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Siate più sociali e non solo molto social

Così il Papa nel messaggio di congedo ai giovani ateniesi a conclusione del suo viaggio pastorale in Grecia

“Siate più sociali e non solo molto social”. Meravigliosa la nostra lingua italiana. Basta una vocale, aggiunta ad un termine inglese, per riportare una parola al suo autentico significato. La frase l’ha detta il Papa, nell’incontro coi giovani di una scuola greca (San Dionigi delle Suore Orsoline) a conclusione del suo viaggio a Cipro e in Grecia.

Il nostro Pontefice ci stupisce sempre: al passo coi tempi, social anche lui se affida quotidianamente a Twitter molti dei suoi messaggi. Come a dire: i tempi cambiano non possiamo fare a meno di questi strumenti, ma allo stesso tempo puntualizza la socialità, la relazione interpersonale che non va mai trascurata. Lui stesso potrebbe affidarsi solo a questi mezzi di comunicazione di massa senza scomodarsi per mettersi in viaggio. E invece no, bisogna alzarsi, bisogna andare, bisogna mettersi in viaggio e in gioco, ogni giorno. E le sceglie bene le sue mete! Per svegliare le coscienze dormienti della vecchia signora, l’Europa, che per modernizzarsi ad ogni costo e con la fisima dell’inclusione di tutti, per non offendere qualcuno, rinnega, anzi continua a rinnegare, da diversi anni a questa parte, le proprie radici cristiane. Al limite del ridicolo il tentativo di abolire addirittura l’augurio di “Buon Natale”, perché qualcuno potrebbe sentirsi escluso. Basterebbe leggere la stupenda poesia di Santa Teresa di Calcutta, per capire lo spirito di questo augurio: È Natale ogni volta che sorridi a un fratello e gli tendi la mano./ È Natale ogni volta che rimani in silenzio per ascoltare l’altro/ È Natale ogni volta che non accetti quei principi che relegano gli oppressi ai margini della società./ È Natale ogni volta che speri con quelli che disperano nella povertà fisica e spirituale.…… Più inclusivo di così.

Ma evidentemente in Europa ci sono troppi che non capiscono o non vogliono capire: purtroppo stiamo smarrendo il senso della ragione, anzi peggio, stiamo smarrendo noi stessi. E lo ha ribadito con forza il Papa agli studenti ateniesi nel suo messaggio di congedo, prima di ripartire per Roma. Francesco dopo avere riconosciuto nella cultura occidentale il ruolo fondamentale svolto dalla lingua e dalla cultura greca che ci ha regalato la filosofia, la politica, la democrazia, rivolgendosi proprio ai giovani, ha detto: “Ricordate le famose parole incise sul frontone del tempio di Delfi? “Conosci te stesso”. Oggi c’è il rischio di scordare chi siamo, ossessionati da mille apparenze, da messaggi martellanti che fanno dipendere la vita da come ci vestiamo, dalla macchina che guidiamo, da come gli altri ci guardano… Ma quell’invito antico, conosci te stesso, vale ancora oggi: riconosci che vali per quello che sei, non per quello che hai….Non vali per la marca del vestito o per le scarpe che porti, ma perché sei unico, sei unica”. E si è messo a disposizione, ha voluto ascoltare le testimonianze di alcuni giovani, incoraggiandoli a nutrire il coraggio della speranza, a non seguire gli “azzeratori di sogni”, i sicari della speranza, con le loro litanie tipo: “Lascia perdere, non rischiare, è inutile”. E invece no. Bisogna rischiare, scegliere, anche se la scelta è una sfida. “ E’ sfidare la paura dell’ignoto, è uscire dalla palude dell’omologazione, è decidere di prendere in mano la vita….Siate più sociali e non solo molto social…. Non accontentarti di pubblicare qualche post o qualche tweet. Non accontentarti di incontri virtuali, cerca quelli reali, soprattutto con chi ha bisogno di te: non cercare la visibilità, ma gli invisibili. Questo è originale, rivoluzionario”. “È vero, – ha detto a un certo punto – servire gli altri è la via per conquistare la gioia! Dedicarsi agli altri non è da perdenti, è da vincenti; è la via per fare qualcosa di veramente nuovo nella storia”.

Non meno significativi i temi esposti nell’omelia allo stadio di Nicosia, durante la quale ha affermato: “Dobbiamo imparare a portare insieme le ferite”. E’ in fondo una sintesi della sua enciclica ‘Fratelli tutti’, perché ciascuno di noi ha le sue ferite e, condividendole, sentiamo di non essere più soli. Ancora una volta l’invito ad accogliere e ad aprirsi ai rifugiati e ai migranti che si sentono soli e abbandonati. E non sono solo parole, le sue. Il Pontefice ha dato prova, durante tutti questi anni, che voleva una Chiesa autentica, povera per i poveri, accogliente, vicina, in cammino. E lo sta facendo quotidianamente non solo con le parole ma con i fatti. Questo è, infatti, il suo trentacinquesimo viaggio apostolico, nel cuore del Mediterraneo, in due Paesi di antica tradizione ecclesiale ed ecumenica, di approdo di migranti col loro carico di speranze e di volontà di riscatto. Significativa la sosta sull’isola di Lesbo a esprimere il desiderio di rinascita di chi non ha più una patria e per offrire all’Europa l’opportunità di mostrare un volto più accogliente e umano.

L’Unione Europea da un sogno, a una speranza, a una realtà? Gli Americani la definiscono un gigante economico e un nano politico e forse tutti i torti non hanno. Ma si può ancora affermare che ciò che contraddistingue gli europei è la “materia grigia” cioè l’intelligenza, il pensiero? Lo stesso Papa Francesco ha riconosciuto che la Grecia è il Paese che “può essere definito la memoria d’Europa”, “Qui è nata la democrazia, ma oggi è in pericolo”, minacciata da un «autoritarismo sbrigativo», dai populismi, da «società, preoccupate della sicurezza e anestetizzate dal consumismo»; forme che portano facilmente a una sorta di “scetticismo democratico”. E quindi, per il Papa, trascinano a un “arretramento della democrazia”. Ed ha continuato affermando che è necessario un cambio di passo, smettere di diffondere e fomentare paure amplificate dalla comunicazione virtuale, smetterla di contrapporsi agli altri. Finiamola di parteggiare e impegniamoci a “partecipare” a coinvolgerci attivamente per la promozione di tutti. Un bel messaggio di coraggio e di speranza, in questi tempi di oscurità nei cuori e nelle menti…Ma non perdiamo la speranza che prima o poi ci si ravveda. Sant’Agostino diceva: “La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose e il coraggio per cambiarle”. Lo diceva tanto tempo fa, ma penso che anche noi oggi un po’ di rabbia l’abbiamo nel vedere come vanno le cose. Ma noi, da credenti credibili, sull’esempio del nostro Pontefice e facendo tesoro delle sue parole, ripetiamo con Don Ciotti “ Siamo qui per trovare dentro di noi il coraggio di vedere come le cose potrebbero andare nonostante tutto. Con lucidità e intelligenza nella ricerca della verità, guardando alla realtà che ci circonda in modo attento e puntuale ma anche con la forza di guardare oltre e costruire nuovi percorsi”.

di Caterina La Torella

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