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Un santo che ci parla ancora

Si conclude l’anno dedicato a san Giuseppe

II biblista e mariologo padre Alberto Valentini riflette sul significato delle testimonianza del padre putativo di Gesù e su che cosa hanno significato questi 12 mesi

Si è concluso, nel giorno in cui si celebra la solennità dell’Immacolata Concezione, l’Anno speciale dedicato a san Giuseppe. Era infatti l’8 dicembre del 2020 quando, in piena pandemia, papa Francesco istituiva un Anno speciale dedicato al padre putativo di Gesù attraverso la Lettera apostolica Patris Corde («Con cuore di padre»). Un evento quello di questo giubileo pensato dal Vescovo di Roma per celebrare un importante anniversario: i 150 anni dalla proclamazione del santo a patrono della Chiesa universale da parte del suo predecessore il papa e beato Pio IX attraverso il decreto Quemadmodum Deus (era l’8 dicembre del 1870). «È stato un anno carico di significati – spiega il biblista e mariologo il missionario monfortano Alberto Valentini – che ci ha permesso di vivere questo periodo come un tempo di grazia nonostante i tempi difficili causati dall’emergenza sanitaria».

L’“anno giuseppino” grazie a un decreto promulgato ad hoc dalla Penitenzieria apostolica ha inoltre permesso di ottenere il dono di speciali indulgenze durante il Covid-19. «Penso in particolare a quanto siano stati significativi i giorni tradizionalmente dedicati alla memoria dello sposo di Maria, come il 19 marzo e il Primo maggio che ci riporta alla sua figura di artigiano tanto cara al venerabile Pio XII. Queste giornate hanno consentito a molti anziani e non solo di ottenere il particolare dono di queste indulgenze».

Un tempo quello di questo anno come momento di grazia ma anche di guarigione da tante ferite esistenziali e non solo. «In una società laicizzata e indifferente come la nostra – è l’argomentazione del biblista esperto soprattutto nel commento al canto del Magnificat – la sua figura emerge per alcune caratteristiche di tipo antropologico e sociale; basti pensare a quella di essere un padre, un uomo giusto, una persona per bene».

E annota un particolare: «È un peccato che proprio in un tempo difficile come quello della pandemia non sia stato riscoperto da tanti fedeli come il patrono della buona morte». Una buona bussola particolare per orientarsi in questo anno completamente dedicato alla figura di Giuseppe – a giudizio di padre Valentini – è stata proprio la Lettera apostolica Patris Corde. Un testo che ha aiutato tanti a riscoprire le piccole verità del Vangelo. «Mi ha colpito l’approccio biblico di questo documento, fondato sui racconti dell’infanzia, contenuti nei primi capitoli di Matteo e Luca. L’intento di questa Lettera è stato quello di raggiungere non solo i credenti ma ogni persona sensibile all’interno della Chiesa e della società di oggi».

Che cosa lascia una figura così singolare e “nascosta”, “silente” come Giuseppe all’uomo di oggi? «La sua vita come quella di Gesù e di Maria – è la riflessione dello studioso già discepolo dei due grandi esegeti Lyonnet e Vanhoye, per anni docente alla Gregoriana e alla Pontificia facoltà teologica Marianum di Roma – è paradossale, fatta di grandezza dinanzi a Dio e di povertà, umiltà, nascondimento agli occhi del mondo. Benché egli sia, soprattutto nel racconto di Matteo, il responsabile della Sacra Famiglia, egli è interamente al servizio del Bambino e di sua Madre». E proprio su questa figura biblica aggiunge un dettaglio singolare: «È il discendente del trono regale di Davide, l’ultimo anello della genealogia – con la quale si apre il Nuovo Testamento – che, partendo da Abramo e da Davide, si conclude con “Giuseppe lo sposo di Maria”. È il padre giuridico e ufficiale del Messia davidico e Figlio di Dio».

Un personaggio guarda caso molto amato, quasi privilegiato dai mistici. «Tanti contemplativi si sono affidati spontaneamente a lui. Vengono in mente a questo proposito le parole di Teresa d’Avila: “Ad altri sembra che Dio abbia concesso di soccorrerci in questa o quell’altra necessità, mentre ho sperimentato che il glorioso san Giuseppe estende il suo patrocinio su tutte».

Ma il religioso monfortano si sofferma su Giuseppe sposo della Madonna. «Una certa tradizione penso al Protovangelo di Giacomo e ai testi apocrifi ci consegnano la figura di Giuseppe come uomo anziano e dalla candida barba, scelto per questo come custode della Vergine. Ma questo non è il Giuseppe del Vangelo. Il giovane sposo ha condiviso con Maria il mistero della nascita del Figlio di Dio dal quale è stato profondamente riamato. Fa veramente parte di un progetto di amore e di grazia che condivide con Maria».

Fonte: Filippo Rizzi – Avvenire

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