Presentati i lavori che si terranno a Taranto dal 21 al 24 ottobre. L’arcivescovo Santoro: “Il lavoro è per la vita, non per la morte”. Green Pass: “Va superata la mentalità del rancore”
Dalla Settimana sociale in programma a Taranto dal 21 al 24 ottobre, verrà un appello a tutte le diocesi italiane a diventare “carbon free”. E parimenti, in collaborazione con la Coldiretti, un invito alle comunità ecclesiali della Penisola ad acquistare solo prodotti “caporalato free”. Lo ha anticipato l’arcivescovo Filippo Santoro, presidente del Comitato scientifico e organizzatore, spiegando che i 934 delegati non intendono fare richieste solo alla politica e alle istituzioni, ma anche a sé stessi, cioè alle Chiese che rappresentano. L’arcivescovo di Taranto è intervenuto, presso la Lumsa, alla conferenza stampa di presentazione dei lavori che si terranno nella sua città, sottolineando anche il grande e doloroso problema delle morti sul lavoro, dato che occupazione, salute e tutela dell’ambiente saranno gli argomenti portanti dell’ormai prossimo appuntamento. “Il lavoro è per la vita, non può essere per la morte – ha ricordato -. Troppe persone perdono la vita a causa del lavoro e ciò è gravissimo. Siamo vicino alle famiglie, sentiamo il loro grande dramma. C’è una contraddizione stridente: il lavoro è per la vita, non può essere per la morte”, ha ribadito.
Taranto è in un certo senso città simbolo di questa sofferenza, data la presenza delle acciaierie con tutte le questioni collegate. “Ho visto con i miei occhi i volti di persone distrutte dalla contaminazione ambientale, soprattutto i bambini. Li ho visti ammalarsi di cancro a causa dell’inquinamento. Prima delle teorie o delle analisi socio-economiche c’è il dramma delle persone: è questa la grande sfida che ci viene dalla devastazione ambientale e dalla salvaguardia di un lavoro degno”. “La Settimana sociale – ha proseguito Santoro – vuole essere vicina ai problemi, alla vita della gente, e nello stesso tempo portare avanti un’interlocuzione con la società e con il Parlamento italiano, partendo dall’ascolto della realtà e dalle buone pratiche sul territorio e coinvolgendo i giovani sul tema della sostenibilità ambientale”.
Il tema del resto è stato studiato proprio per questo: “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso”. E anche le opere simbolo che verranno messe in atto per la Settimana Sociale vanno nella stessa direzione. La piantumazione di 50 platani, alberi che producono molto ossigeno, sarà effettuata in ricordo dei bambini morti a causa dell’inquinamento e per dare un contributo a ripulire l’aria. L’avvio di una cooperativa che riciclerà i materiali di scarto della coltivazione delle cozze, tipico prodotto tarantino, vuole essere un segno del coniugio su basi nuove tra lavoro e ambiente. Tra l’altro servirà a risanare anche il Mar Piccolo, è stato fatto notare.
“Siamo in un momento cruciale – ha spiegato Sergio Gatti, direttore generale di Federcasse e Vice presidente del Comitato -, perché ci sono risorse a disposizione (quelle del Pnrr, ndr), e anche se sono insufficienti rispetto ai bisogni, vanno spese in maniera efficace”. Per questo, ha aggiunto, la Settimana sociale di Taranto si porrà alcune domande semplici e fondamentali: che cosa c’è da fare? E che cosa c’è da scoprire? Infatti non partiamo da zero. Le buone prassi già in atto, che anche durante i lavori saranno illustrate (e alcune anche visitate dai delegati) sono lì a dimostrarlo”. A tal proposito, l’economista Leonardo Becchetti ha ricordato che in preparazione ai lavori ne sono state censite 271 in tutta Italia, con l’intento di metterle in rete, per continuare lo sviluppo. Becchetti ha perciò declinato alcune parole d’ordine della Settimana di Taranto. Generatività, in quanto si continuerà a lavorare su idee e proposte anche dopo il momento assembleare. Giovani, che saranno tra i protagonisti (in tal senso è stato notato che un terzo dei delegati è al di sotto dei 35 anni, un terzo donne e che tra le donne la maggior parte sono anche anch’esse sotto quella soglia di età). Alleanze, ad esempio tra imprese e amministrazioni, tra le diverse generazioni, tra parrocchie e diocesi. E poi la mentalità nuova per cercare di cambiare le cose dal basso. “Spesso chiediamo il cambiamento – ha detto Becchetti -, ma dobbiamo renderci conto che il cambiamento siamo noi. Le istituzioni, che sono tendenzialmente adattative e seguono il consenso, faranno cambiamenti seguendo i nostri comportamenti”. Tra gli altri l’economista ha richiamato il tema a lui caro del “voto con il portafoglio”, comprando prodotti di aziende che seguano buone prassi, come appunto l’essere “caporalato free”.
Tra i temi della Settimana sociale anche lo sviluppo del Mezzogiorno. Al Sud è destinato il 40 per cento delle risorse del Pnrr (“ma ne occorrerebbe il 70”, ha chiosato Santoro), senza contare altri 92 miliardi fondi strutturali. Tuttavia “dobbiamo imparare a spendere, e spendere bene, questi soldi”, ha detto Gatti, ricordando che finora si è riuscito a spendere solo la metà delle risorse che l’Ue ci metteva a disposizione. E Becchetti ha aggiunto: “L’Europa ci giudicherà anche su due criteri: addizionalità, cioè quante risorse aggiuntive di privati (le banche ad esempio) l’impiego di queste risorse avrà saputo creare, e impatto (anche ambientale)”.
In definitiva, è stato ricordato nel corso della conferenza stampa, Taranto sarà un laboratorio. “Non il traguardo – ha concluso Gatti -, ma una piattaforma. Ci interessa incidere e non fare solo un bel documento. E non a caso monsignor Santoro alla fine non tirerà delle conclusioni, ma delle ‘prosecuzioni’”.
“Quella che va superata è la mentalità del rancore, la mentalità della distruzione: è la mentalità che fa riferimento ad una mentalità fascista.”. Così mons. Filippo Santoro rispondendo ad una domanda sull’assalto alla Cgil, organizzazione sindacale cui il vescovo ha espresso “vicinanza e solidarietà”. “In questo momento – la sua esortazione – va superata una mentalità, e una prassi, violenta, distruttiva di tutto ciò che è contrario alla vita democratica. Serve un cambiamento di mentalità, altrimenti non se ne verrà mai fuori”.
Fonte: Mimmo Muolo – Avvenire