Invito di Papa Francesco ad essere instancabili costruttori di speranza tra le quotidiane rovine del mondo: Emergenze ambiente e povertà.
Dobbiamo superare la tentazione d’occuparci solo dei nostri problemi
Nella Giornata Mondiale dei poveri, Papa Francesco ha sottolineato che siamo tutti chiamati “ad assorbire l’inquinamento che ci circonda e a trasformarlo in bene: non serve parlare dei problemi, polemizzare, scandalizzarci – questo lo sappiamo fare tutti -; serve imitare le foglie, che senza dare nell’occhio ogni giorno trasformano l’aria sporca in aria pulita”. Gesù ci vuole “convertitori di bene… persone che, immerse nell’aria pesante che tutti respirano, rispondono al male con il bene. Persone che agiscono: spezzano il pane con gli affamati, operano per la giustizia, rialzano i poveri e li restituiscono alla loro dignità, come ha fatto quel samaritano”.
C’è un male profondo, trasversale, nella società di oggi, che non risparmia nemmeno la Chiesa: l’indifferenza. È una tentazione che siamo chiamati a superare.
Ecco una parola, che fa germogliare la speranza nel mondo e solleva il dolore dei poveri: la tenerezza. Sta a noi superare la chiusura, la tentazione di occuparci solo dei nostri problemi, per intenerirci dinanzi ai drammi del mondo, per compatire il dolore. A noi cristiani, esorta il pontefice, è chiesto “di essere, tra le quotidiane rovine del mondo, instancabili costruttori di speranza, di essere luce mentre il sole si oscura”.
Gesù, martire per eccellenza, non è venuto per essere servito, ma per servire. Scrive San Paolo, egli mi ha amato e ha consegnato sé stesso per me. Se dobbiamo amare per Dio, dobbiamo appassionarci per l’uomo, appassionarci al servizio e all’uomo che soffre. Essere santi.
Chi ama la propria vita, la perde. Cosa significa essere chicco di grano? significa pensare meno a sé stessi, agli interessi personali, saper vedere e andare incontro al bisogno del nostro prossimo, specialmente degli ultimi. I martiri hanno preferito morire per non rinnegare il Signore, perché forte era la fede nella vita eterna.
Fare memoria di un santo o di una santa, non è solo ricordare una persona vissuta nel passato, ma è mettersi in comunione con lui o con lei. Canonizzando una persona, la Chiesa ci assicura che è stata accolta nella gloria dei santi, diventando nostra intercessione.
E la Chiesa di Pozzuoli si è fermata come canonizzazione dei suoi membri al quarto secolo. Il 15 maggio sarà proclamato santo don Giustino Russolillo, presbitero, ordinato nel duomo di Pozzuoli, originario di Pianura dove è stato parroco. Dopo tanti secoli, un’altra persona ci è posta davanti come modello. Ringraziamo Dio perché ci ha donato questo santo e c’impegniamo a conoscerlo meglio.
Papa Francesco chiede a ciascuno di noi di “essere testimoni di compassione mentre attorno regna la distrazione; di essere amanti e attenti nell’indifferenza diffusa. Testimoni di compassione. Noi non potremo mai fare del bene senza passare per la compassione. Al massimo faremo cose buone, ma che non toccano la via cristiana perché non toccano il cuore”.
Ancora, Bergoglio ci ricorda che “è bella, evangelica e giovane una Chiesa che esce da sé stessa e, come Gesù, annuncia ai poveri la buona notizia… è giovane una Chiesa così; la giovinezza di seminare speranza. Questa è una Chiesa profetica, che con la sua presenza dice agli smarriti di cuore e agli scartati del mondo: Coraggio, il Signore è vicino, anche per te c’è un’estate che spunta nel cuore dell’inverno. Anche dal tuo dolore può risorgere speranza”.
Il Papa ha sottolineato che le sofferenze dei poveri non potranno essere sollevate “se la nostra speranza non si traduce in scelte e gesti concreti di attenzione, giustizia, solidarietà, cura della casa comune, l’economia dello scarto che li costringe a vivere ai margini non potrà essere convertita, le loro attese non potranno rifiorire”. Richiamando don Tonino Bello, ha ricordato che ai cristiani è chiesto di “organizzare la speranza” e di “tradurla in vita concreta ogni giorno, nei rapporti umani, nell’impegno sociale e politico”.
Il Natale c’invita a far memoria di un evento, che pur se avvenuto nel silenzio e nella distrazione dei potenti, ha dato una svolta alla storia degli uomini tanto da calcolare il tempo prima della nascita di Gesù Cristo e dopo la sua nascita. Dio ha inviato suo Figlio, che ha condiviso fino in fondo la nostra storia, “preferendo” i poveri. Dalla nascita nell’umiltà di Betlemme fino alla sua morte in croce, nudo e abbandonato da tutti nella massima povertà, la cifra per leggere la vita di Gesù è l’amore che si fa misericordia, tenerezza, dono di sé, solidarietà, condivisione, servizio. Egli ha voluto condividere anche l’esperienza della morte, che tutti ci accomuna, è entrato in essa e l’ha sconfitta, aprendo orizzonti sulla vita eterna!
Il messaggio del Natale è soprattutto questo: Dio ci ha tanto amato da donarci suo Figlio, che giungerà per amore a dare la sua vita per noi! Come non lasciarci avvolgere da questo amore e fare della nostra vita un “dono” di amore a Dio e ai fratelli?
La memoria della nascita di Gesù ci spinga a fare della nostra vita un dono e ad essere costruttori di una “cultura del dare”, consapevoli, come dice un detto attribuito a Gesù, che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.
Sereno Natale a tutti!
† Gennaro, vescovo
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