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Il Papa cerca le tracce di Dio nella storia, ovunque

«Il Papa cerca le tracce di Dio nella storia, ovunque»

Otto anni di pontificato di Papa Francesco

Le cinque “parole” che aiutano a capire il senso profondo dell’operato di Jorge Mario Bergoglio secondo il direttore de La Civiltà Cattolica Antonio Spadaro

di Alberto Chiara*

Ama ricordare quella sera. E le emozioni che comportò. «Il 13 marzo 2013», esordisce padre Antonio Spadaro, 54 anni, gesuita, direttore della prestigiosa rivista La Civiltà Cattolica, «non potevo rimanere in casa ad attendere la fumata, bianca o nera che fosse. Ero ansioso, forse nervoso. In ogni caso “sentivo” di non poter continuare a scrivere avendo sempre aperta una finestra del mio Mac sul sito del Vaticano per tenere d’ occhio la situazione a distanza. Andai prima in Sala stampa vaticana e poi, dopo le 19, in Piazza San Pietro. All’annuncio del nome – «Georgium Marium» – capii che era il mio confratello gesuita, l’arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, classe 1936. Quando lo vidi vestito di bianco, mi colpì la sua immobilità. Solo dopo ho saputo che questo per lui è normale: “Se mi succede qualcosa di inaspettato, bello o brutto che sia”, disse un giorno, ricordando la sua nomina a vescovo ausiliare di Buenos Aires, “resto sempre come paralizzato”. Tutti eravamo commossi. Che farà? Che dirà? Sono trascorsi attimi lunghissimi sciolti da quel suo dolce “Buonasera”, segnato dall’accento argentino la cui dolcezza abbatte ogni ostacolo, ogni distrazione».

C’è molto Dostoevskij, c’è molto Manzoni,
c’è molto Bernanos nel suo “sentire”

Che dire a otto anni di distanza?

«Che non è stato e non è un pontificato “politico” in senso stretto, mosso da criteri ideologici. No. Sin dall’inizio è stato chiaro il suo desiderio di ascoltare le donne e gli uomini di oggi, cercando insieme le tracce che Dio semina nella storia. Un pontificato radicato nel Vangelo e nel Concilio Vaticano II, questo sì»  

Come definire, allora, la sua azione di governo?

«Papa Francesco è perfettamente consapevole dei drammi che vive l’umanità oggi. Dunque il suo pontificato ha un profilo “drammatico”. C’è molto Dostoevskij, c’è molto Manzoni, c’è molto Bernanos nel suo “sentire”, non a caso tre autori a lui cari. Ma non si limita alla denuncia, tanto meno all’invettiva: Jorge Mario Bergoglio si rimbocca le maniche e interviene. Ricorda la prima metafora usata proprio nell’intervista a La Civiltà Cattolica? Disse che concepiva (e voleva) la Chiesa come un ospedale da campo. Dunque il suo è anche un pontificato “terapeutico”. Infine è, ed è sempre più, un pontificato “profetico”, nel senso etimologico della parola (il termine greco significa “parlare a nome di”). Francesco parla di Dio, invoca Dio, indica Dio. Ripete ad ogni occasione che Dio non si è stancato dell’umanità, che il dolore e la morte possono molto ma non possono tutto, che il faticoso intrecciarsi dei giorni ha un senso. Che speranza e misericordia non sono monete fuori corso. Anzi»

Sin dall’inizio è stato chiaro il suo
desiderio di ascoltare le donne e gli uomini
di oggi, cercando insieme le tracce che Dio
semina nella storia

Provi a riassumere otto anni in cinque parole…

«Un’impresa ardua. Direi: Iraq, Cina, pandemia, Laudato si’ e sinodalità»

Iraq.

«Quel viaggio è stato l’ennesimo, fortissimo richiamo all’ascolto, al dialogo e al perdono reciproco. Una tappa vitale del sentiero che porta all’incontro delle civiltà, con buona pace dei profeti di sventura che hanno seminato odio per anni (stra)parlando di scontro di civiltà. Di questa storica visita s’è già detto molto. Due cose ancora mi preme sottolineare. Sabato 6 marzo, a Ur, patria di Abramo, il padre che accomuna nella fede ebrei, cristiani e musulmani, Papa Francesco ha lanciato un “patto” che purifica la memoria, sana il passato e costruisce un futuro migliore. Mesi fa, gli Usa di Trump con Israele e i Paesi del Golfo hanno siglato un “patto di Abramo” tutto e solo giocato sugli interessi che rischia di essere interpretato “contro” qualcuno (segnatamente l’Iran) e non “per” qualcosa. Secondo aspetto non trascurabile. Il dialogo a quattr’occhi con il leader sciita Al Sistani, che fa seguito al fecondo rapporto con il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib, ha dimostrato che il Papa e con lui la Chiesa cattolica rappresentano un prezioso “enzima” nel processo di interazione intra-musulmano, ovvero un fattore positivo che accelera e agevola il dialogo tra sunniti e sciiti. Un processo che si spera “contagi” quanto prima anche i Paesi limitrofi, cominciando dalla Siria e dal Libano, che non a caso il Pontefice ha annunciato essere la sua prossima meta».

Cina.

«Papa Francesco corona un sogno che fu già dei suoi predecessori, soprattutto di san Giovanni Paolo II: il buon esito di 30 anni di trattative con le autorità di Pechino fa sì che ora tutti i vescovi cinesi siano in comunione con il successore di Pietro. La comunione ecclesiale pone le basi solide per il superamento della frattura tra le due anime della comunità – quella ufficiale e quella cosiddetta clandestina – della Chiesa in Cina. Ciò non significa svilire o, peggio, disprezzare la sofferenza di molti che hanno letteralmente versato il sangue per restare legati a Roma. Significa semmai aver dato un senso a tanto dolore».

Pandemia.

«Come dimenticare le immagini della sera del 27 marzo 2020, papa Francesco solo in una Piazza San Pietro flagellata dalla pioggia, che prega il Signore della vita di liberarci dal Covid? Jorge Mario Bergoglio ha fatto sua la condizione di estrema solitudine che è stata ed è di tanti, nelle terapie intensive, nelle stanze d’ospedale o nella quarantena forzata dei lockdown vissuti in casa. “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”, disse attingendo al quarto capitolo del Vangelo di Marco. E proseguì: “La tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: Svegliati Signore!”. Ecco: accantonato il rincorrersi angosciante dei bollettini medici e dei pareri degli esperti, papa Francesco ha offerto un’interpretazione spirituale. Che ha un unico approdo: un rinnovato senso di fraternità. Il virus non si ferma alle frontiere, non distingue tra ricchi e poveri, non risparmia chi ha cultura o potere. Siamo tutti sulla stessa barca in un mare in tempesta…»

Quarta parola: la Laudato si’…

«L’enciclica del 24 maggio 2015 va letta e citata insieme alla Fratelli tutti, l’enciclica del 3 ottobre 2020. Si tratta di uno sguardo nuovo sulla globalizzazione, sull’economia, sulla salvaguardia dell’ambiente, passando da una purificazione dei rapporti tra singoli, popoli, Nazioni, culture, fedi. Attenzione: non si tratta di un programma politico. Semmai di possibili, agognati frutti sociali ed economici che discendono da una visione della vita e della storia saldamente ancorata a radici teologico-bibliche».

Infine: la sinodalità…

«Un metodo annunciato sin dall’inizio del pontificato. Papa Francesco intende procedere in comunione con i vescovi di tutto il mondo. Soprattutto (come provano le sue nomine cardinalizie) con quelli delle periferie geografiche e umane. Lo strumento c’è e si chiama Sinodo. Ne ha celebrati quattro scegliendo temi scottanti (famiglia, giovani e Amazzonia). Nel 2022 se ne celebrerà uno che avrà per tema… il Sinodo, cioè questo originale modus operandi che postula il dibattito franco (fino allo scontro) tra visioni differenti se non opposte, ma che necessita alla fine di una sintesi condivisa; che esalta le varie anime; che non lascia indietro nessuno. Che fa camminare insieme tutte le varie componenti della Chiesa: vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, diaconi, laici… Una delle eredità più belle del Concilio Vaticano II» 

*Padre Antonio Spadaro è nato a Messina il 6 luglio 1966. È gesuita, teologo, giornalista, accademico. Nel 1994 inizia a scrivere sulla rivista La Civiltà Cattolica di cui diventa direttore nell’autunno 2011.

* Famiglia Cristiana

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