Login

Lost your password?
Don't have an account? Sign Up

Essere tirati e tirare fuori (dal libro “E il discepolo si fece carne”)

Commento al Vangelo Lc 5,1-11

“Gesù passò in mezzo a loro mettendosi in cammino”. Così si è conclusa la pagina del Vangelo della scorsa domenica. È deciso il figlio del carpentiere, non ha paura delle minacce dei suoi concittadini; non si spaventa davanti a un fallimento, non si spaventa davanti al fatto che le persone lo rifiutano.

Tira diritto verso il cammino che porta a Gerusalemme. E in questo cammino Gesù comincia a dare carne ai suoi sogni. E lo fa scegliendo: sceglie dove passare, sceglie persone che sognano con lui. Lo troviamo in questa domenica sul mare di Galilea (o Kinneret).

Gesù sta presso il mare. Brutta storia questa del mare per gli ebrei. Il mare per un ebreo evoca brutti ricordi: la schiavitù dell’Egitto, il mostro Leviatàn che abita le acque. Inoltre, il mare di Galilea, il lago di Tiberiade, segna il confine geografico di Israele perché dall’altro lato c’è la Giordania, c’era la Decapoli, luogo promiscuo dove nessun ebreo si sognava di andare. 

Gli ebrei non sono naviganti e nella Bibbia il mare ha a che fare con ciò che è oscuro, non conoscibile, che fa paura. Gesù cammina lungo il mare, sui confini, sul luogo di pericolo, del Leviatano. Gesù cammina su tutto questo. È sempre al di sopra delle nostre paure, delle nostre ristrettezze, dei confini che abbiamo creato. La folla è intorno a Gesù: è un secondo particolare bellissimo di questo brano.

C’è molta folla intorno. Chissà per quale motivo. Perché andiamo da lui, perché lo cerchiamo? Prova a pensare adesso: perché hai cercato Dio? Qual è stata l’ultima volta che hai cercato Dio? Per quale motivo? La folla, dice Luca, lo cerca per ascoltare la sua Parola. Bello questo, non miracoli ma una parola. Una parola che taglia, che fa male, che guarisce, che consola, che da luce, che alza, che abbassa, che è capace di cambiare. Una parola sulla nostra vita! Quella parola ha il potere di rispondere a due domande: chi sei? Qual è lo scopo della tua vita? E in questa folla Gesù vede una scena quotidiana di tutti i giorni: uomini, pescatori che lavorano la rete.

Dio ci raggiunge e ci chiama esattamente dove siamo abitualmente, nella quotidianità, nel giorno feriale; questa cosa non avviene nel tempio o attraverso strani riti o in un luogo speciale, perché per noi cristiani l’incontro con Dio è sempre e soltanto un incontro che si può realizzare nelle cose di tutti i giorni, esattamente lì dove viviamo. Dio ci incontra proprio dove ci sono le nostre reti.

Le reti in ambito biblico hanno una reminiscenza con qualcosa che lega, che impedisce di seguire. Pensiamo alle nostre reti, ai nostri fallimenti, all’insuccesso. Molti hanno negli occhi la disillusione (oramai, non cambierà nulla), il fallimento di quella relazione, di quell’amore, di quella pesca, di quell’amicizia; molti hanno fallito con i genitori, con la moglie, con il marito, con il papà, con la mamma, con l’università, con il lavoro, con il proprio corpo; molti si portano dietro dalla propria infanzia dei vuoti e non riescono ad amare perché hanno ricevuto del male da piccoli.

Sono le nostre reti! È quella giornata di lavoro che abbiamo fallito! Siamo qui perché tutti abbiamo fallito in qualcosa. Il vangelo rincara la dose dicendo che Giacomo e Giovanni stanno riparando le reti; invece di liberarsi dalla rete ripariamo ciò che ci sta tenendo imprigionati.

Quante volte abbiamo perso tempo a riparare le cose che legano? Gesù si avvicina e chiede loro una barca, una barca per discostarsi dalla riva e poter parlare facendosi udire maggiormente.

Trovo bellissimo questo dettaglio perché è come se il Signore chiedesse a noi una barca, è come se chiedesse la nostra collaborazione; Dio viene a visitare quelle parti della nostra vita che sono nelle tenebre! Mi chiede una barca. Egli mi chiede: con che cosa hai vissuto quella esperienza di fallimento? Mi dai quella cosa che ti ha fatto sperimentare il fallimento? Mi dai quella arrabbiatura? Mi dai quella paura? Mi dai quel disincanto? Mi dai quel corpo che non ti piace? Mi dai quella infelicità che non vuoi? Mi dai quella parte di te che detesti e che vorresti non ci fosse nella tua vita? Mi dai quelle tenebre? Mi dai quella cosa che non accetti di te? Mi dai quel passato? Nessuno ti chiederebbe queste cose, perché come te nessuno le vuole! Ma lui sì, Gesù le vuole! Per fare cosa? Gesù chiede quella barca per farsi udire meglio.

Il testo dice per «parlare facendosi udire maggiormente». Per mettere una parola, per donarci una parola in quelle cose che detestiamo. Non miracoli ma una parola che fa miracoli! Quando arriva Gesù con la sua parola, con la sua luce, tutto arretra, le tenebre fanno passi indietro.

Questo arretramento, questo cacciare i demoni è molto di più degli esorcismi. Ho visto vite tutte attorcigliate, complesse, piene di divisioni, piene di problemi, appena si sono sentite amate sono fiorite! Un ultimo dettaglio di questo vangelo meraviglioso: Gesù dirà a Pietro di diventare pescatori di uomini, pescatori di umanità. Cosa devono fare i discepoli? Non devono aderire ad una dottrina ma devono camminare dietro a lui lasciando qualcosa. Gesù affida loro di diventare pescatori di uomini, di umanità.

Faccio una sottolineatura simpatica: nel verbo utilizzato da Luca si intende “tirar fuori”, sottinteso da un pericolo. È ovvio che pescare i pesci significa tirar fuori il pesce e questo vuol dire condannarlo a morte, ma tirar fuori gli uomini vuol dire salvarli; pescatore di uomini è uno che tira fuori degli uomini che nel mare, nel lago, rischiano di annegare.

Quello che ci vuole dire Luca, diventare pescatori di uomini, vuol dire che come chiesa siamo chiamati a tirar fuori da questo grande marasma di male, di violenza, di confusione in cui siamo immersi, persone vive. Vuoi seguire Gesù? Impara a tirare fuori qualcuno dal male! Lasciamoci chiamare e tiriamo fuori dal pantano, dall’acqua, dal male la nostra parte di umanità e tutti coloro che incontreremo.

Gesù ha bisogno di tutti noi per dire al mondo la buona notizia. La vocazione non è questione di preti e suore ma la vocazione riguarda tutti noi.

Buona domenica!

Condividi su:

Facebook
WhatsApp
Email
Stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*

su Kaire

Articoli correlati

Mai da soli

Omelia del Vescovo Carlo in occasione della celebrazione eucaristica del 10 luglio scorso nell’ambito del Summer Holiday dell’Unitalsi Napoli, presso l’Hotel Re Ferdinando in Ischia Porto Os 10,1-3.7-8.12; Mt 10,1-7

Da discarica abusiva ad area protetta

Come nasce un’oasi WWF Tra i vari progetti dell’associazione WWF finalizzati alla tutela dell’ambiente vi è la ricerca sul territorio italiano di aree illegali di abbandono rifiuti. Le guardie ambientali