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Nel Sinodo – Il documento preparatorio

Terza tappa dell’analisi dei documenti pubblicati dal Vaticano per il Sinodo

Per continuare l’analisi del Documento preparatorio e comprendere le ragioni e le premesse da cui parte Papa Francesco nel dare l’avvio al Sinodo, conviene leggere il discorso pronunciato dallo stesso Papa il 18 settembre scorso rivolto ai fedeli della Diocesi di Roma, discorso con il quale ha annunciato l’inizio del processo sinodale in quella che è la sua Diocesi. Nel discorso ha sottolineato che “non si tratta di raccogliere opinioni, non è una inchiesta”, ma che il Sinodo – ha precisato – è “ascoltare e ascoltarsi”. Ha poi continuando affermando che “Il tema della sinodalità non è il capitolo di un trattato di ecclesiologia, e tanto meno una moda, uno slogan o il nuovo termine da utilizzare nei nostri incontri. No! La sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione”. Con queste parole il Papa intende precisare che la Chiesa e il cammino sinodale non sono un aspetto momentaneo della Chiesa, un titolo da aggiungere agli altri, ma aspetto fondante, il quale emerge con forza dalla storia stessa della Chiesa.

Il percorso storico

La Chiesa si è sempre espressa in forma sinodale, fin dalle sue origini, come dimensione costitutiva, e ha sempre utilizzato la forma sinodale, nel corso della storia, come occasione per affrontare e risolvere problemi. Già nel 325 viene indetto il primo “Concilio Ecumenico”, e così nel corso del primo millennio e ogni volta che si sono presentate questioni spinose: si pensi al Concilio di Trento, convocato in risposta alla Riforma protestante. Il Documento preparatorio, proprio in forza di questo percorso storico fa esplicito riferimento a quanto il cammino di costruzione della Chiesa sia storicamente legato fin dalle sue origini alla pratica sinodale, aggiungendo che anche nel secondo millennio non è venuto meno questo modo di procedere e quando si è dovuto procedere, per esempio, alla definizione di dogmi fondamentali, non è mai mancata la fase consultiva dei vescovi, per conoscere la fede di tutta la Chiesa, facendo ricorso all’autorità del sensus fidei di tutto il popolo di Dio, che è infallibile in credendo. Così è stato anche per i lavori del Concilio Vaticano II, con il quale per volontà di Papa Paolo VI viene istituito il Sinodo dei Vescovi.

Sia nel discorso del 18 settembre che nel Documento preparatorio si afferma dunque la natura sinodale della Chiesa e si sottolinea inoltre che tale struttura nasce già nel Vangelo, o meglio, ha origine nell’esempio offerto da Gesù stesso, nel suo modo di procedere e porsi come esempio. E al suo agire si riannoda quello che Papa Francesco definisce “il primo e più importante manuale di ecclesiologia”, il libro degli Atti degli Apostoli, che racconta la storia di un cammino che parte da Gerusalemme e attraversando la Samaria, la Giudea, la Siria e la Grecia arriva fino a Roma.

Gesù, la folla, gli Apostoli

Il Documento preparatorio, su queste premesse, cita due episodi su cui meditare, con i quali abbiamo concluso l’articolo nel numero precedente che sono illuminanti per comprendere il senso di questo cammino. La prima (o le prime) è la “scena comunitaria” che spesso si presenta nel cammino di evangelizzazione, la quale contiene sempre tre attori in gioco: il primo è Gesù, il protagonista, che prende l’iniziativa e sparge il seme attraverso la sua parola, senza mai dimenticare i “separati” da Dio, gli abbandonati dalla comunità. La sua parola offre liberazione dal male, ma anche risposte di accoglienza del Signore e soprattutto valorizzazione della singola persona. Il secondo attore è la folla, che rende concreta e possibile l’azione evangelizzatrice di Gesù, una folla dalla quale emergono significativamente figure di emarginati (la Samaritana, la Cananea) che sono i principali interlocutori di Gesù, poiché la Rivelazione non è rivolta solo a pochi prescelti, ma al popolo comune. Ci sono poi gli Apostoli, chiamati a mediare tra folla e Rivelazione. La loro scelta non è un privilegio, ma un atto che richiede molta responsabilità quando viene accettato, non è un mezzo per gestire il potere, ma il segno della custodia del messaggio di Gesù. Nel circolo formato da questi tre attori, nessuno dei quali può venire a mancare, si innesta la storia e il senso della esistenza della Chiesa, anche quando al suo interno cerca di insinuarsi un quarto elemento divisivo: il male, l’insidia che porta contrasto.

Pietro e Cornelio

Il secondo episodio che ci presenta il Documento è la conversione di Cornelio (At 10). Cornelio è un pagano, un centurione romano dedito però alla preghiera e all’elemosina. È cioè un uomo che coltiva una buona relazione con Dio e si prende cura del prossimo, ma è, diremmo oggi, un ‘extracomunitario’. Tuttavia è a lui che l’angelo appare per convertirlo, sebbene lui opponga resistenza. La scena descritta negli Atti ha il parallelo con l’episodio simile che capita a Pietro, che a sua volta deve superare i suoi pregiudizi e accettare la conversione di un pagano. L’intento dell’Evangelista Luca è di far comprendere che il Vangelo è destinato a tutti, che il Signore cerca ogni uomo e che la Chiesa deve mettersi sulla strada di ogni uomo, superando ogni barriera. Pietro è costretto a rinunciare ai suoi pregiudizi e la Chiesa delle origini si aprirà in tal modo a tutti i popoli, mettendosi in gioco, rinunciando alle tante prescrizioni alimentari e relazionali che limitavano la sua esistenza, imparando a coltivare l’ascolto e a comprendere la diversità. Continua

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