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Un carisma antico e nuovo

Un po’ di storia

Sin dai tempi apostolici nella Chiesa troviamo delle donne che, corrispondendo al carisma suscitato in loro dallo Spirito santo, con amore sponsale si sono dedicate al Signore Gesù nella verginità, per sperimentare la fecondità spirituale dell’intimo rapporto con Lui e offrirne i frutti alla Chiesa e al mondo. Nei primi tre secoli numerosissime furono le vergini consacrate che per restare fedeli al Signore subirono il martirio. Tra queste Agata di Catania, Lucia di Siracusa, Agnese e Cecilia di Roma, Tecla di Iconio, Apollonia di Alessandria, Restituta di Cartagine, Justa e Rufina di Siviglia. Allora le vergini consacrate vivevano con le proprie famiglie. Con lo sviluppo del monachesimo cenobita, la Chiesa associò la consacrazione verginale alla vita comunitaria, all’osservanza di una regola comune e all’obbedienza a una superiora. La celebrazione della consecratio virginum fu sostituita dal rito d’ingresso nella vita monastica, dove si emettevano i voti solenni. Le vergini consacrate passavano dalla casa paterna e sotto l’autorità del Vescovo al monastero sotto l’autorità della superiora.

Per comprendere la riscoperta dell’Ordine delle vergini occorre collocarla nell’ambito del rinnovamento ecclesiale voluto dal Concilio Vaticano II. Si tratta di uno dei frutti dell’approfondimento liturgico e patristico, della crescente attenzione all’apostolato dei laici, ma soprattutto dell’ecclesiologia conciliare e della riscoperta della Chiesa locale, del cambiamento della condizione femminile nella Chiesa e nella società. Seguendo le indicazioni della Costituzione Sacrosantum concilium al n. 80, il Rito della consecratio virginum fu sottoposto a revisione. La fisionomia spirituale delle consacrate appartenenti all’Ordo virginum è chiaramente delineata nel Rito di consacrazione, cioè l’azione liturgica con cui la Chiesa celebra la decisione di una vergine cristiana di consacrare a Cristo la propria verginità e, invocando su di lei il dono dello Spirito, la dedica per sempre al servizio cultuale del Signore e a una diaconia di amore in favore della comunità ecclesiale. Esso descrive le vergini consacrate sul modello della Chiesa vergine per l’integrità della fede, sposa per l’indissolubile unione con Cristo, madre per la moltitudine di figli generati alla vita di grazia[1]. Durante la consecratio virginum, le consacrande esprimono il sanctum propositum, cioè la ferma e definitiva volontà di perseverare per tutta la vita nella castità perfetta e nel servizio di Dio e della Chiesa, seguendo Cristo come propone il Vangelo per rendere al mondo una viva testimonianza di amore ed essere segno manifesto del Regno futuro. «Il propositum delle consacrande viene accolto e confermato dalla Chiesa attraverso la solenne preghiera del Vescovo, il quale invoca ed ottiene per loro l’unzione spirituale che stabilisce il vincolo sponsale con Cristo e a nuovo titolo le consacra a Dio. In questo modo, le vergini sono costituite persone consacrate, segno sublime dell’amore della Chiesa verso Cristo, immagine escatologica della Sposa celeste e della vita futura. L’appartenenza esclusiva a Cristo, sancita col vincolo nuziale, mentre alimenta in loro la vigile attesa del ritorno dello Sposo glorioso (Mt 25,1-13), le associa in modo peculiare al suo sacrificio redentore e le dedica alla edificazione e alla missione della Chiesa nel mondo (Col 1,24)»[2].

Magistero pontificio

Negli ultimi cinquant’anni non è mancata l’attenzione dei Pontefici a partire da san Paolo VI, a cui molti autori attribuiscono la rinascita di questa vocazione[3]. Nel Magistero di Paolo VI non troviamo pagine dedicate alle vergini consacrate, perché non ha mai parlato loro ufficialmente, ma durante l’episcopato a Milano aveva riflettuto sulla consacrazione femminile vissuta in seno alla comunità locale, come servizio all’edificazione della Chiesa nel normale ambiente di vita familiare e sociale. Mons. Montini credeva possibile: «darsi al Signore e vivere pienamente e perfettamente la vita della Chiesa, senza nessuna famiglia, abito religioso e senza costituire un gruppo sociale e una forma particolare»[4]. Queste considerazioni descrivono bene la consacrata dell’Ordo. Infatti, a chi riceve la consecratio virginum non è richiesto alcun cambiamento esteriore, non “appartiene” ad altri che alla Chiesa, non c’è un’organizzazione che supporta e indica la via da seguire che non sia la Chiesa. Sono le stesse vergini consacrate a stilare – in comunione con il Vescovo diocesano – la propria regola di vita. San Giovanni Paolo II incontrando l’Ordo virginum, in occasione del XXV anniversario del ripristino del Rito di consacrazione, rivolse parole particolarmente tenere: «Da parte mia, vorrei parlarvi, con il calore affettuoso, con cui gli antichi vescovi, si rivolgevano alle vergini delle loro Chiese: il calore di Metodio di Olimpia, primo cantore della verginità cristiana; di Atanasio di Alessandria e di Cipriano di Cartagine, che ritenevano le vergini consacrate porzione eletta del gregge di Cristo; di Giovanni Crisostomo, i cui scritti sono ricchi di spunti per alimentare la vita spirituale delle vergini; di Ambrogio di Milano, le cui opere testimoniano una straordinaria sollecitudine pastorale per le vergini consacrate; di Agostino di Ippona, acuto e profondo teologo della verginità abbracciata per il regno dei cieli, del santo e grande pontefice Leone I, autore, con ogni probabilità, della mirabile prece consacratoria Deus castorum corporum»[5]. E Papa Benedetto XVI, nel 2008, alle consacrate arrivate a Roma per il congresso internazionale raccomandava: «La scelta della vita verginale è un richiamo alla transitorietà delle realtà terrestri e anticipazione dei beni futuri. Siate testimoni dell’attesa vigilante e operosa, della gioia, della pace che è propria di chi si abbandona all’amore di Dio. Siate presenti nel mondo e tuttavia pellegrine verso il Regno. La vergine consacrata, infatti, si identifica con quella sposa che, insieme allo Spirito, invoca la venuta del Signore: “Lo Spirito e la sposa dicono ‘Vieni’ ”(Ap 22,17)»[6].

Il carisma  

La peculiarità del carisma della vergine consacrata nel mondo non dipende dal tipo di servizio reso alla Chiesa locale, ma dal suo modo di essere in seno ad essa e da ciò che è chiamata a rappresentare: essere segno vivente dell’amore sponsale della Chiesa a Cristo. L’esigenza primaria della verginità consacrata è quella di essere vissuta come amore sponsale. Più sarà reale e forte questa relazione affettiva a Cristo tanto più sarà incisiva la sua presenza nel mondo. Più è consapevole della radicalità della sua donazione e più la consacrata sarà aperta a vivere con dedizione silenziosa, preveniente, attenta, che è propria di una madre che non si preoccupa di definire il proprio ruolo. Sarà, così, capace di donarsi con quella gratuità e generosità che fanno sentire che c’è un calore che capisce le sofferenze e consola le ferite più profonde. Il carisma dell’Ordo va vissuto in continuo discernimento dei tempi, luoghi, circostanze e complessità della vita. Per poter essere testimoni della carità inventiva del Vangelo, attraverso una presenza discreta che vuole essere una piccola luce dentro le ambiguità del mondo. La sfida è di provare esistenzialmente che il Vangelo può essere testimoniato e vissuto in qualunque situazione. Si tratta di trovare continuamente il giusto equilibrio tra la tentazione di un anonimato deresponsabilizzato e la riesumazione di forme e stili di radicalità ostentata che rischiano di allontanarci dagli altri, rendendoci meno credibili. Una vita di preghiera e comunione con Cristo sposo è fonte e culmine della vita spirituale, punto di partenza e di arrivo, luogo in cui affidare il percorso umano, il lavoro apostolico e la testimonianza di vita.

Pur portando avanti un’esperienza personale e vivendo, in genere, in solitudine, le vergini consacrate s’impegnano a coltivare la comunione tra loro attraverso la preghiera, la condivisione di esperienze formative, la conoscenza reciproca. Dato il radicamento di questa forma di vita consacrata nella Chiesa particolare, il discernimento e la formazione «si realizzano mediante percorsi ecclesiali che, oltre alla responsabilità delle stesse donne interessate, richiedono l’attenzione e l’accompagnamento della comunità cristiana, e in modo particolare interpellano la responsabilità pastorale del vescovo diocesano»[7]. Poiché il radicamento diocesano non consiste in una chiusura entro i confini della Diocesi, le consacrate si aprono alla missione universale della Chiesa e sperimentano forme di comunione anche in ambito regionale o nazionale.

Documenti recenti

Nel 2014 viene pubblicata la Nota Pastorale della Conferenza Episcopale Italiana: L’Ordo virginum nella Chiesa in Italia a cura della Commissione Episcopale per il Clero e la Vita Consacrata. La Nota Pastorale CEI ha contribuito a una migliore conoscenza e comprensione di questa vocazione da parte delle donne interessate e dei Vescovi diocesani che sempre più le riconoscono il valore profetico.

L’8 giugno 2018, per la prima volta, la Santa Sede ha pubblicato una Istruzione, dal titolo Ecclesiae Sponsae Imago, che approfondisce la fisionomia e la disciplina di questa forma di vita. Il documento, curato dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, si sviluppa in tre parti: la vocazione e la testimonianza dell’Ordo virginum; la configurazione dell’Ordo virginum nelle Chiese particolari e nella Chiesa universale; il discernimento vocazionale e la formazione per l’Ordo virginum.

di Giuseppina Avolio


[1] Cf. Ordo consecrationis virginum, 16.

[2] Ecclesiae sponsae imago19.

[3] Egli già da arcivescovo di Milano, scrive una delle pagine più belle e profetiche, riguardo all’Ordo virginum: «Se per una devozione a un santo, nasce una famiglia religiosa,che cosa non può nascere dalla devozione alla madre dei santi che è la Chiesa. Se da tutti i fondatori e fondatrici sono scaturiti rami stupendi, che cosa non scaturirà dalla radice principale, dal Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa? Se invece di andare a nutrirmi nei ruscelli derivati, vado al fiume regale della Chiesa, vado nel pieno della corrente; se, abbandonando forme legittime e stupende, ma inventante dagli uomini, vado direttamente nella forma necessaria e inventata da Cristo, cosa succederà? Cosa ne deriverà? Se faccio della Chiesa maestra e madre la mia sorgente, la mia regola, la mia vita, il mio spirito, la mia gioia, il mio entusiasmo, che cosa non sarà possibile?». Montini G. B., Meditazioni, Ed. Dehoniane, Bologna 19952, p. 57.

[4] Ivi, p. 86.

[5]Cristo è la ragione della vostra vita: ricambiate il suo amore infinito con il vostro amore totale ed esclusivo. Discorso al Convegno internazionale dell’Ordo virginum, Città del Vaticano, 2 giugno 1995.

[6]Verginità consacrata nel mondo: un dono per la Chiesa e nella Chiesa. Discorso al Congresso internazionale dell’Ordo virginum, Città del Vaticano, 15 maggio 2008.

[7] ESI 76.

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