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L’amore di Cristo ci possiede

50 anni di Caritas Italiana

La Caritas italiana celebra i suoi primi 50 anni di vita. Nella basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma, dedicata all’apostolo della carità, si sono riuniti il 25 e 26 giugno circa 800 tra operatori, direttori e sacerdoti, provenienti da tutte le diocesi italiane.

L’organismo, voluto da Paolo VI “al fine di promuovere, anche in collaborazione con altri organismi, la testimonianza della carità nella comunità ecclesiale, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica”, è nato il 2 luglio 1972, e in questi decenni ha continuato ad animare i territori alimentando la cultura della prossimità e della solidarietà. «La carità resterà sempre per la Chiesa il banco di prova della sua credibilità nel mondo: “Da questo riconosceranno tutti che siete miei discepoli”» queste le parole pronunciate da Paolo VI nel suo primo discorso proprio nel luglio del 1972

Il pomeriggio del 25 giugno si è tenuto un primo momento emozionante di preghiera con l’intervento del cardinale Luis Antonio Tagle, presidente di Caritas Internationalis e prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. “Dato che portiamo il nome Caritas riflettiamo sul significato della parole amore”, ha spiegato il cardinale prendendo spunto dalla prima lettera di San Paolo ai Corinzi. “L’amore non è un atteggiamento o una emozione, ma un modo di agire”. E ha posto l’attenzione sui punti cardine su cui meditare: i doni non devono in nessun modo diventare occasione di superiorità sugli altri o di promozione di propri interessi personali; la consapevolezza che ognuno di noi possiede doni diversi, ma tutti provengono da un solo Spirito e nessuno è superiore agli altri; e soprattutto che quando una parte del corpo soffre, tutti soffrono con esso.

Queste le parole che il cardinale ha rivolto ai partecipanti “Dobbiamo evitare la tentazione di pensare a noi stessi come donatori e non anche come riceventi”. E aggiunge “i doni dei poveri sono spesso sprecati, mentre l’amore valorizza i doni che solo i poveri possono dare”. “Dare è più importante del guadagnare e il dono è più prezioso del profitto”. Cosi ha dato forza alle Caritas diocesane presenti nella Basilica, esortandole con coraggio e determinazione a proseguire il cammino, “a raccogliere storie di coraggio, speranza e amore sapendo che la carità non avrà mai fine”. Caritas Italiana ha raccontato le storie di una Chiesa viva che si adopera, tutti i giorni e con ogni mezzo, per restituire dignità e valore ad ogni persona.

Il secondo appuntamento di sabato mattina si è tenuto presso l’Aula Paolo VI (Città del Vaticano) ed è terminato con l’udienza con il Santo Padre. Il Presidente di Caritas Italiana, monsignor Redaelli, ha dato inizio alla giornata con il suo saluto ai tantissimi operatori presenti.

Bellissimo il momento di fraternità e di riflessioni condivise che hanno visto protagoniste alcune delle realtà del territorio italiano maggiormente colpito nel tempo di pandemia che ha messo tutti a dura prova cambiando l’interno mondo che ci circonda.

Ricco di commozione l’intervento infine di Papa Francesco che, con gioia, ha ringraziato il Signore per il cammino fatto, e ha rinnovato, con il Suo aiuto, l’impegno constante ai poveri sottolineando le tante situazioni complesse sul territorio che oggi Caritas si trova a vivere.

Il Santo Padre ha proseguito indicando tre vie essenziali su cui proseguire il percorso iniziato da decenni.

“La prima è la via degli ultimi. È da loro che si parte, dai più fragili e indifesi. Da loro. Se non si parte da loro, non si capisce nulla. La carità è la misericordia che va in cerca dei più deboli, che si spinge fino alle frontiere più difficili per liberare le persone dalle schiavitù che le opprimono e renderle protagoniste della propria vita. Molte scelte significative, in questi cinque decenni, hanno aiutato le Caritas e le Chiese locali a praticare questa misericordia: dall’obiezione di coscienza al sostegno al volontariato. È bello allargare i sentieri della carità, sempre tenendo fisso lo sguardo sugli ultimi di ogni tempo. Allargare sì lo sguardo, ma partendo dagli occhi del povero che ho davanti. Lì si impara. Se noi non siamo capaci di guardare negli occhi i poveri, di guardarli negli occhi, di toccarli con un abbraccio, con la mano, non faremo nulla. …Sono i poveri che mettono il dito nella piaga delle nostre contraddizioni e inquietano la nostra coscienza in modo salutare, invitandoci al cambiamento. E quando il nostro cuore, la nostra coscienza, guardando il povero, i poveri, non si inquieta, fermatevi…, dovremmo fermarci: qualcosa non funziona.”

Ha poi continuato Papa Francesco «Una seconda via irrinunciabile: la via del Vangelo. Mi riferisco allo stile da avere, che è uno solo, quello appunto del Vangelo. È lo stile dell’amore umile, concreto ma non appariscente, che si propone ma non si impone. È lo stile dell’amore gratuito, che non cerca ricompense. È lo stile della disponibilità e del servizio, a imitazione di Gesù che si è fatto nostro servo. È lo stile descritto da San Paolo, quando dice che la “carità tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1 Cor 13,7). Mi colpisce la parola tutto. Tutto…. Ma questo – lo sapete bene – non deve sorgere solo in occasione delle calamità: abbiamo bisogno che le Caritas e le comunità cristiane siano sempre in ricerca per servire tutto l’uomo, perché “l’uomo è la via della Chiesa”, secondo l’espressione sintetica di San Giovanni Paolo II» (cfr Lett. enc. Redemptor hominis, 14).

E infine la terza via, la via della creatività. “La ricca esperienza di questi cinquant’anni non è un bagaglio di cose da ripetere; è la base su cui costruire per declinare in modo costante quella che San Giovanni Paolo II ha chiamato fantasia della carità (cfr Lett. ap. Novo millennio ineunte, 50). Non lasciatevi scoraggiare di fronte ai numeri crescenti di nuovi poveri e di nuove povertà. Ce ne sono tante e crescono! Continuate a coltivare sogni di fraternità e ad essere segni di speranza. Contro il virus del pessimismo, immunizzatevi condividendo la gioia di essere una grande famiglia. In questa atmosfera fraterna lo Spirito Santo, che è creatore e creativo, e anche poeta, suggerirà idee nuove, adatte ai tempi che viviamo.”

Francesco ha ringraziato tutti i presenti, operatori, volontari, sacerdoti, esortando a dare massima vicinanza soprattutto ai giovani, protagonisti dell’avvenire ma anche vittime più fragili di questa epoca di cambiamento radicale.

Il Pontefice ha concluso l’udienza, prima della benedizione, ricordando il bisogno di fraternità, senso del dono gratuito e gioia vera.

Due testimonianze

Claudio Arione, della Caritas di Asti, delegazione Piemonte Valle d’Aosta:  “Siamo tutti nella stessa barca” è l ’espressione usata da Papa Francesco nella veglia del 27 marzo 2020 in piazza San Pietro. Ci ha emozionato, accompagnato e orientato: se la tragedia della pandemia ci ha fatto riconoscere di condividere le stesse paure, allo stesso tempo ci ha fatto capire che la ripartenza non può non avvenire se non insieme. Lo stile prevalentemente pedagogico proprio di Caritas, unito alla necessità di rimanere ben ancorati alla concretezza dei bisogni, ha istituito un vero percorso di crescita che ha coinvolto insieme – nel tempo del lockdown – le 17 Caritas Diocesane di Piemonte e Valle d’Aosta. Il bisogno era chiaro: offrire occasioni immediate e concrete per dare ossigeno, materiale e spirituale, a chi si trovava nella condizione di impoverimento mai prima vissuto. Educativamente ha innescato un processo di vicinanza e di reciprocità che ha messo in raccordo mondi molto diversi, ha dato prospettive, ha aperto attenzioni, ha stabilito relazioni. E ha fatto crescere la comunione tra le nostre Caritas, valicando anche le frontiere regionali con un sostegno a due progetti di altrettante Caritas in Lombardia e in Veneto. Il dono ricevuto è stato utilizzato come lievito per azioni pedagogiche capaci di esprimere solidarietà al settore produttivo messo in crisi dalla pandemia, di stimolare azioni di attenzione verso famiglie in gravi difficoltà economiche, di aiutare le comunità cristiane, rappresentate dai centri di ascolto Caritas, a camminare nella sequela di Cristo. Un amore che si esprime attraverso gesti e segni fatti di reciprocità e circolarità che rappresentano bene “una modalità connaturata alla funzione pedagogica della Caritas”.

 “Oggi Papa Francesco, nell’udienza ci ha fornito una bussola preziosa, che ci accompagnerà nel nostro futuro, ci ha ben rappresentato il ruolo della Caritas a servizio della Chiesa e ha messo a fuoco linee guida, stile, modalità che dovremmo riflettere nel nostro agire. Le indicazioni che il Santo Padre ci ha donato oggi saranno quindi una necessaria cartina di tornasole, alla luce della quale rileggere e orientare i nostri passi. E’stata una grazia speciale soprattutto in questo momento cosi particolare…” questa la testimonianza di Luisa Pilato, che insieme al direttore della Caritas diocesana di Ischia Don Gioacchino Castaldi e una delegazione isolana ha partecipato con entusiasmo e emozione alla celebrazione dei 50 anni della Caritas Italiana, portati avanti con impegno e dedizione.

A cura di Annalisa Leo

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