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Omelia di Mons. Pascarella – Domenica 20 giugno
Gb 38,1.8-11; 2Cor 5,14-17; Mc 4,35-41

XII del Tempo Ordinario

Domenica scorsa, dopo la festa di accoglienza nel Piazzale delle Alghe in Ischia Ponte, prima celebrazione in Cattedrale per il nostro Vescovo Gennaro, che con gioia muove i primi passi nella Chiesa di Ischia, mostrando nelle sue parole una dolcezza paterna e la fermezza della sua grande esperienza. L’omelia parte dal brano del Vangelo di Marco che la Liturgia di domenica ci ha presentato: è il celebre brano noto come “La tempesta sedata”. Gesù, stanco dopo una giornata di predicazione, sale in barca con i suoi e dice loro di “passare all’altra riva”. Poi, come chiunque dopo una intensa e lunga giornata di lavoro, si addormenta.

E il suo sonno è così profondo che non avverte la tempesta che, come spesso succede sulle acque del cosiddetto Mare di Galilea, all’improvviso mette in pericolo l’incolumità dei naviganti. Gli Apostoli sono spaventati, si agitano, svegliano Gesù, meravigliati e un po’ seccati per il suo continuare a dormire indisturbato nonostante il pericolo incombente e gli pongono una domanda che contiene in sé una punta di amarezza e stizza: “Maestro, non ti importa che siamo perduti?”.

Credo sia facile per ognuno di noi immedesimarsi, in una tale situazione, nei discepoli impauriti. Ma è proprio questo – ha detto Mons. Pascarella – lo scopo della Parola, per ascoltare la quale ci riuniamo la domenica: «Il Signore ci parla attraverso la sua Parola, la Parola si rivolge ad ognuno di noi e lo fa nella situazione particolare in cui noi ci troviamo». Mons. Pascarella ha ricordato un motto: “La Parola non va dai tetti in su, ma dai tetti in giù”. Come dire che essa non sale nell’alto dei cieli, ma scende tra di noi, nella nostra quotidianità, per dirci qualcosa che possa essere utile guida nella nostra vita, ed essa è – ha aggiunto citando la Lettera agli Ebrei – «consolazione, ma anche provocazione, spada a doppio taglio, che una volta lasciata entrare nella nostra vita prima o poi taglia via i rami secchi, i pensieri ingiusti, le abitudini sbagliate».

Noi, come i discepoli sulla barca, pur essendo con Gesù, di fronte alle tempeste della vita barcolliamo, esitiamo, siamo presi dalla paura. E come i discepoli manifestiamo stizza e insofferenza, quasi a pretendere l’attenzione e la cura che ci spetta. Ci ha detto il Vescovo: «Quante volte durante questa terribile pandemia abbiamo rivolto questo grido al Signore ‘Signore! Non ti importa di noi? Perché non intervieni?’. Ma come reagisce Gesù nel racconto dell’Evangelista Marco?

Per prima cosa egli rimuove l’ostacolo, calmando le acque e sedando il vento e poi si rivolge ai discepoli per farli riflettere sulla loro mancanza di fiducia “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” È proprio questo il punto – ha sottolineato il Vescovo -, sono, siamo codardi, non ci fidiamo di Lui. Eppure Lui è sempre accanto a noi. A tal proposito ha citato la poesia di un Anonimo brasiliano, nella quale un uomo vede se stesso sulla spiaggia camminare con Gesù. Insieme lasciano dietro di loro due paia di orme.

Poi viene un momento di difficoltà e le orme diventano solo due. L’uomo è sconfortato e deluso e chiede, anche lui con amarezza, dove fosse Gesù nel momento di difficoltà: “Dove eri? Vedevo solo le mie orme” e Gesù gli risponde: “Quelle orme non erano le tue, ma le mie, perché in quel tratto ti portavo in braccio”. «La fede è questo: fidarsi di Lui, anche se non è facile. E bisogna pregare che il Signore possa accrescere la nostra fede, per poter comprendere il progetto di Dio anche quando il mare è in tempesta». Mons. Pascarella ha concluso lasciandoci due preghiere personali: “Signore io credo, accresci la mia fede!” e “Signore, io credo, ma vieni in aiuto alla mia incredulità!”.

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