Continueremo la spiegazione della Lettera di San Paolo ai Galati. Così ha parlato Papa Francesco durante l’Udienza generale di mercoledì 1 settembre. Questa non è una cosa nuova, questa spiegazione, una cosa mia: questo che stiamo studiando è quello che dice San Paolo, in un conflitto molto serio, ai Galati. Ed è anche Parola di Dio, perché è entrata nella Bibbia. Non sono cose che qualcuno si inventa, no. È una cosa che è successa in quel tempo e che può ripetersi. E di fatto abbiamo visto che nella storia si è ripetuto, questo.
Questa semplicemente è una catechesi sulla Parola di Dio espressa nella Lettera di Paolo ai Galati, non è un’altra cosa. Bisogna tenere sempre presente questo. Nelle catechesi precedenti abbiamo visto come l’apostolo Paolo mostra ai primi cristiani della Galazia quanto sia pericoloso lasciare la strada che hanno iniziato a percorrere accogliendo il Vangelo. Il rischio infatti è quello di cadere nel formalismo, che è una delle tentazioni che ci porta all’ipocrisia, della quale abbiamo parlato l’altra volta.
L’Apostolo rivolge ai Galati delle domande, nell’intento di scuotere le loro coscienze: per questo è così forte. Si tratta di interrogativi retorici, perché i Galati sanno benissimo che la loro venuta alla fede in Cristo è frutto della grazia ricevuta con la predicazione del Vangelo.
Li porta all’inizio della vocazione cristiana. La parola che avevano ascoltato da Paolo si concentrava sull’amore di Dio, manifestatosi pienamente nella morte e risurrezione di Gesù. Paolo non poteva trovare espressione più convincente di quella che probabilmente aveva ripetuto loro più volte nella sua predicazione: «Non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20). Paolo non voleva sapere altro che Cristo crocifisso
Anche a San Francesco, come a San Paolo, mentre pregava, così, tagliato fuori dal mondo, apparve Cristo Gesù, con l’aspetto di uno confitto sulla croce e gli fece sentire, interiormente quella parola del Vangelo: Chi vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Quella parola fu tanto efficace che, all’interno dello spirito, lo infiammò con il fuoco dell’amore e lo riempì con l’amarezza della compassione.
E mentre, guardando la visione sentiva sciogliersi l’anima, il ricordo della passione di Cristo si stampò nell’intimo del suo cuore, fin nelle midolla. Tanto che, dentro di sé, vedeva quasi ininterrottamente, con gli occhi dell’anima, le piaghe del Signore crocifisso e, al di fuori, riusciva a stento a trattenere le lacrime e i sospiri.
E siccome, a confronto dell’amore di Cristo, ormai gli riuscivano spregevoli tutti i beni della sua casa e li stimava come un nulla, sentiva di avere scoperto il tesoro nascosto e la splendente pietra preziosa. Attratto dal desiderio di possederli, decideva di staccarsi da tutte le cose sue e di scambiare, mercanteggiando secondo lo stile di Dio, gli affari del mondo con quelli del Vangelo.
(1338) Fondato, ormai, nell’umiltà di Cristo e ricco di povertà, benché non possedesse proprio nulla, si diede tuttavia a riparare la chiesa, secondo la missione a lui assegnata dalla croce, con tale slancio che sottoponeva al peso delle pietre il corpo fiaccato dai digiuni e non aborriva dal richiedere l’aiuto dell’elemosina anche a coloro con i quali aveva avuto l’abitudine di vivere da ricco.
Inoltre, aiutato dalla pietà dei fedeli, che già avevano incominciato a riconoscere nell’uomo di Dio una virtù straordinaria, riparò non soltanto San Damiano, ma anche le chiese, cadenti e abbandonate.
(1340 ) Finalmente, tutto acceso dalla forza fiammeggiante dello Spirito di Cristo, cominciò, come un altro Elia, a farsi appassionato predicatore della verità; cominciò ad avviare alcuni alla giustizia perfetta; cominciò ad avviare tutti gli altri a penitenza. Non erano, i suoi, discorsi vani o degni di riso: erano pieni della forza dello Spirito Santo; erano tali che penetravano nel profondo del cuore: suscitavano perciò, forte stupore negli ascoltatori e piegavano, con la loro forza e la loro efficacia, la mente degli ostinati.
Siccome il suo proposito, sublime e santo, veniva a conoscenza di molti attraverso la semplice veracità sia della sua dottrina sia della sua vita, alcuni incominciarono a sentirsi animati a penitenza dal suo esempio e a lasciare tutto per unirsi strettamente con lui, nell’abito e nella vita: l’umile uomo giudicò che si chiamassero «frati minori».