Ischia, 19 giugno 2021
“Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5, 25-27).
Con queste parole dell’Apostolo Paolo ai cristiani di Efeso desidero salutarti, carissimo fratello Gennaro, in questa Eucaristia, che segna per te e per la Chiesa di Ischia, tua sposa, l’inizio di una storia comune.
L’amore di Cristo per la Sua Chiesa, che continua nell’oggi della storia e si rinnova ogni giorno nella celebrazione dei divini misteri, si rende presente, infatti, anche attraverso coloro che lo Spirito Santo costituisce come custodi per essere in mezzo ad essa pastori (At 20, 28). E per la Chiesa di Ischia, da questa sera, in maniera particolare, si rende presente attraverso la tua persona. Per grazia di Dio e designazione della Sede Apostolica, da questa sera, tu sei, infatti, Vescovo di Ischia.
Mentre ringraziamo il Santo Padre Francesco per aver voluto dare un nuovo vescovo alla Chiesa isclana, – e gli rinnoviamo i sentimenti della nostra più viva comunione e di piena adesione al suo Magistero – vogliamo dire grazie anche a te, carissimo fratello, per aver accolto con docilità l’invito del Santo Padre. Hai voluto compiere la volontà di Dio. E proprio per fare la Sua volontà, hai detto sì alla chiamata del Papa.
Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà (cfr. Eb 10, 7). Come già in passato, quando il Signore ti chiese di lasciare la tua terra per essere vescovo nella Diocesi di Ariano Irpino – Lacedonia e poi di partire, nuovamente, per servire il Popolo di Dio che è in Pozzuoli, dove sei vescovo dal 2005, anche questa volta ti sei fidato di Dio, consapevole che soltanto nella volontà di Dio c’è la nostra pace e la nostra santificazione e che unicamente in essa dimora, per ogni battezzato e per qualunque comunità ecclesiale, il segreto per una vita che sia veramente piena e feconda.
Carissimo Vescovo Gennaro, chiamando te a reggere la Diocesi di Ischia, Papa Francesco sceglie per questa Chiesa un degno pastore che, con frutto, ha guidato, e ancora continua a guidare, la Chiesa sorella di Pozzuoli.
Conosciamo infatti le qualità di cui hai dato prova in quella comunità, come anche prima nella Chiesa di Ariano Irpino – Lacedonia: là, in entrambe quelle terre, hai mostrato di essere un vescovo sapiente e illuminato, un pastore mite e accogliente, aperto sempre all’ascolto e al dialogo, ma prima di ogni cosa ti sei rivelato un uomo di Dio che desidera piacere al Signore e vuole cercare prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia (cfr. Mt 6, 33). Siamo certi, perciò, che il tuo servizio episcopale sull’Isola sarà un dono prezioso per l’intero Popolo di Dio che è in Ischia, chiamato a vivere con te, insieme a quello di Pozzuoli, un’esperienza tutta nuova.
La Chiesa di Ischia, infatti, è unita, nella tua persona, a quella puteolana. Non si tratta per la comunità isolana di accorpamento o di annessione, bensì di una chiamata a un cammino di comunione con la Chiesa sorella di Pozzuoli – sicuramente inedito, e perciò tutto da scoprire – ma che, senz’altro non mancherà di essere ricco e fecondo, se si saprà riconoscere in esso una vera chiamata dello Spirito.
La decisione del Santo Padre, se accolta con apertura di cuore e con la disponibilità a compiere una vera conversione che, prima di essere pastorale, mi pare debba essere spirituale, potrà infatti rappresentare una nuova opportunità per realizzare una Chiesa capace di lasciarsi rinnovare dal Signore: una Chiesa, casa e scuola di comunione, più capace di gettare ponti e meno trincerata dietro a muri, più libera ed agile, meno statica e appesantita da incrostazioni e sovrastrutture, più pronta e più aperta alla missione; una Chiesa che, come Maria nel giorno della visitazione, sappia uscire in fretta e correre per incontrare l’uomo, ogni uomo, tutto l’uomo e annunciargli il Vangelo. È questa infatti la vera ragione per cui la Chiesa esiste: annunciare il Vangelo ai piccoli e ai poveri, a chi non ha speranza, vivendo in modo credibile la testimonianza del Regno che viene, che è “giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rm 14, 17), partecipazione già qui sulla terra della vita trinitaria che godremo pienamente nel Cielo. Vogliamo sperarlo e per questo vogliamo pregare.
Carissimi sorelle e fratelli di questa amata Chiesa di Ischia, non senza una certa emozione mi rivolgo a voi questa sera a conclusione del mio mandato episcopale sull’Isola. Per otto anni sono stato in mezzo a voi, cristiano con voi e vescovo per voi, e ho avuto la grazia di condividere con voi tante cose, gioie e speranze, tristezze e angosce: il sogno di una Chiesa unita, il desiderio di lavorare per una Chiesa-popolo di Dio nella quale far crescere, tra laici e ministri ordinati, il senso di una comune responsabilità; la passione nel rimettere al centro della sua vita il Vangelo per provare ad annunciarlo ai piccoli e ai poveri nuovamente. Tante cose sono state avviate, molte aspettano ancora di essere realizzate; ma in tutte abbiamo sperimentato la compagnia di Dio e la presenza del Suo Spirito.
Ora però tocca lasciarci. È venuto il momento per me di sciogliere le vele.
Desidero ringraziarvi per tutto il bene che mi avete voluto e per la testimonianza di fede che tante volte mi avete dato: quante persone tra voi sono state per me motivo di edificazione! Quanti buoni esempi ho ricevuto! Vi ringrazio di cuore e tutti benedico, a incominciare dai nostri presbiteri, e a tutti, a loro e a voi, chiedo ancora una volta perdono se in qualche cosa sono stato manchevole.
Vorrei dirvi molte altre cose ma sento che di parole in questi anni ce ne siamo dette tante.
Quanto t’ho amato e quanto t’amo non lo sai
E non lo sai perché non te l’ho detto mai
Anche se resto in silenzio…
Tu lo capisci da te…:
così dice una canzone…
Quanto t’ho amato e quanto t’amo non lo sai
Non l’ho mai detto e non te lo dirò mai
Nell’amor le parole non contano, conta la musica…
Sì, tante cose ci siamo detti in questi anni e tante parole ci siamo donate gli uni gli altri in questo tempo; ora però sento che le parole non servono più: più che le parole, ora conviene far parlare il silenzio. Non tocca più a me parlare; non spetta più a me dirvi cosa fare e cosa no.
Solo un invito, se posso ancora permettermi, vorrei rivolgervi; voglio dirvi una parola che non è mia, ma che prendo in prestito da San Giovanni Paolo II. Il Papa, venendo sull’Isola il 5 maggio di 19 anni fa, – quel giorno era presente anche il vescovo Gennaro! – proprio qui, in questo posto, rivolse un forte appello al popolo ischitano, sebbene la sua voce fosse già tremula per l’avanzare della malattia: Chiesa di Ischia – disse – ascolta, accogli, ama!
La stessa cosa voglio dirti anch’io, Chiesa di Ischia! Lo stesso invito, mentre viene a te, come tuo nuovo pastore, il vescovo Gennaro, mi permetto di rivolgerti pure io:
Chiesa di Ischia, ascolta! Ascolta il tuo vescovo: ricorda le parole di Gesù dette ai suoi: “Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato” (Lc 10, 16). Prendi sul serio quanto il vescovo Gennaro ti dirà; lasciati provocare dalla sua parola; ascoltalo con cuore da discepolo e lasciati guidare da lui!
Chiesa di Ischia, accogli! Accogli il tuo vescovo: ricorda ancora la Parola: “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato” (Mt 10, 40). Accoglilo come un dono; accoglilo come tra loro si accolgono gli sposi; riconoscilo come un regalo di Dio per la tua vita, riconosci colui che viene a te come l’inviato del Signore e guarda a lui con gli occhi della fede.
Chiesa di Ischia, ama! Ama il tuo vescovo: Amalo concretamente, amalo come un padre, nella consapevolezza che la gioia più grande che potrai dargli sarà mostrarti a lui Chiesa una, desiderosa di camminare insieme, un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siamo stati chiamati, quella della nostra vocazione” (cfr. Ef 4, 4).
Carissimo Vescovo Gennaro, amata Chiesa di Ischia, la nostra Isola è l’Isola di Maria. Da sempre il popolo isolano con Lei ha un rapporto molto particolare e nutre per Lei una venerazione tanto viva e tutta speciale. In tanti momenti della sua storia, passata e recente, ha potuto sperimentare la consolante vicinanza della Madre, e anche nella pandemia a Lei si è rivolto, invocandoLa con il titolo di Madonna della Libera.
A Lei, Madre della Chiesa e icona del vero discepolo del Signore, insieme ai santi patroni dell’Isola, Restituta e Giovan Giuseppe della Croce, mi rivolgo in questo momento anche io e, insieme vi affido, pastore e gregge. A Lei, Regina dell’Isola d’Ischia, vi consegno entrambi, perché, insieme, possiate avanzare uniti e, uniti, accogliere e realizzare il cammino nuovo che il Signore chiede di compiere, perché tutto sia “a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa”. Amen.