Poi succede che una sera normale diventa speciale, così, solo ascoltando un uomo che parla in collegamento da Santa Marta, con Fabio Fazio. Avverto subito un dolce tremolio e ascolto attenta, perché quell’uomo è Papa Francesco.
Io fin da quel “buonasera” detto appena fu eletto alla gente che lo aspettava, fui colpita dal suo essere normale, dal suo sorriso e dai suoi occhi di una dolcezza infinita. Poi mi capitò di vederlo salire la scaletta di un aereo portando la sua valigetta in mano con quello che giornalmente usa, compreso l’occorrente per la barba, e da quel momento mi entrò letteralmente nel cuore.
Un uomo che non vuole essere servito ma servire, un uomo che ha scelto di vivere dove viveva perché gli piace avere amici e lì ha i suoi amici, un uomo che non smette mai di pensare agli ultimi, agli “scartati” come li chiama lui, e che con parole precise invita tutti a non passare sopra al dolore. Così l’altra sera, non ho avvertito il tempo che passava.
Ma c’era il tempo, l’altra sera? O era tutto sospeso in una specie di emozione continua? Lui dice che non è un Santo e qui la dimensione umana di chi è a capo della Chiesa Cattolica si avverte con un brivido. Senza dirlo richiama le parole di Gesù, “Chi è senza peccato scagli la prima pietra” e, di conseguenza, “il perdono” diventa centrale.
Tutti hanno diritto ad essere perdonati. Le guerre che sono definite da lui come un “controsenso alla creazione” e alle quali ci siamo purtroppo abituati, vengono prima di qualsiasi cosa, creando lager, distruzione, morte, mettendo uomini contro uomini, e interessi nella vendita delle armi che alimentano sia le guerre che l’arricchimento di pochi.
E quando ha chiesto ai genitori di giocare con i figli per creare dei legami che poi, come legami di seta, sicuramente ci aspetteranno sugli incroci del destino legandoci senza farsi sentire, allora mi sono chiesta se questo Papa uomo non vedesse per caso nel mio cuore. Mentre parlava mi ritrovavo con lui, io sentivo che affidandomi ai suoi consigli, venivo guidata verso qualcosa di costruttivo e non banale. E i santi della porta accanto che hanno raccolto i soldi per portare John un ragazzo ghanese in fin di vita al suo paese per morire tra le braccia del suo papà, esaudendo il suo ultimo desiderio, sono persone che hanno voluto notare e non girarsi dall’altra parte.
Quello che mi è piaciuto di più è stato quando ha detto che il dolore non si supera guardandolo, ma mettendoci dentro le mani. Si le mani, usando il senso del tatto, toccandolo per trovare una strada, una via per superarlo. E ha parlato dei medici, degli infermieri, dei pescatori di San Benedetto Del Tronto che con le mani puliscono il loro mare dalla plastica che crea dolore perché la pesca ne risente. Il Papa parlava e portava un esempio per ogni cosa che diceva.
Questo Papa unico e immenso, che ama la musica, e il tango argentino, si avvicina sempre di più alla mia vita e penso che incontrandolo, non mi sentirei a disagio, ma gli andrei incontro dandogli la mano e dicendogli: “Sono Sandra Malatesta, prego per te come spesso ci chiedi di fare, ma mi piace tanto sapere che ci sei, che vuoi uscire dai luoghi chiusi, che vuoi fermarti a parlare, e sai? Io spero che questa strada, che stai tracciando senza curve, serva a riempire sempre di più le chiese ad aumentare la fede, la speranza e la carità in tutti noi, perché ci sei tu che in ogni momento non giudichi, ma cerchi di capire.
Grazie, sono tanto felice di come sei e mi viene di darti del tu, perdonami ma mi viene proprio, perché mi dai fiducia e so che tutto può succedere, ma anche che tutto può essere utile per migliorare toccando il dolore con le mani per poi farsi carico degli altri …
di Sandra Malatesta