Commento al Vangelo Gv 6,1-15
“Gesù, alzàti gli occhi, vide una grande folla che veniva da lui e disse a Filippo: “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. C’è ancora quella folla intorno a Gesù, la stessa che lo aveva rincorso domenica scorsa e che non ha permesso a Gesù di riposarsi.
Continua così quell’episodio di domenica scorsa, raccontandoci il più grande dei segni che Gesù compie. Doveva essere il miracolo più eclatante, importante, quello in cui Gesù avrebbe finalmente raccolto i frutti di tutto il tempo passato ad insegnare ai suoi discepoli. Non sarà cosi: questo segno sarà un grande fallimento, l’inizio della crisi del ministero di Gesù che lo porterà alla croce.
Dove potremo comprare dice Gesù, dove! Gesù dice “dove”, cioè vede quella fame, quell’assenza nel cuore della gente, quel vuoto che mangia l’anima delle persone, quel mal di vivere che ancora oggi sembra minacciare la nostra vita. Dove non “come”, dice Gesù. Gesù non dice come compreremo, ma dove compreremo, cioè dove cercheremo ciò che ci rende felice? Bello, Gesù usa il noi, anche lui è in ricerca; Gesù non delega. Vedete, non è sera nel vangelo, nessuno ha chiesto del pane, nessuno contesta. È Dio che sente e anticipa le nostre richieste.
Il Vangelo di Giovanni è pieno di domande con il “dove”. “Da dove viene questo vino? (Gv2) Da dove attingerai quest’acqua? (Gv4) Dove lo avete posto? (Gv 20). Dove stai cercando? Dove vuoi andare a comprare il pane della tua fame, della tua felicità? Filippo purtroppo risponde con il “come”: non bastano duecento denari. Filippo guarda a tutte quelle migliaia di persone e si toccava il portafoglio sapendo che non c’erano dentro abbastanza soldi per dare nemmeno un morso di pane a tutti.
Ma l’esperienza di Filippo è la stessa esperienza che facciamo noi quando davanti alla sproporzione delle cose che ci accadono ci sentiamo rivolgere la stessa domanda: “E adesso dove troverai tutte le forze per affrontare questo?”. Pensando a queste esperienze credo che anche noi smettiamo di sorridere, perché la faccenda è seria. C’è sempre la presa di coscienza di una grande sproporzione che c’è tra le nostre forze e ciò che ci tocca vivere. Se ci pensiamo davvero, sperimentiamo lo stesso spaesamento che avrà provato il povero Filippo.
Purtroppo la logica del calcolo, la logica umana fa concludere il tutto con un’affermazione: congedali, mandali via. Davanti alla sproporzione dei problemi l’unica soluzione che troviamo è questa: io non ce la posso fare! Solo un miracolo può salvarci. E il miracolo accade: è un ragazzo il miracolo. “Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: ‘C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?’”. Un ragazzo offre il suo pranzo, un ragazzo povero, i pani sono fatti di orzo che valgono meno del pane.
Ma il ragazzo ha colto subito la situazione: da dove? Da me! Ecco la soluzione, da me comincia tutto! Il miracolo, il cambiamento avviene da dentro, da te! Il miracolo avviene a partire da quanto sei disposto a condividere. La sofferenza, la fame, i problemi si risolvono a partire da quanto sei disposto a condividere tu! Non lo stato, la chiesa ecc., ma tu! Proprio tu! Bisogna avere almeno l’umiltà di sapere quel poco che si ha.
Se sappiamo fare solo l’elenco di ciò che ci manca rimaniamo schiacciati dal solo pensiero delle cose. Gesù moltiplica quei cinque pani e due pesci, ma moltiplica non crea. Moltiplicare cinque è cosa diversa dal moltiplicare zero. Nessuno di noi ha zero. Ha qualcosa, che non sarà certamente abbastanza. Lo metta però con fiducia davanti al Signore ed Egli farà il resto.
L’errore è il pensare che il poco che noi abbiamo non conti nulla. In realtà non conta nulla quando rimane da solo, ma quando è consegnato a Lui non solo basta ma avanza. Non è magia, ma è il miracolo del possibile offerto con fiducia. Dovremmo diventare esperti nel fare questo tipo di miracoli, cioè nel fare ciò che ci è possibile fare senza pretendere da noi stessi l’impossibile. Quest’ultimo lasciamolo a Lui.
Dio ama gli adolescenti perché gli adolescenti non amano con il bilancino, né a piccole dosi: ci voleva un adolescente per farci capire come vanno le cose; ci voleva un adolescente per fare entrare Dio nel mondo. Si, Dio ama gli adolescenti perché gli somigliano molto.
Un’adolescente si butta anche se molti alla fine non capiranno. Così avverrà per Gesù: la folla cercherà il Signore perché si è riempita la pancia, non l’anima. Molti stravolgeranno la bellezza di questo segno compiuto da Gesù. Non hanno capito: davanti alla fame del mondo, condividi ciò che hai e che sei.
Ma, piuttosto: ecco uno che ci risolve i problemi. Gratis.
Cosa che molti cercano ancora oggi e che vogliono da Dio; uno che ti deve risolvere i problemi invece di uno che ti aiuta a risolverli leggendoli in una prospettiva diversa. Poco importa; ciò che dobbiamo imitare è il gesto del ragazzo senza nome. Che insegnò agli apostoli, e a noi, la logica del da dove. Comincia ora la crisi di Gesù…
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C’è qui un ragazzo: benedetti adolescenti!
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“Gesù, alzàti gli occhi, vide una grande folla che veniva da lui e disse a Filippo: “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. C’è ancora quella folla intorno a Gesù, la stessa che lo aveva rincorso domenica scorsa e che non ha permesso a Gesù di riposarsi.
Continua così quell’episodio di domenica scorsa, raccontandoci il più grande dei segni che Gesù compie. Doveva essere il miracolo più eclatante, importante, quello in cui Gesù avrebbe finalmente raccolto i frutti di tutto il tempo passato ad insegnare ai suoi discepoli. Non sarà cosi: questo segno sarà un grande fallimento, l’inizio della crisi del ministero di Gesù che lo porterà alla croce.
Dove potremo comprare dice Gesù, dove! Gesù dice “dove”, cioè vede quella fame, quell’assenza nel cuore della gente, quel vuoto che mangia l’anima delle persone, quel mal di vivere che ancora oggi sembra minacciare la nostra vita. Dove non “come”, dice Gesù. Gesù non dice come compreremo, ma dove compreremo, cioè dove cercheremo ciò che ci rende felice? Bello, Gesù usa il noi, anche lui è in ricerca; Gesù non delega. Vedete, non è sera nel vangelo, nessuno ha chiesto del pane, nessuno contesta. È Dio che sente e anticipa le nostre richieste.
Il Vangelo di Giovanni è pieno di domande con il “dove”. “Da dove viene questo vino? (Gv2) Da dove attingerai quest’acqua? (Gv4) Dove lo avete posto? (Gv 20). Dove stai cercando? Dove vuoi andare a comprare il pane della tua fame, della tua felicità? Filippo purtroppo risponde con il “come”: non bastano duecento denari. Filippo guarda a tutte quelle migliaia di persone e si toccava il portafoglio sapendo che non c’erano dentro abbastanza soldi per dare nemmeno un morso di pane a tutti.
Ma l’esperienza di Filippo è la stessa esperienza che facciamo noi quando davanti alla sproporzione delle cose che ci accadono ci sentiamo rivolgere la stessa domanda: “E adesso dove troverai tutte le forze per affrontare questo?”. Pensando a queste esperienze credo che anche noi smettiamo di sorridere, perché la faccenda è seria. C’è sempre la presa di coscienza di una grande sproporzione che c’è tra le nostre forze e ciò che ci tocca vivere. Se ci pensiamo davvero, sperimentiamo lo stesso spaesamento che avrà provato il povero Filippo.
Purtroppo la logica del calcolo, la logica umana fa concludere il tutto con un’affermazione: congedali, mandali via. Davanti alla sproporzione dei problemi l’unica soluzione che troviamo è questa: io non ce la posso fare! Solo un miracolo può salvarci. E il miracolo accade: è un ragazzo il miracolo. “Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: ‘C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?’”. Un ragazzo offre il suo pranzo, un ragazzo povero, i pani sono fatti di orzo che valgono meno del pane.
Ma il ragazzo ha colto subito la situazione: da dove? Da me! Ecco la soluzione, da me comincia tutto! Il miracolo, il cambiamento avviene da dentro, da te! Il miracolo avviene a partire da quanto sei disposto a condividere. La sofferenza, la fame, i problemi si risolvono a partire da quanto sei disposto a condividere tu! Non lo stato, la chiesa ecc., ma tu! Proprio tu! Bisogna avere almeno l’umiltà di sapere quel poco che si ha.
Se sappiamo fare solo l’elenco di ciò che ci manca rimaniamo schiacciati dal solo pensiero delle cose. Gesù moltiplica quei cinque pani e due pesci, ma moltiplica non crea. Moltiplicare cinque è cosa diversa dal moltiplicare zero. Nessuno di noi ha zero. Ha qualcosa, che non sarà certamente abbastanza. Lo metta però con fiducia davanti al Signore ed Egli farà il resto.
L’errore è il pensare che il poco che noi abbiamo non conti nulla. In realtà non conta nulla quando rimane da solo, ma quando è consegnato a Lui non solo basta ma avanza. Non è magia, ma è il miracolo del possibile offerto con fiducia. Dovremmo diventare esperti nel fare questo tipo di miracoli, cioè nel fare ciò che ci è possibile fare senza pretendere da noi stessi l’impossibile. Quest’ultimo lasciamolo a Lui.
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Don Cristian Solmonese
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