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Mandati in vacanza a preparare la prossima agenda pastorale

Commento al Vangelo MC 6,7-13

Non si parlava di vacanza? Non sono giorni di riposo questi? Eppure il vangelo di questa domenica è un vangelo di movimento. Parla di viaggi, di cammini, di accoglienza, di relazioni. A Nazareth, dopo aver incassato una grande sconfitta domenica scorsa, Gesù invece di scoraggiarsi cambia registro, si rivolge ad altri. Gesù tiene al suo sogno, lo realizza e manda quei dodici uomini a fare la loro prima esperienza di annuncio.

Ogni discepolo sa che si prepara ad un momento bello: quello di andare e di aiutare il maestro a portare la sua parola. In poche battute stringate, Marco racconta la prima esperienza di questi discepoli, in arte apostoli. Gesù sta pensando alla chiesa, una comunità di persone che non si sono scelte ma che hanno a cuore un unico desiderio: il regno. Manda questi uomini a vivere come dei salvati. Solo questo possiamo fare: vivere noi da gente salvata. E allora da che cosa partire? Da dove cominciare? Ognuno di noi vuole sedersi e fare il proprio programma pastorale, ognuno di noi vuole attuare la propria strategia vincente.

A tutti capita questa tentazione: adesso che sono io al comando le cose andranno bene! Invece è ben diverso il lavoro che il maestro ci affida ed è ben diverso il punto di partenza. La prima cosa su cui devono fare affidamento i discepoli non sono gli eroismi personali, non sono le proprie bravure, i propri talenti, ma le relazioni. È questo il motivo per cui Gesù li manda a due a due. Sappiamo benissimo dal retroterra culturale ebraico che un messaggio, un annuncio, per essere valido ha bisogno di due testimoni, ma per Gesù la cosa è ben diversa. Qui c’è più di una indicazione giuridica: qui c’è una scelta di Dio! Dio stesso è relazione, è famiglia, Trinità; Dio inoltre nelle relazioni ha posto il fondamento della sua presenza.

Gesù in più occasioni dirà che le persone riunite nel suo nome sono segno della sua presenza. Allora andare a due a due non è una strategia di vendita porta a porta, ma la chiara indicazione che senza delle relazioni affidabili il Vangelo non funziona e non è credibile. Dimmi come sono le tue relazioni e ti dirò in cosa credi! Su questo argomento, soprattutto dopo la pandemia avremo un grande lavoro pastorale da compiere: la Chiesa dovrebbe essere principalmente il luogo di queste relazioni affidabili. La chiesa dovrebbe imparare ed insegnare relazioni più che programmare appuntamenti. Relazioni che vivono al di fuori di cose da fare, ma semplicemente sostenute dalla gioia dello stare insieme, condividendo l’unico motivo per cui siamo insieme: Gesù, la passione per lui e la voglia di lavorare per lui. E la prova dell’affidabilità di quello che sto dicendo la si vede dal potere che si ha contro il male. Infatti la cosa che teme di più il male è la comunione.

Se tu vivi in comunione allora hai potere “sugli spiriti immondi”. Si comprende allora come mai la prima cosa che fa il male è far entrare in crisi la comunione. Perché secondo voi il male rompe le famiglie? Perché il male rompe gruppi di amici? Perché il male mina relazioni belle? Proprio perché la comunione è presenza di Dio che scaccia il male. Senza questa affidabilità delle relazioni Satana può spadroneggiare. Divisi siamo vinti, uniti siamo vincitori. Ecco perché la Chiesa deve sempre avere come primo obbiettivo la difesa della comunione. Dobbiamo aver chiara una cosa: la Chiesa non è il club dei bravi ragazzi, non ci siamo scelti, Gesù ci ha scelto per avere potere sugli spiriti immondi. La Parola che professiamo e viviamo caccia la sporcizia dai cuori, la parte tenebrosa che ci abita dentro.

Ognuno di noi ha i suoi demoni dentro di sé, ha una parte di luce e tenebra che va combattuta. Una seconda indicazione percepiamo da questo brano che se pur piccolo è meraviglioso: “E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio”.

È proprio da sprovveduti affrontare la vita senza un punto d’appoggio. Ognuno di noi non può solo fidarsi delle proprie convinzioni, dei propri ragionamenti, delle proprie emozioni. Gesù ci indica che spesso le proprie convinzioni, i propri ragionamenti, il chiudersi in sé stessi porta ad una cuccia, ad un sedersi che non permette al vangelo di correre. La tentazione dell’Io e delle proprie tecniche acquisite con l’esperienza come se fossero le uniche ad essere buone, in qualche modo distrugge l’opera di Dio. Questa indicazione inoltre ci dice di non contare troppo sui mezzi, sulle strutture per l’annuncio del vangelo.

La storia ci ha consegnato tanti luoghi adesso vuoti e che restano soltanto un peso per poterli mantenere. Il discepolo ha bisogno soltanto di qualcosa che gli faccia da punto d’appoggio. Per un cristiano la Parola di Dio, la Tradizione, il Magistero non sono ornamenti, ma il bastone su cui poggiare la propria vita. Stiamo assistendo invece al dilagare di un cristianesimo intimistico tutto fatto di “io penso”, “io sento”. Questo tipo di approccio alla fine ci fa ritrovare fermi e molto spesso smarriti. Avere un punto oggettivo su cui poggiare la vita è una grazia, non un limite. Infine il vangelo ci consegna la bellissima indicazione: “ungevano con olio molti infermi e li guarivano”. Nel mondo antico l’olio era molto usato anche come medicinale.

Presso gli ebrei l’unzione assumeva un carattere sacro nell’investitura regale e sacerdotale. Bellissima questa indicazione che non riguarda solo la condizione fisica ma anche ridare la dignità regale ad ogni persona. Avere cura dell’altro è anche restituirgli la sua dignità di figlio. E lo Spirito Santo è quell’olio che dà la dignità, che ha segnato la vita delle persone rendendole uniche e figlie di questo Dio che esce da sé per cercare la sua creatura. Abbiamo un bel lavoro da fare.

Gesù già ci dà indicazioni per la prossima agenda pastorale! Buona domenica!

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