Videomessaggio di Francesco ai partecipanti alla 109.ma riunione della Conferenza Internazionale del Lavoro, al via dal 17 giugno online a Ginevra: inaccettabili le violenze contro le donne
È quasi una mini enciclica sul lavoro il lungo videomessaggio in spagnolo che Papa Francesco ha inviato ai partecipanti alla 109.ma riunione della Conferenza Internazionale del Lavoro. Nel filmato Francesco chiama in causa Chiesa e governanti, esortando a dare una risposta incisiva verso chi si trova “ai margini del mondo del lavoro”, travolti dalle conseguenze drammatiche del Covid.
“Molti migranti e lavoratori vulnerabili, insieme alle loro famiglie normalmente restano esclusi dall’accesso a programmi nazionali di promozione della salute, prevenzione delle malattie, cura e assistenza, come pure dai piani di protezione finanziaria e dai servizi psicosociali” Secondo il Vescovo di Roma, è questo “uno dei tanti casi della filosofia dello scarto che ci siamo abituati a imporre nelle nostre società”.
Un’esclusione che “complica l’individuazione precoce, l’esecuzione di test, la diagnosi, il tracciamento dei contatti e la ricerca di assistenza medica per il Covid-19” per rifugiati e migranti, e quindi “aumenta il rischio che si producano focolai in quelle popolazioni”.
Francesco entra nei gangli dell’emergenza lavorativa, preesistente ma aggravata dalla pandemia. Elenca quindi i danni provocati dalla “mancanza di misure di tutela sociale di fronte all’impatto del Covid-19”: aumento della povertà, disoccupazione, sottoccupazione, ritardo nell’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, sfruttamento infantile, tratta umana, insicurezza alimentare, maggiore esposizione all’infezione per malati e anziani.
“La diminuzione delle ore di lavoro negli ultimi anni si è tradotta sia in perdita di posti di lavoro sia in una riduzione della giornata lavorativa di quanti lo hanno conservato. Molti servizi pubblici, come pure molte imprese, hanno dovuto far fronte a difficoltà tremende, alcuni correndo il rischio di fallimento o totale o parziale. In tutto il mondo abbiamo osservato nel 2020 una perdita di posti di lavoro senza precedenti“. “Con la fretta di tornare a una maggiore attività economica, al termine della minaccia del Covid-19, evitiamo le pesanti fissazioni sul profitto, l’isolamento e il nazionalismo, il consumismo cieco e la negazione delle chiare evidenze che denotano la discriminazione dei nostri fratelli e sorelle ‘eliminabili’ nella nostra società”, scandisce il Pontefice.
“Ricerchiamo soluzioni che ci aiutino a costruire un nuovo futuro del lavoro fondato su condizioni lavorative decenti e dignitose, che provenga da una negoziazione collettiva, e che promuova il bene comune”. Il Papa rivolge quindi lo sguardo alle categorie sociali più vulnerabili: giovani, migranti, indigeni, poveri, che “non possono essere lasciati da parte in un dialogo che dovrebbe riunire anche governi, imprenditori e lavoratori”.
Anche confessioni e comunità religiose dovrebbero impegnarsi insieme, perché solo attraverso un dialogo a più voci potrà realizzarsi “un futuro solidale e sostenibile della nostra casa comune”. Un vero dialogo si instaura però solo quando “quanti dialogano sono sullo stesso livello di diritti e doveri”. In tema di pari diritti il pensiero va soprattutto alle donne, a cominciare da venditrici ambulanti e collaboratrici domestiche, che risentono dell’impatto del coronavirus in termini di “isolamento” o “esposizione estrema a rischi per la salute”.
“Non disponendo di asili nido accessibili, i figli di queste lavoratrici sono esposti a un maggior rischio per la salute, perché le madri devono portarli con loro sul posto di lavoro o lasciarli a casa incustoditi”. “Occorre garantire che l’assistenza sociale giunga all’economia informale e presti speciale attenzione ai bisogni particolari delle donne e delle bambine”, insiste Francesco. E ancora sulle donne, denuncia le situazioni limite emerse in diversi Paesi durante la pandemia. Sono tante – troppe – le donne che “continuano ad anelare alla libertà, alla giustizia e all’uguaglianza tra tutte le persone umane”, dice il Papa.
È vero che ci sono stati “notevoli miglioramenti nel riconoscimento dei diritti della donna e nella sua partecipazione allo spazio pubblico”, ma c’è ancora molto da fare perché “non sono ancora del tutto sradicati costumi inaccettabili”. In primis la “vergognosa violenza” che si traduce in maltrattamenti familiari, schiavitù o nella “disuguaglianza dell’accesso a posti di lavoro dignitosi e ai luoghi in cui si prendono le decisioni”. Con vigore, Papa Francesco chiede di sostenere e ampliare i sistemi di protezione sociale, “che a loro volta stanno affrontando rischi importanti”, perché possano assicurare l’accesso a servizi sanitari, alimentazione e bisogni umani di base.
Anche, il Papa chiede che si garantisca il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori, incluso quello alla sindacalizzazione: “Unirsi in un sindacato è un diritto. La crisi del Covid-19 ha già inciso sui più vulnerabili e questi non dovrebbero vedersi colpiti negativamente dalle misure per accelerare una ripresa che s’incentri unicamente sugli indicatori economici”. Per il Papa è urgente e necessaria “una riforma profonda dell’economia”, perché “una società non può progredire scartando”. Il rischio è infatti di “essere attaccati da un virus ancora peggiore del Covid-19: quello dell’indifferenza egoista”.
“Questo virus si propaga nel pensare che la vita è migliore se è migliore per me, e che tutto va bene se va bene per me, e così si inizia e si finisce selezionando una persona invece di un’altra, scartando i poveri, sacrificando quanti sono restati indietro sul cosiddetto ‘altare del progresso’. È una vera e propria dinamica elitaria, di costituzione di nuove élite al prezzo dello scarto di molta gente e di molti popoli.”
Invece proprio la pandemia ha dimostrato che “non ci sono differenze né confini tra quanti soffrono. Siamo tutti fragili e, al tempo stesso, tutti di grande valore…”. Ricordando quel 1931 della crisi di Wall Street e della Grande Depressione, quando Pio XI tuonò contro l’asimmetria tra lavoratori e imprenditori, Francesco chiede inoltre protezione per i lavoratori “dal gioco della deregolamentazione”. E auspica che le norme giuridiche siano orientate “verso la crescita dell’occupazione, il lavoro dignitoso e i diritti e i doveri della persona umana”.
Il Pontefice non dimentica i lavoratori del cosiddetto impiego “non standard”, privi di tutele sociali e quindi particolarmente vulnerabili. Per loro, come per tutti, serve un’unica, semplice, azione: “cura”. “Un lavoro che non si prende cura, che distrugge la Creazione, che mette in pericolo la sopravvivenza delle generazioni future, non è rispettoso della dignità dei lavoratori e non si può considerare dignitoso. Al contrario, un lavoro che si prende cura, contribuisce al ripristino della piena dignità umana, contribuirà ad assicurare un futuro sostenibile alle generazioni future“.
Ogni impresa dovrebbe quotidianamente domandarsi “se si prende cura dei suoi lavoratori”, dice Francesco. E insieme alla cura, parla di cultura, o meglio, delle tante culture nel mondo – a cominciare da quelle indigene o popolari, spesso marginalizzate – che se invece intrecciate, porterebbero ad un arricchimento. “Credo che è il momento di liberarci definitivamente dell’eredità dell’Illuminismo, che associava la parola cultura a un certo tipo di formazione intellettuale e di appartenenza sociale. Ogni popolo ha una sua cultura e noi dobbiamo accettarla così com’è.” Da qui, ancora un invito a “far fronte agli effetti distruttori dell’Impero del denaro”.
A chiusura del videomessaggio, Papa Francesco si rivolge ad ognuno degli “attori istituzionalizzati del mondo del lavoro” che potrebbero favorire i cambiamenti già in atto: “La vostra responsabilità è grande, ma è ancora più grande il bene che potete ottenere”. Parla quindi a politici e governanti, chiedendo loro di farsi ispirare da “quella forma di amore che è la carità politica”; parla a sindacalisti e dirigenti di associazioni di lavoratori che ammonisce dalla corruzione ed esorta a “non lasciarsi rinchiudere in una camicia di forza”, ma a “focalizzarsi sulle situazioni concrete dei quartieri e delle comunità in cui operano”.
“I sindacati non svolgono la loro funzione fondamentale d’innovazione sociale se tutelano solo i pensionati“, dice. Infine, il Papa parla agli imprenditori che hanno la vocazione di “produrre ricchezza al servizio di tutti” attraverso la creazione di opportunità di lavoro diversificate. A loro, il Pontefice ricorda – come già nell’enciclica Fratelli Tutti – che “insieme al diritto di proprietà privata, c’è il prioritario e precedente diritto della subordinazione di ogni proprietà privata alla destinazione universale dei beni della terra e, pertanto, il diritto di tutti al loro uso”.
La proprietà privata, ribadisce il Papa, “è un diritto secondario”, dipendente dal “diritto primario, che è la destinazione universale dei beni”.
Fonte: Salvatore Cernuzio – Vatican News