: dormiva ormai solo due ore per notte. Iniziò anche ad accompagnare spiritualmente il gruppo di amiche che la coadiuvavano nella carità. Durante uno di quegli incontri settimanali nella chiesa di Santa Maria Nova, Francesca le invitò ad associarsi in una confraternita consacrata alla Madonna. Ognuna delle socie sarebbe restata nella propria casa, impegnandosi a vivere le virtù monastiche e donandosi ai poveri. Il 15 agosto 1425, festa dell’Assunta, davanti all’altare della Vergine, le undici donne si offrirono al Signore.

Nel marzo del 1433 Francesca poté riunire le sue compagne sotto un unico tetto a Tor de’ Specchi, composto da una camera ed un grande camerone, vicino alla chiesa parrocchiale di Sant’Andrea dei Funari. Il 21 luglio dello stesso 1433, papa Eugenio IV eresse la comunità in congregazione religiosa, con il titolo di Oblate Benedettine di Maria, note anche come Nobili Oblate di Tor de’ Specchi.

Tra le Oblate di Tor de’ Specchi

Francesca si recava ogni giorno nel monastero da lei fondato, ma continuò ad abitare nel palazzo Ponziani per accudire il marito malato. Lorenzo morì dopo quarant’anni di vita coniugale, nella quale era sempre andato d’accordo con lei. A quel punto, il 21 marzo 1436, Francesca lasciò la sua casa, affidandone l’amministrazione al figlio Battista e a sua moglie. Si unì alle compagne a Tor de’ Specchi, dove fu eletta superiora. Trascorse gli ultimi quattro anni nel convento, dedicandosi soprattutto a tre compiti: formare le sue figlie secondo le illuminazioni che Dio le donava; sostenerle con l’esempio nelle opere di misericordia alle quali erano chiamate; pregare per la fine dello scisma nella Chiesa. Francesca insegnò alle sue suore la preparazione di uno speciale unguento, che aveva usato e usava per sanare malati e feriti. Ancora oggi, quel medicamento viene preparato nello stesso recipiente adoperato da lei più di cinque secoli fa.

La morte

Il 3 marzo 1440 Battista Ponziani si ammalò gravemente. Francesca accorse al suo capezzale: dopo poco tempo, il figlio guarì. Aveva appena lasciato palazzo Ponziani, quando incontrò don Mattiotti, il suo confessore, che le ordinò di tornare indietro per passare la notte lì. Francesca obbedì, ma sapeva già che quelli sarebbero stati i suoi ultimi giorni. Di fatto morì il 9 marzo 1440, a cinquantasei anni, circondata dalle sue Oblate, a cui aveva lasciato le proprie estreme raccomandazioni. Le sue spoglie mortali vennero esposte per tre giorni nella chiesa di Santa Maria Nova, poi furono sepolte sotto l’altare della stessa chiesa. Una cronaca dell’epoca riferisce la partecipazione e la devozione di tutta la città.

La glorificazione

La fama di santità di Francesca portò all’apertura di un primo processo ad appena sei mesi dalla sua morte. Fu canonizzata da papa Paolo V il 29 maggio 1608. Francesca diventava quindi la prima santa donna italiana dal tempo di Caterina da Siena.

I patronati

Santa Francesca Romana, oltre a essere compatrona di Roma con i santi apostoli Pietro e Paolo, viene anche invocata come protettrice dalle pestilenze e per la liberazione delle anime dal Purgatorio. Nel 1950 papa Pio XII l’ha dichiarata patrona degli automobilisti, perché il suo Angelo Custode l’accompagnava sempre durante i suoi spostamenti, sprigionando una luce che le permetteva di vedere chiaro anche di notte. Ratificava quindi un’usanza per cui ancora oggi, il 9 marzo di ogni anno, gli automobilisti di Roma si radunano nei pressi della chiesa di Santa Francesca Romana per ricevere una speciale benedizione per sé e per i propri mezzi.

 *Santi e Beati.it

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2 comments

    1. writer

      I limiti cronologici del Rinacimento possono fissarsi con buona approssimazione tra la metà circa del Trecento e la fine del Cinquecento, anche se alcuni studiosi tendono a circoscrivere l’arco cronologico tra il 1400 e il 1550, altri tra il 1492 e il 1600.
      (Enciclopedia Treccani, voce Rinascimento)

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