Omelia del 19 giugno 2021
Sorelle e fratelli carissimi,
vi saluto con le parole del Signore risorto: “Pace a voi“!
Chi di noi anche in questo momento non ha bisogno della vera pace, quella che ci dona Gesù e che in ogni celebrazione eucaristica chiediamo: “donaci la pace, la tua pace”?
Solo se siamo “pacificati”, saremo capaci di accogliere veramente l’altro cosi come egli è, saremo uomini e donne di pace, costruttori di pace, rendendoci “figli di Dio”: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio».
Rivolgermi a voi, chiamandovi fratelli e sorelle non è uno slogan, un modo di dire! E’ riconoscere la realtà cosi come Gesù ci ha insegnato a guardarla: “C’è un solo Padre e noi siamo tutti fratelli e sorelle!”
Sempre di nuovo siamo chiamati ad operare questa conversione di sguardo: “siamo realmente fratelli e sorelle”. In particolare quando celebriamo l’Eucarestia: Gesù ci unisce profondamente a Lui, redendoci figli in Lui il Figlio, e ci lega tra noi con un vincolo soprannaturale fino a farci un cuore solo
e un’anima sola.
Dall’Eucarestia usciamo sempre, se non vi partecipiamo (sia noi ministri che voi fedeli!) solo per abitudine, guardandoci come fratelli e sorelle, trattandoci e amandoci come tali.
Questa sera inizio il mio ministero di Vescovo con voi, carissime sorelle e fratelli di Ischia. Vengo a voi in punta di piedi. Il mio programma è innanzitutto ascoltare, conoscere, dialogare per discernere; in due parole: “camminare insieme“.
Insieme sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, laici – vogliamo metterci in ascolto della Parola di Dio, luce per i nostri passi e lampada per il nostro cammino.
Lasciare che essa tagli tutti i rami secchi nella nostra vita personale e in quella delle nostre comunità; rivolti, se necessario, la nostra vita, immergendoci in uno stile ai vita evangelico.
Insieme all’ascolto della Parola non possiamo essere sordi al grido dei poveri; la pandemia li ha accresciuto di numero e ha fatto diventare i poveri sempre più poveri.
Con il grido dei poveri vogliamo ascoltare anche il grido della terra.
Siamo chiamati a custodire e a prenderci cura della bellezza del creato. Tanti accorrono a Ischia per le bellezze paesaggistiche e per il suoi mare!
Sono queste bellezze, valorizzate e custodite, anche possibilità per tanti di avere un lavoro, fondamentale per vivere dignitosamente.
Sorelle e fratelli carissimi,
il Vangelo che abbiamo ascoltato poco fa (Mc 4,35-41) ci ha presentato una scena, che a voi Isclani, circondati dal mare e costretti a utilizzare barche e navi, richiama la vostra vita.
Una “grande tempesta di vento” all’improvviso si abbatte sulla barca sui cui si trovavano Gesù e i suoi apostoli: “le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena”. Gli apostoli, agitati, si meravigliavano che Gesù se ne stesse a poppa su un cuscino e dormisse! Allora lo svegliarono: “Maestro, non ti importa che siamo perduti?”.
Cosa fa Gesù? Prima rimuove la causa della paura, calmando il mare e portando la bonaccia. La paura impedisce di ascoltare, di ragionare, di comprendere; essa quasi immobilizza, oscura la mente. Poi con franchezza dice: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. Letteralmente dovremmo tradurre: “Perché siete così codardi e increduli?”.
Con queste domande è Gesù a “svegliare i discepoli”.
La fede si contrappone alla paura. La fede è affidarsi a Dio, contare esistenzialmente su di Lui e sulla sua potenza. Chi ha fede non si turba di nulla. «Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Tutto passa, solo Dio non cambia. (..) Chi ha Dio non manca di nulla: solo Dio bastal» (S. Teresa d’Avila).
La fede non ci fa annegare nella paura, ci apre gli occhi su Qualcuno che ci tende la mano, tirandoci fuori dalle acque tempestose. Anche di fronte alla dura realtà della morte, che durante la pandemia si è presa con prepotenza la scena, la fede ci indica il Cristo crocifisso e risorto che ci prende sulle spalle come il Buon Pastore con la pecorella smarrita e ci porta con Lui nel suo regno.
Tutti abbiamo negli occhi e nel cuore una scena, in cui è stato proclamato il Vangelo di oggi: una piazza S. Pietro deserta, avvolta dalla pioggia e una persona anziana, zoppicante, vestita di bianco, che solo si dirige davanti alla Basilica.
Riecheggiano dentro di noi le parole del Vangelo, che papa Francesco ha ripetuto quella sera (27 marzo 2020) ben quattro volte: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?“.
Riprendiamo un brano della preghiera che egli eleva al Signore:
«Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. (..) Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. E il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nell
paura, hanno reagito donando la propria vita».
Stiamo uscendo dal tunnel oscuro, in cui ci ha condotto la pandemia! Ma abbiamo preso sul serio quello che dice il Papa: questo è “un tempo di scelta”, tempo di scegliere “che cosa conta e che cosa passa”, tempo di “separare ciò che è necessario da ciò che non lo è”?
E’ questo il cuore della riforma della Chiesa, delle nostre Chiese!
I rischio sempre alle porte è che confondiamo Dio con le cose di Dio, la Tradizione con le nostre tradizioni, le nostre parole con le Parole di Dio o che vogliamo sostituire alle vie e ai disegni di Dio i nostri.
Costruiamo sulla roccia e non sulla sabbia, se fondiamo la nostra vita personale sulla Parola di Dio, ascoltata, meditata e vissuta.
“Dio ti ama immensamente”!- ci dicono le Sacre Scritture.
In pienezza ci mostra il Suo amore nel Cristo crocifisso. Egli “è morto per tutti” (2Cor 5,15), ci ha ricordato l’apostolo Paolo. Dobbiamo lasciarci “possedere” dall”amore di Cristo” (v. 14)1. Egli – dirà l’Apostolo in un’altra Lettera – «mi ha amato e ha dato la sua vita per me» (Gal 2,20).
Se ci lasciamo avwolgere dal Suo amore, immergendoci nella sua vita divina, che ci viene donata attraverso i sacramenti, saremo “una nuova creatura”, capaci o lasciare le cose vecchie e di fare cose nuove (cfr. 2Cor 17).
Amore chiama amore. Non è tanto un precetto quello di amare Dio, ma una risposta all’amore ricevuto, riconosciuto e accolto. Questo amore ritorna a Dio attraverso il fratello.
«Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo. Se uno dicesse: “lo amo Dio”, e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello» (1Gv 4,19-21).
Contemplando Gesù, soprattutto Lui crocifisso, impariamo cosa è l’amore: è misericordia, tenerezza, condivisione, solidarietà, compassione, perdono, giustizia, concretezza, verità..Non c’è amore senza verità né verità senza amore!
Vorrei concludere con una domanda e una risposta che accompagnano ogni tanto la mia esistenza quotidiana (non riesco ancora a farla diventare una costante della mia giornata!): “Cosa importa, mio Dio, in questo momento? Credere al tuo amore e amarti in questo momento! Amarti concretamente nel fratello e nella sorella che mi doni di incontrare, privilegiando come hai fatto tu, chi in vario modo ferito dalla vita! Amarti importa, mio Dio, e amare come Tu ami!”.
E con questo animo che vengo per servire nel ministero che Papa Francesco ha voluto affidarmi.
Sia questo il nostro programma di vita!
E’ impegnativo, ma ci fa vivere intensamente la vita, non ci fa mancare la gioia e la pace, anche in mezzo alle tempeste, alle prove, al buio, alle difficoltà, alla fragilità.
Concludo, facendo mie le parole che san Giovanni Paolo ll rivolse ai giovani di Ischia nell’incontro con loro (5 maggio 2002):
«Vi guidi Maria Santissima, “Stella del mare”, che orienta i naviganti nel grande mare della vita al porto sicuro, splendendo come stella luminosa nelle ore più buie. Vi siano di esempio i Santi patroni, specialmente Santa Restituta e san Giovan Giuseppe della Croce. Nessun turbamento, nessuna paura, nessun peccato vi separino dall’amore di Dio».
Vedi la fotogallery dell’arrivo del Vescovo ad Ischia
1 "Possedere": in greco synéchó significa "tenere insieme, serrare, tenere prigioniero, prendere possesso, dominare" in Servizio della Parola, n. 527/2021, p. 100