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Commento al Vangelo Lc 3,1-6

Nel caotico mondo descrittoci da Luca domenica scorsa, l’evangelista comincia il suo vangelo facendo un po’ di ordine. Ci siamo lasciati così la scorsa settimana, chiedendo alla nostra storia un po’ di ordine, lei che sembra andare a rotoli ma che invece sta rotolando nelle braccia di Dio. In questo tempo di Avvento, in questa seconda domenica, Luca, dopo che ci ha ricordato di alzare lo sguardo, comincia a fare ordine.

Egli inizia il suo Vangelo introducendolo, dicendo che lui è uno serio, che lui si è informato, che lui non corre dietro alle fake news, alle opinioni, o non sintetizza con un Tweet questioni complesse. In effetti è credibile quando descrive chi sta comandando, descrive il periodo storico quando la parola irrompe su Giovanni Battista e parla di questo, di quello, di Licinio, di Cesare Augusto; è un po’ come se oggi dicesse: nel momento in cui in America spadroneggiava questo tizio, in Korea quest’altro, in questo momento in cui il governo che abbiamo è gialloverderosso, in tutto questo irrompe la parola, entra la parola, la parola non si posa su questa gente, non si posa sul potente di turno, non si posa sui grandi soloni, sui grandi nomi né su quelli che nella nostra vita sono punti di riferimento; ecco la parola non riposa lì, non si posa lì, ma si posa su uno che vive solo nel deserto, su un profeta un po’ estremista, un po’ discutibile, un profeta consumato dal vento, un profeta che ha vissuto e visto tante cose e che ha scelto di stare dalla parte di Dio; lì si posa, lì si posa.

Cosa significa allora alzare lo sguardo? Significa imparare a rintracciare dove la parola di Dio scende in questa storia, non in una parallela, dove scende nella mia storia, in quali contraddizioni scende, in quali mie scelte scende, in quale guazzabuglio di cose strane che è la nostra vita scende. Impara a rintracciare la parola di Dio che scende su qualcuno; ed è qualcosa che ci emoziona perché esattamente è il compito che siamo chiamati a fare in questo tempo di Avvento, a rintracciare la Parola. Guardatevi un attimo intorno: già il consumismo e la frenesia di addobbare il Natale è iniziato; in questo grande mondo contraddittorio la parola scende su qualcuno di microscopico, minuscolo di non dentro questa logica che oggi è Giovanni Battista.

Ed è bellissimo, è magnifico quello che Giovanni chiede alle persone che vengono verso di lui, che è esattamente quello che siamo chiamati a fare, cioè dei lavori in corso. È come dire: “Guarda che ci vuole un po’ di fatica per accorgersi della parola, proprio perché non è altisonante, proprio perché non si affida e non si fida di personaggi straordinari, non è in testa alle classifiche, la parola ha bisogno di un’attenzione perché altrimenti rischiamo di non vedere!”. Allora ci sono dei lavori in corso da fare e dice Giovanni che se li è segnati con la voce di uno che grida nel deserto: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri, ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle siano abbassati”. Citando il profeta Isaia che parla del ritorno dei deportati in Babilonia, ci dice come fare per prepararci a questo ennesimo Natale perché non sia il solito Natale, perché non sia la solita festa, bella, un po’ zuccherosa, per certi un po’ insopportabile, ma sia qualcosa di diverso.

Come facciamo a riconoscere questa Parola? Anzitutto raddrizzando i sentieri, cioè allineando i nostri pensieri, facendo non i giri di testa che a volte ci rovinano la vita (parlo di me): Dio viene, accoglilo. E poi, e qui è interessante, riempire i burroni, riempire gli avvallamenti, gli affossamenti, ovviamente quelli che portiamo nel cuore; ciascuno di noi ha dei buchi nel cuore, nella propria anima, dei crateri, un amore non vissuto o non essere amato, non sentirsi all’altezza, un limite, una rabbia; questi vanno colmati.

Una volta che hai individuato i buchi che ci sono nella tua vita, non c’è bisogno di passare il tempo a guardarti, mettici un recinto intorno per non caderci dentro e poi vai avanti perché questo bisogna fare. E la terza cosa è abbassare i monti. Questo significa togliere dalla tua vita questa idea di egocentrismo, di vittimismo totalizzante che a volte portiamo nel cuore. Insomma quello che chiede Giovanni a quelli che vanno a cercare questa parola che si insinua nel deserto è: “Semplificati la vita!”.

È nella tua mano questo, è nel tuo modo di vedere le cose; allora sarai in grado non di salvarti ma di essere salvato, di essere raggiunto, di essere accompagnato in quello che fai. È bellissima, da questo punto di vista, la testimonianza che ci dà il profeta Baruc. Baruc sta parlando a un popolo che è in esilio cioè ad un popolo che non immagina niente più, non sanno neanche come possa accadere; essi vedono solo le sventure, come noi che vediamo solo le parrocchie in difficoltà, preti sempre più distanti anche un po’ più demotivati, qualche scandalo che esce sempre fuori, vediamo che non si arriva alla fine del mese, vediamo che la gente riduce le proprie città a un immondezzaio, vediamo questa violenza latente, questo troglodita che c’è in noi che sta emergendo; ma Baruc va oltre e dice che questo è un popolo che tornerà, ricostruirà, rifarà e credo che sia qualcosa di straordinario che ci può aiutare nel nostro percorso di vita.

Eccoci allora di nuovo in questo tempo di Avvento, in questi lavori in corso che continuamente siamo chiamati a fare. Anno dopo anno rileggiamo gli stessi Vangeli e non so in voi ma dentro di me risuonano in maniera diversa perché io non sono il Cristian che ha vissuto il Natale dello scorso anno. Penso a Gesù che dice che tutto passa ma le sue parole rimangono; penso a quanto sia bello che Dio anche quest’anno mi dà la possibilità di lavorare un po’ sulla nostra vita, di provare a semplificare il pensiero, di renderlo, come dire, più orientato verso Dio, di colmare i nostri crateri, le nostre paure, i nostri dubbi, per abbassare i monti dell’orgoglio, per vedere la salvezza del Signore.

È l’augurio che vi faccio in questo cammino di Avvento, in questa seconda domenica!

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