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Sappiamo che non ci può essere il corpo, se prima non è santificato dalla Parola

La Parola di Dio nella vita di San Francesco

La III domenica del tempo ordinario (quest’anno il 23 gennaio) si celebra la domenica della Parola di Dio, istituita da papa Francesco per dare risalto alla Sacra Scrittura nella vita della Chiesa. Vi proponiamo un breve saggio sull’importanza che tale Parola ha per San Francesco.

La conversione di San Francesco riguardo la Sacra Scrittura ha significato il passaggio dal concetto culturale al concetto biblico, e cioè ad intenderla come il libro di vita. Ugualmente, il legame tra la Parola di Dio e i sacramenti è chiaramente evidente in lui. Nella Lettera ai fedeli (seconda redazione), dove la Parola di Dio è inseparabilmente legata alla persona di Cristo e allo Spirito Santo, scrive: A tutti i cristiani… Poiché sono servo di tutti, sono tenuto a servire tutti e ad amministrare le fragranti parole del mio Signore. … mi sono proposto di riferire a voi, mediante la presente lettera e messaggio, le parole del Signore nostro Gesù Cristo che è il Verbo del Padre, e le parole dello Spirito Santo, che sono spirito e vita. […] E tutti dobbiamo sapere fermamente, che nessuno può essere salvato se non per mezzo delle sante parole e del sangue del Signore nostro Gesù Cristo, che i Chierici pronunciano, annunciano e amministrano. Ed essi soli devono esserne ministri e non altri (2Lf 1-3; 34-35).

Generalmente si può affermare che lui si mette di fronte alla Parola come di fronte all’eucaristia e che serve la Parola come servisse l’Eucaristia. Al centro di tale intesa vi è una sola motivazione: San Francesco ha un concetto sacramentale della Parola di Dio. Come nell’eucaristia, nella Parola è ubicata la viva presenza di Cristo. Nella prima Lettera ai custodi ordina che la Sacra Scrittura sia venerata come il Corpo di Cristo: Vi prego, più che se riguardasse me stesso, che, quando vi sembrerà conveniente e utile, supplichiate umilmente i chierici che debbano venerare sopra ogni cosa il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e i santi nomi e le parole di lui scritte che consacrano il corpo (1Lcus 2). Questo brano rivela pure la profonda unione spirituale tra la Parola di Dio e l’Eucaristia, che San Francesco sente da sempre.

San Francesco rivela di possedere una sublime teologia riguardante il significato della Parola in relazione con i sacramenti: Molte cose infatti sono santificate mediante le parole di Dio, e in virtù delle parole di Cristo si compie il sacramento dell’altare (Lord 37). Facciamo attenzione, noi tutti chierici, al grande peccato e all’ignoranza che certuni hanno riguardo al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e ai santissimi nomi e alle sue parole scritte, che santificano il corpo. Sappiamo che non ci può essere il corpo, se prima non è santificato dalla Parola. Niente infatti possediamo e vediamo corporalmente nel secolo presente dello stesso Altissimo, se non il corpo e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali siamo stati creati e redenti «da morte a vita» (1 Lch 1-3).

Conosciamo l’episodio in cui San Francesco apre il Vangelo e poi mette in pratica ciò che ha sentito. Sembra che nella Parola, senza nessun dubbio, scorgesse l’agire di Dio… Ovviamente! Per San Francesco, rifugiarsi nel Signore significa recarsi alla sua Parola, che è allo stesso momento il segno del corpo di Cristo (Incarnazione ed Eucaristia), nonché la realizzazione della Sua reale presenza. Tutta la vita del santo è segnata dalle consultazioni del libro del Vangelo, inteso e accolto come la Parola di Cristo vivo. L’apertura del Vangelo si ripete nei momenti cruciali dove deve prendere delle decisioni.

La sua conoscenza della Sacra Scrittura e specialmente del Vangelo (248 citazioni dell’AT e 426 del NT, di cui 268 dai Vangeli), il discernimento e la riconoscenza dell’estremo valore dei testi biblici, la stima verso di essi, lo guidò alla testimonianza e alla richiesta lasciata nel Testamento: E i santissimi nomi e le parole di lui scritte, dovunque le troverò in luoghi indecenti, voglio raccoglierle, e prego che siano raccolte e collocate in luogo decoroso. E tutti i teologi e quelli che amministrano le santissime parole divine, dobbiamo onorarli e venerarli come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita (2Test 12-13). Nella Sacra Scrittura l’Assisiate privilegia il Nuovo Testamento particolarmente il Vangelo, che sempre e unicamente menziona al singolare, poiché nei diversi evangeli si trova lo stesso Cristo, che ci parla. Spesso usa il termine sicut dicit Dominus (così dice il Signore), oppure i suoi sinonimi (dicit Dominus in evangelio, dicit Dominus), dopodiché inseriva la citazione evangelica. San Francesco non usa i verbi al passato, poiché nel Vangelo il Signore parla in questo istante, parla a lui e ai suoi fratelli nel loro tempo presente. Affrontare la Scrittura da parte di San Francesco non è intellettuale, non è guidato dall’interesse storico o esegetico, ma è partecipativo, vissuto, il che serve a dare forma cristiana all’esistenza. Non si trovano in lui esempi di esegesi allegorica o tipologica, così diffusa il suo tempo, ma la sua interpretazione è pratica e istantanea. Questo proviene dal suo criterio interpretativo: la Parola di Dio si comprende tramite la vita immersa in essa.

di Fra Emil Kumka Ofm conv.

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