Login

Lost your password?
Don't have an account? Sign Up

Il grande gioco della vita

Mentre sono in corso, sempre a Tokyo, le Paraolimpiadi, ci piace proporre questo articolo, uscito una ventina di giorni fa, che parla dello spirito di vera fratellanza con cui si sono svolti i giochi olimpici.

All’Angelus di domenica 25 luglio, papa Francesco ha dedicato un pensiero alle trentaduesime Olimpiadi, apertesi a Tokyo qualche giorno prima. «In questo tempo di pandemia – ha detto il Pontefice – questi Giochi siano un segno di speranza, un segno di fratellanza universale all’insegna del sano agonismo: Dio benedica gli organizzatori, gli atleti e tutti coloro che collaborano per questa grande festa dello sport».

Questa volta sembra che l’auspicio del Papa sia proprio diventato realtà. Uno spettacolo nello spettacolo. È il commento spontaneo davanti al video dove scorrono le immagini delle Olimpiadi di Tokyo. Spettacolo sono le gare che vedono gli atleti cimentarsi senza il calore e il colore del pubblico. Spettacolo sono i volti di ragazzi e ragazze nelle espressioni dell’esultanza e in quell’amarezza.

Volti sempre trasparenti nella loro umanità senza trucchi e ritocchi.

Riassumono la vita con le sue stagioni, con i suoi colori, con le sue albe e con i suoi tramonti.
Poi un altro spettacolo, che sorprende nel suo rinnovarsi, accade quando chi ha vinto una medaglia, non importa il colore, rivolge il primo pensiero di gratitudine ai genitori, alla famiglia, agli amici.

Più tardi sul video appaiono i volti di padri, madri, nonni, fratelli, sorelle e persone amiche.
È in questo intreccio che si ammira uno spettacolo nello spettacolo, un dialogo stupendo tra diverse generazioni.
“Non mi ha colpito tanto la medaglia quanto i suoi occhi pieni di felicità” ha risposto una mamma al giornalista che chiedeva un commento alla vittoria della figlia.

Dietro quei volti di giovani, di adulti e di anziani tante storie condivise e fatte di fatica, di sacrificio, di ombre, di luci, di fiducia reciproca, di gioia.
C’è un commentatore televisivo a cogliere un’altra particolarità.
“Il calcio – dice – ha i tifosi mentre questi sport cosiddetti minori hanno la gente”. Non c’è un giudizio, non c’è una contrapposizione tra due diverse espressioni sportive.

Da una parte c’è una tifoseria che festeggia nelle strade e nelle piazze e dall’altra ci sono delle famiglie e delle piccole comunità che si ritrovano a gioire dei risultati lasciando intravvedere robuste radici culturali e affettive.
Ogni sport, ogni manifestazione ha un significato e le diversità offrono motivi di riflessione.

Quell’intrecciarsi di volti di generazioni diverse è però qualcosa di così bello che merita di essere messo in luce perché è un abbraccio che esprime la bellezza di essere comunità con valori e ideali condivisi.
Queste Olimpiadi che hanno sfidato la pandemia avevano sollevato molte perplessità e riserve.

Ora stanno lasciando un messaggio inatteso attraverso i volti di persone che credono in sé stesse come credono negli altri. Persone che gareggiano puntando con ogni forza alla vittoria ma anche stimandosi a vicenda. Persone che nella gara avvertono la vicinanza degli altri, non sono sole.
Così i giochi olimpici di Tokyo anche grazie a questo intreccio si possono leggere come una metafora del grande gioco della vita.

Uno spettacolo nello spettacolo. È il commento spontaneo davanti al video dove scorrono le immagini delle Olimpiadi di Tokyo. Spettacolo sono le gare che vedono gli atleti cimentarsi senza il calore e il colore del pubblico. Spettacolo sono i volti di ragazzi e ragazze nelle espressioni dell’esultanza e in quell’amarezza.
Volti sempre trasparenti nella loro umanità senza trucchi e ritocchi.

Riassumono la vita con le sue stagioni, con i suoi colori, con le sue albe e con i suoi tramonti.
Poi un altro spettacolo, che sorprende nel suo rinnovarsi, accade quando chi ha vinto una medaglia, non importa il colore, rivolge il primo pensiero di gratitudine ai genitori, alla famiglia, agli amici.
Più tardi sul video appaiono i volti di padri, madri, nonni, fratelli, sorelle e persone amiche.

È in questo intreccio che si ammira uno spettacolo nello spettacolo, un dialogo stupendo tra diverse generazioni.
“Non mi ha colpito tanto la medaglia quanto i suoi occhi pieni di felicità” ha risposto una mamma al giornalista che chiedeva un commento alla vittoria della figlia.

Dietro quei volti di giovani, di adulti e di anziani tante storie condivise e fatte di fatica, di sacrificio, di ombre, di luci, di fiducia reciproca, di gioia.

C’è un commentatore televisivo a cogliere un’altra particolarità.
“Il calcio – dice – ha i tifosi mentre questi sport cosiddetti minori hanno la gente”. Non c’è un giudizio, non c’è una contrapposizione tra due diverse espressioni sportive.

Da una parte c’è una tifoseria che festeggia nelle strade e nelle piazze e dall’altra ci sono delle famiglie e delle piccole comunità che si ritrovano a gioire dei risultati lasciando intravvedere robuste radici culturali e affettive.
Ogni sport, ogni manifestazione ha un significato e le diversità offrono motivi di riflessione.

Quell’intrecciarsi di volti di generazioni diverse è però qualcosa di così bello che merita di essere messo in luce perché è un abbraccio che esprime la bellezza di essere comunità con valori e ideali condivisi.
Queste Olimpiadi che hanno sfidato la pandemia avevano sollevato molte perplessità e riserve.

Ora stanno lasciando un messaggio inatteso attraverso i volti di persone che credono in sé stesse come credono negli altri. Persone che gareggiano puntando con ogni forza alla vittoria ma anche stimandosi a vicenda. Persone che nella gara avvertono la vicinanza degli altri, non sono sole.

Così i giochi olimpici di Tokyo anche grazie a questo intreccio si possono leggere come una metafora del grande gioco della vita.

Fonte: Paolo Bustaffa – L’Azione.it

Condividi su:

Facebook
WhatsApp
Email
Stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*

su Kaire

Articoli correlati

I 1700 anni del Credo di Nicea

“Occasione straordinaria per essere una luce di speranza nell’oscurità di un mondo diviso e ferito” Il 2025 è l’anno in cui ricorrerà il 1700° anniversario del Primo Concilio Ecumenico di