Durante l’Udienza Generale di mercoledì 4 agosto il Papa ci ha parlato della missione evangelizzatrice di San Paolo.
“Quando si tratta del Vangelo e della missione di evangelizzare, Paolo si entusiasma, esce fuori di sé. Sembra non vedere altro che questa missione che il Signore gli ha affidato. Tutto in lui è dedicato a questo annuncio, e non possiede altro interesse se non il Vangelo. È l’amore di Paolo, l’interesse di Paolo, il mestiere di Paolo: annunciare. Arriva perfino a dire: «Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo» (1 Cor 1,17). Paolo interpreta tutta la sua esistenza come una chiamata a evangelizzare, a far conoscere il messaggio di Cristo, a far conoscere il Vangelo: «Guai a me – dice – se non annuncio il Vangelo» (1 Cor 9,16). E scrivendo ai cristiani di Roma, si presenta semplicemente così: «Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il Vangelo di Dio» (Rm 1,1). Questa è la sua vocazione. Insomma, la sua consapevolezza è di essere stato “messo a parte” per portare il Vangelo a tutti, e non può fare altro che dedicarsi con tutte le sue forze a questa missione.
Si comprende quindi la tristezza, la delusione e perfino l’amara ironia dell’Apostolo nei confronti dei Galati, che ai suoi occhi stanno prendendo una strada sbagliata, che li porterà a un punto di non ritorno: hanno sbagliato strada. Il perno intorno a cui tutto ruota è il Vangelo. Paolo non pensa ai “quattro vangeli”, come è spontaneo per noi. Infatti, mentre sta inviando questa Lettera, nessuno dei quattro vangeli è ancora stato scritto. Per lui il Vangelo è ciò che lui predica, questo che si chiama il kerygma, cioè l’annuncio. E quale annuncio? Della morte e risurrezione di Gesù come fonte di salvezza. Un Vangelo che si esprime con quattro verbi: «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto, è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e apparve a Cefa» (1 Cor 15,3-5). Questo è l’annuncio di Paolo, l’annuncio che ci dà vita a tutti. Questo Vangelo è il compimento delle promesse ed è la salvezza offerta a tutti gli uomini. Chi lo accoglie viene riconciliato con Dio, è accolto come un vero figlio e ottiene in eredità la vita eterna”, San Francesco avvolto dall’amore trasformante di Dio, non può più vivere per se stesso, ma per Colui che è morto per tutti. Trova la conferma di tutto questo nella consultazione fraterna che egli stesso promuove nel momento del dubbio tra la contemplazione e l’azione di evangelizzazione: Chiara e i suoi primi fratelli, da lui interpellati, rispondono che deve sentirsi obbligato a portare all’uomo il bene ricevuto. E la conoscenza sempre più profonda di Dio come amore si trasforma in brama interiore per tutti coloro che non conoscono Dio. A motivo dell’amore per il Salvatore, vuole condividere con la Chiesa, nell’obbedienza, la fatica per la salvezza delle anime, di tutti gli uomini. «Nulla è più importante della salute delle anime… Da qui lo sforzo nell’orazione, il suo continuo andare per la predicazione, la sua cura insistente di dare lui il buon esempio. Non si stimava amico di Cristo se non «avesse amato le anime da Lui amate» (2 Cel 172, FF 758 ).
Evangelizzare diventa per lui un restituire con la parola e con l’esempio, come lascia scritto ai suoi frati, laddove parla dei predicatori ( Rnb 17, FF 49 ).
Tutto questo deve farci seriamente riflettere, sia in ordine alle condizioni fondamentali dell’evangelizzazione, sia in ordine alla responsabilità dell’annuncio e alla modalità di questo annuncio.
È nell’incontro vivificante con la Parola, è nell’incontro col Cristo attraverso la Parola, che San Francesco sente l’esigenza di «amministrare» a tutti le «fragranti parole del Signore». E proprio nella Lettera a tutti i Fedeli esprime con queste parole straordinarie il suo sentirsi in debito, il suo essere «servo di tutti» sul versante dell’evangelizzazione e al tempo stesso interpella profondamente a porsi sullo stesso piano anche i destinatari della Lettera. Basta vedere la formula di chiusura di questo scritto ( cfr FF 178/7).
Si evidenzia in tutto il contenuto degli Scritti di San Francesco come la prima missione sia vivere il Vangelo da minori, dal « di dentro > delle situazioni umane, nell’ascolto rispettoso di tutti e della coscienza di ciascuno, nella condivisione con i più piccoli, nel coraggio di rifiutare qualsiasi privilegio. La modalità francescana di annuncio spazza via alla radice l’equivoco che l’evangelizzazione stia soprattutto nel « portare il Vangelo agli altri »: prima di tutto è fare diventare evangelica la nostra vita.