“Ti sei abbandonata docile a questa crudeltà”. “Suor Maria Laura vogliamo pensarti beata perché povera, umile, tenerissima, pura di cuore…”. Sono queste alcune delle parole pronunciate dall’allora vescovo di Como, Mons. Alessandro Maggiolini, a Chiavenna (So) durante i funerali di suor Maria Laura Mainetti, la religiosa della Congregazione delle Figlie della Croce uccisa il 6 giugno 2000. Di fronte a lui il silenzio e il dolore di una piccola città ammutolita da un terribile fatto di sangue che ancora oggi, a distanza di vent’anni, per molti è ancora un’onta difficile da lavare via. Perché ad uccidere la suora furono tre giovani, allora dei fatti minorenni, al termine di un barbaro rito satanico. Una decisione maturata quasi per gioco o per noia; la suora fu attirata fuori di casa alle undici di sera con una scusa – una delle ragazze la chiamò dicendole di essere incinta e bisognosa di aiuto – e condotta in un luogo isolato.
Mentre veniva colpita suor Maria Laura chiese loro di smetterla, disse che non le avrebbe denunciate. Quando capì che nulla le avrebbe fermate, le guardò negli occhi e, poco prima di morire, assicurò loro il perdono.
Ventuno anni dopo quel gesto, domenica 6 giugno 2021, i sassi macchiati dal sangue di suor Maria Laura sono stati portati sull’altare allestito allo stadio comunale di Chiavenna dove si è tenuto il rito di beatificazione della suora riconosciuta “martire in odio alla fede”. A presiedere la celebrazione il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, che in un intervista concessa a “il Settimanale della Diocesi di Como”, all’interno di un inserto speciale dedicato alla beatificazione, afferma: “Nell’Anno Santo della Misericordia, fu pubblicato un bel testo su suor Maria Laura, Figlia della Croce: ‘È uscita, era notte … e fu Luce’. Qui è il mistero del vero amore, capace di perdonare i propri uccisori, perché – sono le parole di suor Maria Laura – ‘Misericordia è l’identità di Dio che si manifesta in atteggiamento di pietà, compassione, tenerezza, perdono, amabilità, lentezza, benevolenza, calma di Dio’”.
“I giovani, unico scopo della mia vita”. Suor Maria Laura Mainetti, al secolo Teresina, ha dedicato tutta la sua vita all’insegnamento e alla cura dei giovani. Nata a Colico (Villatico) il 20 agosto 1939 iniziò il suo cammino con le Figlie della Croce entrando nel postulantato a Roma nel 1957 ed emettendo la professione perpetua presso la casa madre di La Puye in Francia il 25 agosto 1964. Svolse la sua missione educativa in diverse scuole elementari della Congregazione a Vasto, Roma, Parma e Chiavenna dove sarà superiora della comunità dal 1984 alla sua morte. Lei stessa scrisse un giorno: “I giovani, unico scopo della mia vita”. “È stata una donna che li ha saputi amare fino a dare loro la vita per aver creduto ad una loro necessità. Era un’educatrice nata; credeva nei giovani, non perdeva occasione per conoscere il loro mondo, la cultura giovanile, il loro linguaggio; i giovani erano per lei il futuro del mondo e della Chiesa”, racconta la postulatrice Francesca Consolini.
L’iter della causa di beatificazione che si è concluso domenica scorsa era iniziato dal vescovo Maggiolini il 6 giugno 2005, nel quinto anniversario dell’uccisione. Un tempo lungo che ha permesso di far luce su un “gigante della fede” celato nella vita semplice e ordinaria di una piccola donna. Persino suor Beniamina Mariani, sua amica e consorella, confessa di essere rimasta stupita da quanto emerso negli scritti di suor Maria Laura e dalle testimonianze raccolte in questi anni da chi l’aveva conosciuta. “Noi abbiamo vissuto con lei – racconta suor Beniamina -, con affetto, con stima, abbiamo collaborato, ma non abbiamo mai capito la profondità della sua vita. Era semplice, discreta. Non pensava di fare qualcosa di straordinario.
Sentendosi amata, sentiva che la meraviglia della sua vita, normale, risiedeva nell’amore di cui si sentiva avvolta e che a sua volta lo donava. Per lei lo straordinario era quello che riceveva da Dio, non quello che faceva. La immagino che in questi momenti stia dicendo: io non ho fatto nulla… È Lui che fa in me”. Per il vescovo di Como, Mons. Oscar Cantoni, la religiosa è stata capace di dare la vita due volte: “La prima perché tutta la sua esistenza è stata segnata da una generosità profonda, assoluta, gratuita, verso chiunque chiedesse aiuto. La seconda perché, perdonando ha vinto con la forza del bene e dell’amore anche il più grande dei mali”. E proprio come vuole il Vangelo il seme che muore porta frutto. È stato così a Chiavenna, dove dopo la morte di suor Maria Laura, sono nate realtà di carità come il Centro di Aiuto alla Vita, il Centro di Ascolto e la scuola dell’infanzia “Immacolata”, e altre parti del mondo, dove le suore Figlie della Croce, hanno intitolato alla suora servizi e spazi di accoglienza per poveri e giovani.
Delle tre ragazze, responsabili dell’omicidio, a Chiavenna più nessuno parla (almeno pubblicamente). Hanno scontato la loro pena e ora vivono, con un’altra identità, lontane da queste montagne. Ovunque siano le ha già raggiunte il perdono di suor Maria Laura e a loro, come a tutti noi, sono rivolte le parole di questa preghiera scritta dalla suora nel gennaio 2000, qualche mese prima del suo martirio: “Donaci di impegnarci per un futuro migliore. Per collaborare con Te ad un futuro migliore. Tu sei Padre di ogni uomo. Non t’ho visto mai, ma ci sono i tuoi segni nel mondo. La tua tenerezza mi raggiunga. Non sempre ti capisco, ma so che mi vuoi bene”.
Fonte: Michele Luppi – Sir
Foto: ANSA/SIR