Continua la catechesi del Papa sullo Spirito Santo: «San Paolo esorta i cristiani a camminare secondo lo Spirito Santo. C’è uno stile: camminare secondo lo Spirito Santo. In effetti, credere in Gesù significa seguirlo, andare dietro a Lui sulla sua strada, come hanno fatto i primi discepoli. E significa nello stesso tempo evitare la strada opposta, quella dell’egoismo, del cercare il proprio interesse, che l’Apostolo chiama «desiderio della carne».
Lo Spirito è la guida di questo cammino sulla via di Cristo, un cammino stupendo ma anche faticoso, che comincia nel Battesimo e dura per tutta la vita. … Paolo, dopo aver fatto sentire in modo severo la sua voce, invita i Galati a farsi carico ognuno delle difficoltà dell’altro e, se qualcuno dovesse sbagliare, a usare mitezza.
Ascoltiamo le sue parole: “Fratelli, se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi, che avete lo Spirito, correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu. Portate i pesi gli uni degli altri”. Un atteggiamento ben differente dal chiacchiericcio; no, questo non è secondo lo Spirito. Secondo lo Spirito è avere questa dolcezza con il fratello nel correggerlo e vigilare su noi stessi con umiltà per non cadere noi in quei peccati».
Il Serafico Padre Francesco d’Assisi aveva un cuore che ardeva dal desiderio di attuare la Parola di Dio, camminando secondo i suggerimenti dello Spirito Santo, dando frutti di umiltà, mitezza, carità, perdono, amore incondizionato. Il suo biografo Tommaso da Celano lo ricorda così: “Quanto era incantevole, stupendo e glorioso nella sua innocenza, nella semplicità della sua parola, nella purezza di cuore, nell’amore di Dio, nella carità fraterna, nella prontezza dell’obbedienza, nella cortesia, nel suo aspetto angelico!
Di carattere mite, di indole calmo, affabile nel parlare, cauto nell’ammonire, fedelissimo nell’adempimento dei compiti affidatigli, accorto nel consigliare, efficace nell’operare, amabile in tutto. Di mente serena, dolce di animo, di spirito sobrio, assorto nelle contemplazioni, costante nell’orazione e in tutto pieno di entusiasmo. Tenace nei propositi, saldo nella virtù, perseverante nella grazia, sempre uguale a sé stesso.
Veloce nel perdonare, lento all’ira, fervido di ingegno, di buona memoria, fine nelle discussioni, prudente nelle decisioni e di grande semplicità. Severo con sé, indulgente con gli altri (FF 464). Nelle Lettere che lui scrive ai suoi frati, soprattutto ai ministri che hanno compiti di responsabilità, il santo suggerisce come devono comportarsi verso chi sbaglia: «A frate N… ministro. Il Signore ti benedica! …
E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se ti diporterai in questa maniera, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli» (FF 235).
Papa Francesco conclude il discorso con questa esortazione paterna: «Ama sempre. La regola suprema della correzione fraterna è l’amore: volere il bene dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Si tratta di tollerare i problemi degli altri, i difetti degli altri in silenzio nella preghiera, per poi trovare la strada giusta per aiutarlo a correggersi. E questo non è facile. La strada più facile è il chiacchiericcio. “Spellare” l’altro come se io fossi perfetto. E questo non si deve fare. Mitezza. Pazienza. Preghiera. Vicinanza. Camminiamo con gioia e con pazienza su questa strada, lasciandoci guidare dallo Spirito Santo».