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Rerum Novarum, una finestra aperta sul terzo millennio

Sono passati 130 anni dalla pubblicazione della lettera enciclica di Papa Leone XIII “Rerum Novarum”, la  prima enciclica sociale promulgata il 15 maggio 1891.

In occasione di specifici anniversari di questo testo sono state pubblicate encicliche di altri Pontefici. Pubblichiamo a puntate a tal proposito un interessante articolo che le analizza tutte, fino ad arrivare alla attuale “Fratelli tutti”

“Le cose del tempo non è possibile intenderle e valutarle a dovere, se l’animo non si eleva ad un’altra vita, ossia a quella eterna, senza la quale la vera nozione del bene morale necessariamente si dilegua, anzi l’intera creazione diventa un mistero inspiegabile.

Quello pertanto che la natura stessa ci detta, nel cristianesimo è un dogma su cui come principale fondamento poggia tutto l’edificio della religione: cioè che la vera vita dell’uomo è quella del mondo avvenire”. “Che tu abbia in abbondanza ricchezze ed altri beni terreni o che ne sia privo, ciò all’eterna felicità non importa nulla; ma il buono o cattivo uso di quei beni, questo è ciò che sommamente importa”.

Queste parole sono rivolte agli uomini di fine Ottocento ma potrebbero riempire le pagine di un testo contemporaneo e parlano anche agli uomini e alle donne del terzo millennio. Sono parole pubblicate 130 anni fa, tratte dalla prima enciclica sociale. Si tratta di un documento ispirativo: la lettera enciclica di Papa Leone XIII “Rerum Novarum”, promulgata il 15 maggio del 1891.

Nella prima parte, il Pontefice si sofferma sulla proprietà privata e aggiunge che “la comunanza dei beni proposta dal socialismo va del tutto rigettata” perché “offende i diritti naturali di ciascuno, altera gli uffici dello Stato e turba la pace comune”. Le parole latine “rerum” e “novarum”, che compongono il titolo dell’enciclica, riecheggiano anche nella prima pagina dell’Osservatore Romano dell’edizione del 19 maggio del 1891, giorno in cui viene pubblicato il documento.

La Rerum Novarum e la questione sociale ed economica

La tradizione delle encicliche sociali, nella fase moderna, inizia dunque con la Rerum Novarum di Leone XIII, attestando la sollecitudine dei Papi, nei diversi contesti storici, per questioni sociali ed economiche. L’economista Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ricorda che la Rerum Novarum, pur riferendosi ad una epoca ormai lontana, resta una bussola con interrogativi ancora cruciali sul mondo del lavoro e sulle condizioni dei lavoratori.

“Questa enciclica – afferma Zamagni – apre la stagione della modernità della Dottrina sociale della Chiesa cattolica, ma è più in generale una pietra miliare del pensiero economico e sociale. Ha avuto infatti – sottolinea l’economista – un impatto enorme in un periodo storico dove da un lato si stava preparando la Seconda rivoluzione industriale, dall’altro si diffondeva il pensiero marxiano. In un tale contesto, il lavoro era concepito come una merce e l’approccio dell’enciclica fu di tipo trasformazionale, cioè occorreva trasformare dall’interno il sistema capitalistico dell’epoca per renderlo adeguato ad interpretare le esigenze dell’umanità del tempo”.

Una enciclica sempre attuale

La Rerum Novarum ancora oggi mantiene intatta la sua attualità. Una delle sfide, come sottolinea Alessandro Guarasci nella sua scheda, è quella di evitare che le tecnologie digitali producano nuove forme di schiavitù. Da quando è stata scritta, il mondo del lavoro è molto cambiato molto. Ma i diritti dei lavoratori hanno ancora bisogno di essere tutelati, ancor più quando la finanza vuole prendere il sopravvento sull’economia.

Si stima che le 1.000 persone più ricche del mondo hanno recuperato in appena nove mesi tutte le perdite che avevano accumulato per l’emergenza Covid-19. I più poveri, invece, potrebbero impiegare più di 10 anni per recuperare le perdite subite.

Don Antonio Mastan, consulente spiritual dell’Ucid, sottolinea che stiamo vivendo un tempo nuovo, in una economia globalizzata che pone sempre il profitto al di sopra del mercato e dei diritti. Dalla Rerum Novarum, aggiunge, possiamo trarre insegnamenti e direttrici.

Ricchezza e povertà

Nella Rerum Novarum si ricorda anche che è il buono o il cattivo uso dei beni il fattore determinante, la discriminante che in ogni tempo, come in questo segnato dalla pandemia, separa l’egoismo dalla fraternità. “Le ricchezze non liberano dal dolore”. “Chi ha dunque ingegno – ricorda Papa Leone XIII citando San Gregorio Magno – badi di non tacere; chi ha abbondanza di roba, si guardi dall’essere troppo duro di mano nell’esercizio della misericordia; chi ha un’arte per vivere, ne partecipi al prossimo l’uso e l’utilità”.

Sono parole di tempi lontani, scritte a cavallo tra due secoli, che fotografano anche gli attuali squilibri del mondo e indicano vie anche oggi auspicate da Papa Francesco come quelle della solidarietà e della sussidiarietà. L’enciclica di Leone XIII non ricorda solo la vera utilità delle ricchezze, ma anche i “vantaggi della povertà”: “la virtù è patrimonio comune, conseguibile ugualmente dai grandi e dai piccoli, dai ricchi e dai proletari”. “Gesù Cristo chiama beati i poveri” e “abbraccia con atto di carità specialissima” i deboli e i perseguitati. “Queste verità – si legge nell’enciclica – sono molto efficaci ad abbassar l’orgoglio dei fortunati e togliere all’avvilimento i miseri, ad ispirare indulgenza negli uni e modestia negli altri. Così le distanze, tanto care all’orgoglio, si accorciano”.

Fraternità cristiana Nella Rerum Novarum si sottolinea anche che tutti gli uomini “sono congiunti col vincolo di una santa fraternità”. Vivere la fraternità significa comprendere che “i beni di natura e di grazia sono patrimonio comune del genere umano”.

Se tutti sono figli, scrive Papa Leone XIII, sono anche eredi. “Eredi di Dio e coeredi di Gesù Cristo (Rom 8,17). Ecco l’ideale dei diritti e dei doveri contenuto nel Vangelo”. Lo stesso ideale indicato da Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”, quello di una fratellanza umana “che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali”.  Lo sguardo della Chiesa non è solo rivolto verso la vita eterna.

È anche immerso nel mondo. “Né si creda – si legge nella Rerum Novarum – che le premure della Chiesa siano così interamente e unicamente rivolte alla salvezza delle anime, da trascurare ciò che appartiene alla vita morale e terrena. Ella vuole e procura che soprattutto i proletari emergano dal loro infelice stato, e migliorino la condizione di vita”. Continua

Fonte: Amedeo Lomonaco – Vatican News

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