Diacono e anacoreta
È l’unico Santo fondatore di uno Stato e patrono della Repubblica che porta il suo nome, insieme ai compatroni San Leone e Sant’Agata
“Vi lascio liberi da entrambi gli uomini” (Marino in punto di morte)
Questa frase, attribuita a San Marino in punto di morte, ha il seguente significato: il Santo, prima di tornare alla Casa del Padre, avrebbe annunciato, agli abitanti dell’insediamento nato sul Monte Titano intorno alla comunità da lui fondata, che sarebbero stati liberi sia dall’autorità dell’imperatore sia da quella del Papa.
Queste parole sono, di fatto, la profezia della caduta dell’Esarcato bizantino che avverrà nell’VIII secolo, e il fondamento dell’indipendenza della Repubblica che porta il suo nome, e che sopravvive ancora oggi.
Siamo nel 275. Gli imperatori Diocleziano e Massimiano, oltre a inasprire le persecuzioni contro i cristiani, decidono di ricostruire la città di Rimini, distrutta dai Liburni. Dall’isola di Arbe, in Dalmazia, arrivano Marino e l’amico Leone, due scalpellini, e immediatamente vengono inviati sul Monte Titano per estrarre e lavorare le rocce necessarie alla ricostruzione delle mura di cinta. In seguito i due si dividono: Leo si rifugia sul Monte Feliciano – oggi San Leo – Marino torna a Rimini dove, oltre a lavorare, predica la fede e ottiene anche molte conversioni.
Presto la sua fama arriva dall’altra parte del mare e dalla sua terra natale, la Dalmazia, arriva una donna che rivendica di essere sua moglie. Marino deve chiudersi nel suo rifugio, ma non basta: scappa sul Monte Titano dove si costruisce una cella da monaco ed edifica una chiesa in onore di San Pietro. La donna finalmente si ravvede, e tornata in città, prima di morire confessa le sue colpe.
Ma presto la piccola comunità fondata da Marino e Leone sul Monte Feltro deve affrontare altre minacce. La terra che occupano, infatti, è di proprietà di una certa Felicissima ed ora è rivendicata da suo figlio, Verissimo. Alla violenza di questi, i due Santi possono solo opporre le loro preghiere, chiedendo al Signore di tenere il ragazzo sotto controllo.
Inaspettatamente, Verissimo cade in preda a una paralisi e la madre, straziata dal dolore, chiede a Marino di pregare il Signore affinché il figlio guarisca; in cambio gli donerà tutte le sue terre. E la guarigione di Verissimo puntualmente avviene. Madre e figlio, oltre a un considerevole numero di parenti, si convertono e ricevono il battesimo direttamente dalle mani di Marino.
Intanto il vescovo di Rimini, San Gaudenzio, viene a conoscenza di questi fatti e convoca Marino per ringraziarlo. E’ talmente colpito dalla sua personalità, che gli conferisce anche l’ordine del diaconato. Quando torna a casa Marino, secondo la celebre leggenda, trova un orso che ha sbranato l’asino che ogni giorno lo aiutava nel lavoro. Il Santo, allora, obbliga l’orso a svolgere le mansioni dell’asino in sua vece. Marino vivrà poi sul Monte Feltro con la sua comunità fino alla morte, sopraggiunta il 3 settembre 366.
San Marino, oltre a esser patrono della repubblica omonima – insieme a San Leo e a Sant’Agata – è anche patrono dei tagliapietre.