Il Papa sta meglio! Che grande notizia! Saprete tutti che il nostro caro Papa Francesco è stato ricoverato all’ospedale “Gemelli” di Roma per un’operazione all’intestino avvenuta il 4 luglio.
L’operazione è andata bene e dopo dieci giorni di degenza (cioè il periodo in cui si resta in ospedale per guarire bene ed essere seguiti meglio dagli infermieri) è stato dimesso ed ora è tornato nella sua residenza di Casa Santa Marta, in Vaticano.
Anche dall’ospedale, Papa Francesco ha comunque trovato le forze e il modo di recitare l’Angelus dal balcone del decimo piano del Policlinico, dove si trova l’appartamento per le cure dei Pontefici. Prima di partire per tornare a casa, però, ha desiderato salutare i suoi vicini di stanza del reparto di oncologia pediatrica, dove sono ospitati i bambini malati di cancro. Erano stati proprio alcuni bambini ricoverati lì ad accompagnarlo al balcone, domenica scorsa, per la recita dell’Angelus, in cui il Papa aveva sottolineato che “in questi giorni di ricovero in ospedale, ho sperimentato ancora una volta quanto sia importante un buon servizio sanitario, accessibile a tutti, come quello che c’è in Italia e in altri Paesi. Un servizio sanitario gratuito. Non bisogna perdere questo bene prezioso.
Bisogna mantenerlo! E per questo occorre impegnarsi tutti, perché serve a tutti e chiede il contributo di tutti. Anche nella Chiesa – aveva aggiunto il Papa – succede a volte che qualche istituzione sanitaria, per una non buona gestione, non va bene economicamente, e il primo pensiero che ci viene è venderla.
Ma la vocazione, nella Chiesa, non è avere dei quattrini, è fare il servizio, e il servizio sempre è gratuito. Non dimenticatevi di questo: salvare le istituzioni gratuite!”. Ha poi concluso, dicendo: “Fra i tanti ammalati incontrati in questi giorni, rivolgo un pensiero particolare a quanti sono costretti a letto e non possono tornare a casa: che possano vivere questo tempo come un’opportunità, anche se vissuta nel dolore, per aprirsi con tenerezza al fratello o alla sorella malati nel letto accanto, con cui si condivide la stessa fatica e la stessa umana fragilità”.