Omelia del vescovo Gennaro – Giovedì 15 luglio
Es 3,13-20; Mt 11,28 presso la parrocchia di S. Vito Martire in Forio
XV del Tempo Ordinario
La comunità parrocchiale di san Vito ha festeggiato con gioia i settanta anni di sacerdozio del proprio pastore, l’amato Mons. Giuseppe Regine, giovedì 15 luglio scorso, nella chiesa vestita a festa e alla presenza del vescovo Gennaro. Una gioia resa meno forte solo dalla assenza, per motivi di salute, del diretto interessato.
Mons. Pascarella lo ha salutato all’inizio della celebrazione ricordando che: «La preghiera supera ogni distanza, non ci chiude in un tempio, arriva lontano, fino al cielo». Ma l’omelia della celebrazione eucaristica in ringraziamento per un così longevo servizio alla Chiesa e alla comunità non poteva non avere come tema la fedeltà, in special modo la fedeltà dei ministri di Dio, ai quali è affidato un compito di grande responsabilità e particolare delicatezza. «Don Regine ci ricorda l’importanza della fedeltà dei ministri di Dio nell’adempimento del proprio servizio».
Fedeltà che è richiesta anche a coloro che si uniscono in matrimonio – all’interno del quale essa è fedeltà reciproca -, ma che per i presbiteri significa fedeltà a Dio. In entrambi i casi, ha precisato il Vescovo, qualunque sia la via che la nostra vita prende, matrimonio o ordine sacro, nella gioia e nel dolore, la fedeltà deve entrare a far parte del nostro vissuto quotidiano: «Il sì del giorno dell’ordinazione presbiterale o del matrimonio, deve estendersi su tutti i giorni della vita. Il Sacramento, sia quello del sacerdozio che del matrimonio, se riconosciuto, accolto e vissuto, dà la grazia di viverlo ogni giorno della propria vita».
Ma il prete ha un compito in più: deve “mettersi sotto la Parola e lasciarsi da essa illuminare e guidare”- Mons. Pascarella ha ricordato a tal proposito un momento per lui indimenticabile della sua ordinazione presbiterale, quando due diaconi hanno tenuto sulla sua testa l’Evangeliario, a significare la sottomissione che il presbitero deve avere alla Parola. Mons. Regine – ha detto – ha reso concreta questa missione con la sua vita, spezzando il pane e la parola, testimoniando che Dio è amore e misericordia con l’esempio della sua vita.
Questo è l’obiettivo verso il quale deve tendere la vita di un prete: annunciare e testimoniare, rendere credibile agli occhi del popolo la verità dell’amore di Dio, il quale, come espresso dalla Prima Lettura, non abbandona mai il suo popolo, così come ha fatto con Israele attraverso la mediazione di Mosè, un Dio che ascolta il grido degli oppressi, ma che ci insegna anche, attraverso il vissuto del figlio Gesù, come dobbiamo comportarci. Egli “è fedele sempre” (Salmo 104), ma noi dobbiamo conformarci al suo esempio di mitezza e umiltà, che Gesù ha portato fino alle massime conseguenze attraverso la Passione e la crocifissione.
E’ nel momento più basso, quello della sua morte, al quale è giunto dopo innumerevoli e indicibili sofferenze, affrontate con umiltà e addirittura scusando i suoi carnefici, che egli è diventato re. E da quel momento egli è sempre disponibile per noi nel tabernacolo, «Facciamo questa esperienza, troviamo il ristoro in Gesù, ricorriamo a lui nei momenti più duri della nostra esistenza».
Il Vescovo Gennaro ha concluso la sua omelia raccomandando ai fedeli di non trascurare il proprio rapporto personale e quotidiano con Gesù, anche se per brevi momenti di sosta nella nostra frenetica vita: «Quando passiamo davanti ad una chiesa ricordiamoci che lui ci rivolge sempre queste parole: ‘Venite a me voi tutti che siete stanchi e io vi ristorerò’. Prendiamo sul serio queste parole e avremo forza di vivere più intensamente la nostra vita»