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Per la nostra rubrica “Una Storia al Mese” vi portiamo in Inghilterra, con una storia natalizia scritta ed illustrata da Beatrix Potter: «Al tempo delle spade delle parrucche e delle mantelline a balze, viveva nella città di Gloucester un sarto.

Dalla mattina alla sera sedeva nel suo negozietto e per tutto il giorno cuciva e tagliava, giuntando raso, lucida seta e pompadour. Ma benché per gli altri cucisse stoffe pregiate, lui era invece molto povero. Un freddissimo giorno, poco prima di Natale, il sarto cominciò a fare una giacca di seta a coste, color ciliegia, per il sindaco della città.

Terminato il lavoro del giorno, uscì dal negozio, camminando a fatica nella neve fino a casa. Viveva con il suo gatto, Simpkin: «Caro Simpkin», disse il sarto, «forse faremo fortuna, ma per il momento mi sento uno straccio. Prendi questi quattro soldi, sono gli ultimi: compra un soldo di pane, uno di latte e uno di salsicce…

Ah dimenticavo! Con l’ultimo soldo comprami una matassina color ciliegia; ma non perderla, o sarò spacciato perché non ho più filo!». Simpkin prese i soldi e uscì nel buio. Il sarto si sentiva assai stanco e anche malato. Sedette presso il focolare parlando tra sé della splendida giacca, ma ad un certo punto udì dei curiosi rumori provenire dalla credenza: «E adesso, cosa succede?» si chiese, balzando dalla sedia.

La credenza era stipata di servizi di porcellana e tazze da tè. Il sarto sollevò una delle tazze che era capovolta: ne saltò fuori una vivace topolina che gli fece un inchino, che poi balzò giù dalla credenza! «Ma è troppo strano!», esclamò il sarto, e andò a sollevare un’altra tazza: ne uscì un’elegante topolino che gli fece una riverenza! Da sotto a tutte le tazze sbucarono altri topi; il sarto disse, allora, tra sé: «Sarà giusto lasciar andare questi topolini, che spetterebbero indiscutibilmente a Simpkin?».

Quando Simpkin tornò, il sarto gli chiese: «Dov’è il mio filo?», ma quello reclamava la sua cena a base di piccoli topi grassi! Simpkin, arrabbiato, nascose in segreto il filo nella teiera, soffiando e miagolano contro il sarto. Se fosse stato capace di parlare avrebbe chiesto: «Dov’è il mio topo?!». «Povero me, sono perduto! », esclamò il sarto, e se ne andò a letto disperato. Rimase a letto ammalato per tre giorni e tre notti. Che ne sarebbe stato della giacca color ciliegia? Ed ecco era la Vigilia di Natale: a notte fonda tutta la città giaceva addormentata sotto la neve.

Solo Simpkin era sveglio, mentre continuava a cercare disperatamente i suoi topi, miagolando. Ma la leggenda vuole che tutti gli animali possano parlare nella notte tra la Vigilia e il mattino di Natale (benché siano pochi quelli che riescano a sentirli e a capire quel che dicano).

Da tutte le vecchie case di legno di Gloucester giunse il suono di mille voci liete che intonavano gli antichi canti di Natale; e benché fosse mezzanotte anche i tordi e i pettirossi si misero a cantare. L’aria era piena di motivetti e cinguettii: che provocazione per il povero Simpkin, così affamato!

Udendo tutto ciò, uscì fuori vagando nella neve, giungendo fino al negozio del sarto. Ad un certo punto, dalle finestre vide i topolini indaffarati a cucire, mentre anche loro cantavano… «Miaooo, miaoooooo!!!», li interruppe, grattando alla porta; ma la chiave era sotto al cuscino del sarto e Simpkin non poté entrare. I topolini si misero a ridere; Simpkin si inferocì ancora di più! Se ne andò dal negozio a casa meditando fra sé. Trovò il povero vecchio sfebbrato, che dormiva.

Poi andò in punta di piedi a togliere la matassina di seta dalla teiera; si vergognava della sua cattiveria, di fronte alla generosità dei topi. Quando al mattino il sarto si svegliò, la prima cosa che vide sulla sua trapunta fu la matassa di seta color ciliegia, e accanto a letto Simpkin tutto contrito! «Ahimé», esclamò il sarto, «ho il mio filo, ma non ho più la forza, né il tempo per fare una sola asola; perché ormai è la mattina di Natale e il sindaco si sposerà a mezzogiorno, e dov’è la sua giacca color ciliegia?». Si vestì, e uscì in strada con Simpkin.

Arrivato al suo negozio il sarto aprì la porta, e sulla tavola… «Che gioia!», esclamò: lì dove aveva lasciato degli scampoli giaceva la più splendida giacca che fosse mai stata indossata! Da qui cominciò la fortuna del sarto di Gloucester, che ritornò anche in buona salute! Cucì i più bei panciotti per tutti i facoltosi mercanti della città e i più raffinati gentiluomini della contea.

Le rifiniture delle sue asole erano così precise: come possono venir cucite da un vecchio con le dita rattrappite?! I punti di queste asole erano così piccoli, ma così piccoli, come poteva farli solo un topolino!».

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