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Rerum Novarum – Parte terza

Dopo l’interruzione dei tre numeri precedenti riprendiamo l’analisi delle Encicliche ispirate dalla Rerum Novarum, prima enciclica sociale

Radiomessaggio di Pentecoste del 1941

Nel 50.mo anniversario della “Rerum Novarum”, Pio XII nel radiomessaggio di Pentecoste del 1941 in un tempo segnato dal dramma della guerra, sottolinea tra l’altro che dalla lettera enciclica di Leone XIII è scaturita “una sorgente di spirito sociale forte, sincero, disinteressato”. “Una sorgente la quale, se oggi potrà venire in parte coperta da una valanga di eventi diversi e più forti, domani, rimosse le rovine di questo uragano mondiale, all’iniziarsi il lavoro di ricostruzione di un nuovo ordine sociale, implorato degno di Dio e dell’uomo, infonderà nuovo gagliardo impulso e nuova onda di rigoglio e crescimento in tutta la fioritura della cultura umana”. “L’enciclica Rerum Novarum, accostandosi al popolo, che abbracciava con stima e amore – aggiunge Pio XII – penetrò nei cuori e nelle menti della classe operaia e vi infuse sentimento cristiano e dignità civile”. Nel radiomessaggio del 1942, alla vigilia del Natale, Pio XII sottolinea che la Chiesa non esita a dedurre le conseguenze pratiche, derivanti dalla nobiltà morale del lavoro, e ad appoggiarle con tutto il nome della sua autorità.

Queste esigenze comprendono, oltre ad un salario giusto, sufficiente alle necessità dell’operaio e della famiglia, la conservazione ed il perfezionamento di un ordine sociale, che renda possibile una sicura, se pur modesta proprietà privata a tutti i ceti del popolo, favorisca una formazione superiore per i figli delle classi operaie particolarmente dotati di intelligenza e di buon volere, promuova la cura e l’attività pratica dello spirito sociale nel vicinato, nel paese, nella provincia, nel popolo e nella nazione, che, mitigando i contrasti di interessi e di classe, toglie agli operai il sentimento della segregazione con l’esperienza confortante di una solidarietà genuinamente umana e cristianamente fraterna.

Mater et Magistra

Il 14 maggio del 1961 Giovanni XXIII rivolge un discorso alle genti del mondo intero nel quale annuncia una nuova enciclica e ricorda il contributo dato dalla Rerum Novarum. L’umile Papa suo successore che vi parla era un fanciulletto di dieci anni in quel 1891: ma rammenta benissimo, come nella sua parrocchia, e tutto intorno a lui le parole iniziali di quel documento « Rerum Novarum » (Noi si era ai latinucci allora) venissero ripetute nelle chiese e nei convegni come il titolo di un insegnamento, non improvviso in verità, ma antichissimo quanto il Vangelo di Gesù Salvatore, e messo in quel maggio del 1891 in una luce nuova e meglio appropriata alle moderne circostanze del mondo. Si trattava di situazioni e questioni recenti, sulle quali ciascuno amava di dire la sua, e molti la dicevano a sproposito, suscitando pericoli di confusione e tentazione di disordine sociale. Papa Leone, l’ammirabile pontefice, aveva voluto ricavare dai tesori dell’insegnamento secolare della Chiesa la dottrina giusta e santa, la verità illuminatrice per la direzione dell’ordine sociale secondo i bisogni del suo tempo. Quella Lettera Enciclica « Rerum Novarum », ponendosi con grande coraggio ed insieme con chiarezza e decisione, sopra tutto fra i vari rapporti dei contadini e degli operai, detti proletari, da una parte, e i proprietari e imprenditori dall’altra, indicava come fosse indispensabile ricomporre le ragioni della giustizia e della equità a beneficio e a vantaggio degli uni e degli altri, invocando come necessari tanto l’intervento dello Stato quanto l’azione onesta e leale degli interessati, lavoratori e datori di lavoro.

Nel 70.mo anniversario della Rerum Novarum, un’altra enciclica, promulgata il 15 maggio del 1961, ripercorre tematiche e questioni affrontate da Leone XIII. Si tratta della lettera enciclica Mater et Magistra di Giovanni XXIII. Papa Roncalli, ricordando quel documento, indica due parole-chiave: comunità e socializzazione. “Uno degli aspetti tipici che caratterizzano la nostra epoca – scrive il Pontefice – è la socializzazione, intesa come progressivo moltiplicarsi di rapporti nella convivenza con varie forme di vita e di attività associata, e istituzionalizzazione giuridica”. La Chiesa è allora chiamata a collaborare per costruire un’autentica comunione. Per tale via, la crescita economica non si deve limitare a soddisfare i bisogni degli uomini, ma deve promuovere anche la loro dignità.

Octogesima Adveniens

Nell’80.mo anniversario della Rerum Novarum viene promulgata la lettera apostolica di Paolo VI Octogesima Adveniens.  Il mondo è profondamente cambiato. “La crescita smisurata delle città – scrive Paolo VI che nel 1967 aveva promulgato l’enciclica Populorum Progressio sullo sviluppo dei popoli – accompagna l’espansione industriale, senza identificarsi con essa. Basata sulla ricerca tecnologica e sulla trasformazione della natura, l’industrializzazione prosegue senza sosta il suo cammino, dando prova di una creatività inesauribile. Mentre talune imprese si sviluppano e si concentrano, altre si spengono o si spostano, creando nuovi problemi sociali: : disoccupazione professionale o regionale, riqualificazione e mobilità delle persone, adattamento permanente dei lavoratori, disparità di condizioni nei diversi settori dell’industria”.

Una voce profetica

Ma perché Papa Leone XIIII parlò di questioni sociali? Ne aveva il diritto? Domenica 16 maggio 1971 – due giorni dopo la pubblicazione della lettera apostolica Octogesima Adveniens – Paolo VI risponde anche a queste domande nell’omelia pronunciata durante la Messa presieduta in piazza San Pietro. “La Chiesa e il Papa stesso – sottolinea Papa Montini in quell’occasione – avevano già altre volte denunciato gli errori sociali, di idee specialmente, che venivano generando nei tempi nuovi, quelli appunto del lavoro industriale, gravi inconvenienti; ma quella volta la parola fu più forte, più chiara, più diretta; oggi possiamo dire fu liberatrice e profetica”.

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