Durante l’Udienza Generale di mercoledì 12 maggio, il Papa ci ha parlato del combattimento della preghiera dicendo: “La preghiera cristiana, come tutta la vita cristiana, non è una “passeggiata”. Nessuno dei grandi oranti che incontriamo nella Bibbia e nella storia della Chiesa ha avuto una preghiera “comoda”. Sì, si può pregare come i pappagalli – bla, bla, bla, bla, bla – ma questa non è preghiera. La preghiera certamente dona una grande pace, ma attraverso un combattimento interiore, a volte duro, che può accompagnare periodi anche lunghi della vita. Pregare non è una cosa facile e per questo noi scappiamo dalla preghiera. Ogni volta che vogliamo farlo, subito ci vengono in mente tante altre attività, che in quel momento appaiono più importanti e più urgenti. Questo succede anche a me: vado a pregare un po’ … E no, devo fare questo e l’altro … Noi fuggiamo dalla preghiera, non so perché, ma è così. Quasi sempre, dopo aver rimandato la preghiera, ci accorgiamo che quelle cose non erano affatto essenziali, e che magari abbiamo sprecato del tempo. Il Nemico ci inganna così”.
La vera vita di San Francesco è la preghiera. Ma la vita non è realtà passiva e immobile; è invece realtà dinamica e in continua crescita. D’altra parte la vita di preghiera abita nell’interiorità segreta, nota solo a Dio. Noi possiamo solo conoscerne i frutti.
Ė la testimonianza, già considerata, della Legenda Trium Sociorum, che racconta il cambiamento accaduto al giovane Francesco nelle ore di preghiera trascorse nella grotta. All’uscita dalla grotta, all’amico egli appariva divenuto un altro uomo (Tre Com. IV, 12, FF 1409).
San Francesco, dopo ore di preghiera, era altro da prima. Che altro è la vita di Francesco se non un incessante divenire altro da prima? Un divenire altro che si rinnova sempre fino al trasporto di assimilazione all’Amore Infinito? È il Signore che suggerisce a Francesco: Francesco, se vuoi conoscere la mia volontà devi disprezzare e odiare tutto quello che mondanamente amavi e bramavi possedere. Quando avrai cominciato a fare così, ti parrà insopportabile e amaro quanto per l’innanzi ti era attraente e dolce; e dalle cose che una volta aborrivi, attingerai dolcezza grande e immensa soavità (Tre Comp. IV 11; FF 1407).
L’esperienza della volontà divina da parte della volontà umana, richiede la separazione (disprezzo e odio) dalla brama di ogni possesso mondano.
Non solo su un piano teorico. Ma sul piano dell’agire. Quando avrai cominciato a fare così. Solo allora avverrà l’esperienza nuova: ciò che prima era attraente e dolce si muta in amaro e insopportabile, ciò che prima era aborrito si trasformerà in fonte di dolcezza e soavità immensa.
Riferisce ancora la Leggenda dei Tre Compagni: Felice di questa rivelazione e diventato forte nel Signore, Francesco, mentre un giorno cavalcava nei paraggi di Assisi, incontrò sulla strada un lebbroso. Di questi infelici egli provava un invincibile ribrezzo, ma stavolta, facendo violenza al proprio istinto, smontò da cavallo e offrì al lebbroso un denaro, baciandogli la mano.
La fervida preghiera rende Francesco forte nel Signore, sì da vincere l’invincibile ribrezzo provato nell’imbattersi nel lebbroso, e lo stimola a rischiare, baciandogli la mano infetta. Quella mano era la mano di Cristo. Veniva alla luce un altro uomo nel giovane Francesco. Infatti il bacio al lebbroso non fu un episodio eroico, scollato dalla vita nuova di Francesco, la cui conversione aveva fatto infuriare il padre, Pietro di Bernardone, che lo imprigionò in un bugigattolo oscuro della sua casa. Liberato dalla madre, nell’assenza del marito, Francesco, si rifugiò nella caverna segreta, dove pregava con abbondanti lacrime che il Signore lo liberasse da quella persecuzione… In digiuno e pianto, supplicava con insistenza il Signore… abbandonando ogni sua speranza in Dio.
Immagine: Leggenda dei tre compagni – Wikipedia