Francesco stabilisce che anche chi prepara ai sacramenti in parrocchia svolge un compito ufficiale
Il catechista è chiamato non solo a svolgere un compito ma a rispondere a una precisa chiamata, cioè, per utilizzare le parole del Papa, a «essere» catechista, non a vivere questa dimensione come se fosse un lavoro.
Significa preparazione, servizio alla Parola di Dio, testimonianza di fede. Un perimetro d’azione che ora trova espressione nella Lettera apostolica in forma di Motu proprio “Antiquum ministerium” che sarà presentata martedì 11 maggio da monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione e da monsignor Franz-Peter Tebartz-van Elst, delegato per la catechesi presso lo stesso dicastero.
Concretamente dovrebbe voler dire che come accade per esempio per accolitato e lettorato (ministeri istituiti) anche chi è chiamato alla preparazione dei sacramenti in parrocchia, avrà un compito ufficiale.
Il documento, come detto, prosegue una riflessione che il Papa ha avviato da tempo. Significativo in tal senso il videomessaggio, ripreso da Vatican News, inviato da Francesco il 22 settembre 2018 al convegno internazionale: “Il catechista, testimone del mistero” in cui veniva evidenziato il compito di «primo annuncio» affidato a chi è chiamato più che a insegnare, a comunicare e testimoniare la fede.
E primo annuncio vuol dire «sottolineare che Gesù Cristo morto e risorto per amore del Padre, dona il suo perdono a tutti senza distinzione di persone, se solo aprono il loro cuore a lasciarsi convertire!». Una trasmissione, anche, di freschezza e gioia, espressione di una fede «che accende i cuori, perché immette il desiderio di incontrare Cristo».
E che guardando a lui, valorizza, nel solco del Concilio il ruolo dei laici, i loro talenti. Un impegno peraltro la cui portata già oggi viene evidenziata in molte diocesi attraverso il cosiddetto mandato al catechista. A documentare che non di azione personale si tratta ma di un cammino inserito in una dimensione comunitaria. «Questo – disse il Papa ai partecipanti all’incontro promosso dall’Ufficio catechistico nazionale della Cei – è il tempo di comunità missionarie, libere e disinteressate che ma percorrano i sentieri della gente del nostro tempo, chinandosi su chi è al margine».
Comunità capaci di ascoltare i giovani delusi, di accogliere i rifugiati, di dare speranza agli sfiduciati, di dialogare «con chi ha idee diverse». Nel segno di un rinnovamento capace di interloquire con l’oggi ma senza annacquare le proprie radici, nella piena fedeltà al Vangelo. «Come nel dopo-Concilio la Chiesa italiana è stata pronta e capace nell’accogliere i segni e la sensibilità dei tempi – aggiunse il Pontefice –, così anche oggi è chiamata ad offrire una catechesi rinnovata, che ispiri ogni ambito della pastorale: carità, liturgia, famiglia, cultura, vita sociale, economia».
La catechesi come servizio alla Parola, dunque, come testimonianza dell’amore del Cristo vivente, come artigianato di fraternità, che trova linfa vitale nella liturgia e nei sacramenti. Come vocazione. Come ministero.
Fonte: Riccardo Maccioni – Avvenire.it