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Il ricordo più vivido di Santa Restituta risale al mio primo anno da “esule” sullo Scoglio, il lontano 1965.

Giunta a Casamicciola alla fine del 1964, precisamente dopo la ricorrenza dei morti, mi ritrovai a vivere in un luogo che non mi apparteneva e allora così diverso da Napoli dove ero nata sei anni prima e dove avevo lasciato tutti i miei affetti più cari a iniziare da mio nonno materno, nonno Giovanni con cui avevo un rapporto speciale.

Conobbi l’isola in autunno, quando l’Epomeo si tinge di ocra, rosso e marrone, quando al mattino una nebbiolina acquosa dà alle cose una consistenza quasi liquida, quando le spiagge sono deserte e il mare è grigio.

Odiai questo luogo con tutta me stessa, detestai addirittura mia madre che mi aveva strappato dal nido delle mie abitudini, accettando la cattedra all’Ibsen, quando ancora non si chiamava così.

A poco a poco l’Epomeo cambiò abito. Come d’incanto un mattino mi apparve con la livrea verde squillante della primavera inoltrata quasi pavoneggiandosi dietro la immensa vetrata della veranda della casa della signorina Filomena, la nostra padrona di casa di allora.

La sua era un’antica casa rimasta in piedi nel terremoto di Casamicciola del 1883, una casa in affitto, con lei come nonna adottiva che raccontava a me e a mia sorella le storie dell’isola e ci conduceva per mano alla scoperta dei misteri, delle leggende metropolitane e dei riti di una terra allora per noi sconosciuta e che poi sarebbe diventata anche la nostra terra.

Fu proprio la signorina Filomena core ‘e mamma a raccontarci per la prima volta la storia di Restituta, Santa e Martire cristiana arrivata nella Baia di San Montano su una barca guidata da un angelo. La storia di questa Santa poco più che bambina ci impressionò non poco.

Il racconto, condito dalla fede incrollabile di Filomena era così emozionante da darci i brividi. Restituta era una dei martiri di Abitinia, vittima dell’ultima grande persecuzione contro i cristiani proprio come Santa Filomena e come San Vito, il Patrono di Forio.

Bellissima, fu oggetto di desiderio del tiranno Proclinio, ma la fede di questa giovane donna fu più forte di ogni lusinga e la sorresse nell’affrontare ogni genere di nefandezza prima di ricongiungersi con il suo vero amore, Cristo.

Il suo corpo esanime fu posto su una barca data alle fiamme, ma le fiamme furono spente per intervento divino e un angelo la spinse fino alla Baia.

Qui Restituta fu trovata intatta da una donna del luogo, Lucina, accorsa sul posto dopo aver ricevuto in sogno un angelo che le diceva di recarsi Ad ripas ai piedi di Monte Vico.

La morte, sopraggiunta dopo terribili torture, non aveva scalfito la bellezza innocente di Restituta, aveva lasciato intatte le sue sembianze e nel luogo in cui era approdata erano fioriti i gigli che a lei furono intitolati.

La storia affascinò l’immaginazione bambina di mia sorella e me anche se fu causa di brutti sogni per un bel po’ di notti. Intanto arrivò il giorno della processione, quella a piedi da Casamicciola a Lacco Ameno. Quel giorno erano venuti a stare con noi per una breve vacanza i nonni, cattolici praticanti a differenza di mamma che nonna chiamava “l’eretica”.

Nonno decise che bisognava andare alla processione, Santa Restituta, in fondo, è una delle compatrone di Napoli, nel duomo è inglobata una basilica a Lei dedicata con la splendida opera di Luca Giordano, di cui c’è una copia nella Basilica di Lacco Ameno.

Quindi processione fu. Non avevo mai visto una processione a Napoli, mai.

Mi ritrovai in una fiumana umana dietro un busto di donna, carico di gioielli. Mi sembrò bizzarro che delle persone portassero a braccia una statua pregando, invocando il suo nome e cantando, subissai nonno di domande cui rispose con la pacatezza che lo contraddistingueva.

Fu lui a spiegarmi che i signori con la fascia tricolore erano i sindaci dei comuni, chi erano i parroci e gli alti prelati. Intanto camminavamo e camminavamo diventando un po’ ischitani pure noi.

Cosa è rimasto di quella esperienza in me laica fino al midollo? Una passione per le agiografie, soprattutto dei martiri paleocristiani, per la simbologia sottesa nell’arte sacra, l’interesse antropologico verso certi riti comunitari quali quelli religiosi.

Ancora di più mi è rimasto il ricordo della mia mano di bambina stretta nella mano forte e nello stesso tempo delicata di mio nonno, sotto la protezione del suo sguardo azzurro e limpido come quello di un angelo, il mio angelo custode.

di Annamaria Geladas

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