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Omelia di Mons. Lagnese – 4 aprile 2021 Pasqua del Signore

Presso la Chiesa Cattedrale di Caserta

At 10,34a.37-43; Col 3,1-4; Gv 20,1-9

La voce di Pietro ci raggiunge ancora, si fa sentire nella Pasqua del Signore, giorno centrale della nostra fede e di tutto l’anno liturgico, nel quale possiamo gridare “Cristo è  risorto veramente!”, epilogo felice di «una storia che rischiava di essere un racconto qualunque». Così domenica scorsa, nella Cattedrale di Caserta, Mons. Lagnese  ha aperto la sua omelia ricordando quanto ci era stato detto nella Prima Lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli: nel  racconto di Pietro, sintesi della vita di un uomo, Gesù, che era passato dalle loro parti facendo del bene a tutti ed era poi morto.
Ma la storia termina non come ci si aspettava, poiché Cristo è stato resuscitato e i discepoli ne sono testimoni. Quest’ultimo punto diventa fondamentale nella riflessione che Mons. Lagnese ha voluto lasciarci, è fondamentale che nel discorso di Pietro si dica che “Dio lo ha resuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui”.
C’è una domanda che sorge dentro ognuno di noi quando pensiamo alla resurrezione di Cristo e il Vescovo la pronuncia con chiarezza: «Perché Gesù non si è mostrato risorto a Pilato, ai sommi sacerdoti Anna e Caifa, al Sinedrio, a Erode, alle folle che lo avevano seguito e a lui avevano preferito Barabba?».
Ognuno di noi si è fatto almeno una volta questa domanda senza riuscire a trovare una risposta adeguata. Ma la risposta è semplice, essa sfugge alle nostre logiche ed è invece  in coerenza con quanto Gesù ci ha insegnato con l’esempio della sua vita e del suo insegnamento: «Gesù non si impone, ci dona segni semplici, piccoli, che ci consentono di cogliere la sua presenza in mezzo a noi e farci dono della sua resurrezione».
Ma c’è di più, la Chiesa quest’anno propone per la domenica di Pasqua un brano del Vangelo di Giovanni  dove non si narra di alcun incontro con il Risorto, ma solo di segni della sua resurrezione. E’ una indicazione che la Chiesa intende dare. Il Vescovo Pietro precisa che la resurrezione di Cristo è una esperienza che ognuno deve fare da solo, personalmente, senza imposizioni causate da effetti speciali, il Signore si propone con piccoli segni e ci chiede di partecipare, se lo vogliamo, alla resurrezione con lui, che è segno dell’inizio di una vita nuova, come ci è segnalato dal Vangelo che ci riferisce che Gesù risorge nel primo giorno della settimana, il giorno dopo il sabato, segno di un nuovo inizio, di un principio per tutti noi. In quel giorno è Maria di Magdala, sconvolta e sofferente per la morte del suo Signore, che scopre la tomba vuota e corre ad avvertire Simon Pietro e l’altro discepolo, scuotendoli e facendo nascere in loro il desiderio di mettersi a loro volta in movimento.
Maria di Magdala è l’immagine stessa della Chiesa, che deve avere la funzione di portare la buona notizia scuotendo le persone, facendole svegliare dal torpore, risollevandole da situazioni di tristezza e angoscia. Questa è la funzione della Chiesa – ha detto Mons. Lagnese – per questo esiste il Vescovo, per questo esistono  i presbiteri, i quali devono agire nel segno di Cristo, ricordando la sua gentilezza. I discepoli che, mossi da Maria di Magdala, corrono verso la tomba non trovano Gesù risorto, ma solo le bende e il sudario avvolto a parte, piccoli segni dai quali dedurre, se si vuole, ciò che è successo. «E’ un Dio gentile e delicato, che non si impone, ma si propone con la sua vita, con la sua luce, la chiave di volta per poter costruire una vita nuova, ma solo se lo vogliamo».
Noi siamo privilegiati, poiché ancora possiamo ricevere il messaggio di Maria di Magdala, la Chiesa ce lo porta e ci consegna la notizia che Gesù non è più nel sepolcro. Il nostro compito è ascoltare, accogliere  la sua parola e fidarci di essa, così come hanno fatto i due discepoli. Nemmeno i discepoli, ci dice il Vangelo, avevano compreso la Scrittura, e questo rappresenta per noi un ulteriore suggerimento: è infatti necessario recuperare la Parola e rimetterla al centro del nostro interesse, perché possiamo accogliere l’invito di san Paolo, che nella Seconda Lettura ci dice di  “rivolgere il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra”, il che non significa disprezzo per la vita terrena, ma piuttosto possibilità di vivere la vita sotto una luce nuova, «uno sguardo nuovo, sapendo che noi siamo già nel nuovo giorno della resurrezione».
Il Vescovo Pietro ha concluso con l’augurio di poter fare l’esperienza della resurrezione e di comprendere che l’ultima parola non spetta alla morte, ma all’incontro, ultimo, con Cristo.

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