Login

Lost your password?
Don't have an account? Sign Up

L’incavo del nostro cuore!

Commento al Vangelo Gv 6,24-35

“Quando sei venuto qui?”. Gesù era scappato. Volevano farlo re ma lui scappa. Il falegname di Nazareth pensava chissà quale risultato avrebbe ottenuto con quel segno, invece. Se il suo intento era quello di insegnare qualcosa, di provare a vedere se le persone avevano capito qualcosa della condivisione a partire dai suoi discepoli, si ritrova con la folla che capisce l’esatto contrario.

Ecco qualcuno che ci risolve i problemi! Gratis! E Gesù si trova spiazzato. È l’esatto contrario di quello che si aspettava e va via da li. Fugge perché loro vogliono che questa esperienza continui; che continuino ad avere un Dio macchinetta. Chi non voterebbe un governo così! Spesso in questo modo di pensare ci siamo anche noi; spesso con Dio ci comportiamo proprio così! Siamo disposti a pregare, a fare sacrifici, a toglierci per lui tutto, purché lui faccia quello che gli chiediamo! E lo deve fare! E se non lo fa? Non esiste! Ed è quello che accadrà a Gesù.

Infatti a partire da qui il Vangelo ci proporrà questo scontro verbale nella sinagoga di Cafarnao, in cui ci sarà una crescente incomprensione che porterà Gesù a rompere con i suoi discepoli. Si, i suoi discepoli cominceranno ad abbandonarlo! Il dialogo tra Gesù e la folla inizia con toni quasi offensivi: volevano farlo re e lui rifiuta. Scappa. Che scostumatezza! Ma Gesù senza peli sulla lingua va al centro della questione. Voi mi avete cercato perche avete mangiato! E ha ragione!

Noi ci avviciniamo a Dio quando abbiamo fame, quando vogliamo un tornaconto, quando vogliamo che Dio ci faccia qualcosa. Quante volte rivedo il riflesso di questa scena in me e nella mia vita? Siamo disposti ad andare a messa tutte le domeniche, a pregare tutti i giorni purché abbiamo la pancia piena, purché Dio possa metterci al riparo dai guai della nostra vita. Gesù ha ragione. Egli insiste dicendoci di non cercare il cibo che perisce, ma quello che non deperisce, non quello che sazia per un attimo ma quello che sazia per sempre. Gesù aveva visto l’assenza nel nostro cuore e sta cercando di indicarci la strada; ci ricorda di cercare quel cibo che ha la capacità di riempire il nostro cuore. Gesù non sta parlando di qualcosa che è un’assicurazione per la vita, da tirare in ballo quando c’è qualcosa che non va. Gesù sta dicendo a noi di cercare il cibo che può saziare il cuore.

Gesù ci insegna che nella nostra fame, in questa nostra assenza dobbiamo saper distinguere i bisogni dai desideri. Quando chiediamo qualcosa a Dio, corriamo il rischio di confonderli. Il nostro mondo è molto abile perché ci fa credere che la vita è un insieme di bisogni da soddisfare e subito. In realtà non è cosi; il desiderio (de sideribus, “dalle stelle”), il bisogno infinito di felicità non può essere colmato da qualcosa o qualcuno che viene dal mondo. Pensiamo quante volte scarichiamo sugli altri la responsabilità di riempire il nostro cuore, sul marito, sui figli, sulla moglie; diamo la colpa al lavoro, agli amici, alle situazioni.

Amici miei, poiché il nostro cuore è fatto di infinito, sbagliamo strada, ci condanniamo da noi stessi ad una sorta di infelicità perenne. Gesù ce lo dice: “Stai attento a come stai investendo la vita, stai attento a come la stai orientando, stai attendo a mettere il desiderio verso la parte giusta che è lui!”. La gente resta stupita e dice a Gesù: “Dacci sempre questo pane!”. E come se avesse detto: “Dai, forza Gesù, facci vedere sto pane”. Dacci questo pane però è una richiesta immediata, è una richiesta di chi non si mette in discussione, è una richiesta di chi dice: “Va beh! Fai tu, giacché tu lo hai detto, fallo!”. E aggiungono questa frase terribile: “Cosa dobbiamo fare per avere questo pane?”. Perché è brutta questa frase? Perché rivela un’altra parte di noi: purtroppo siamo ossessionati dal fare qualcosa.

Faccio delle preghiere per avere la benedizione di Dio, vado a Messa perché le cose vadano bene. Fare, fare. Ma Gesù dice non è fare il problema ma è il credere! È fidarsi. Si, forse devo fidarmi che Dio ne sa più di me e devo lasciare fare a Lui. Allora questo dialogo che inizia in salita ci porta proprio oggi a considerare al fatto che la nostra vita voglia essere solo soddisfazione di bisogni.

Gesù ci propone qualcosa di più forte: un pane che sazia l’anima e il cuore, non soltanto il ventre; un pane che va incontro al nostro desiderio e va incontro alla nostra gioia. È lui perché la vera felicità sarà sempre e solo una persona e Gesù si propone a noi come l’unica, vera felicità. Lasciamoci provocare un po’ da questa parola in questa settimana anche se la sua parola è un po’ scomoda. Cerchiamo di cambiare il nostro rapporto con Dio facendo di lui il desiderio principale, lasciando che lui sia la nostra felicità. Buona domenica!

Condividi su:

Facebook
WhatsApp
Email
Stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*

su Kaire

Articoli correlati

I 1700 anni del Credo di Nicea

“Occasione straordinaria per essere una luce di speranza nell’oscurità di un mondo diviso e ferito” Il 2025 è l’anno in cui ricorrerà il 1700° anniversario del Primo Concilio Ecumenico di