Il rettore dell’Università di Foggia, il cui territorio è segnato da recrudescenze criminali, racconta la sua strategia per scuotere la città dal torpore: conferenza pubbliche, corsi affidati a Tano Grasso e collaborazione con le associazioni come Libera, per creare un presidio culturale
«C’è bisogno di mettere da parte l’omertà, la tacita accettazione, la scelta di fare spallucce di fronte ad una criminalità che con questi atteggiamenti può solo crescere. Si tratta di un lavoro carsico, costante, determinato. Ognuno ha un ruolo in questa resistenza attiva alla mafia, l’università è in prima linea, accanto alle associazioni come Libera, e può realizzare iniziative sociali che sostengono il lavoro eccezionale delle forze dell’ordine e della magistratura». Pierpaolo Limone è il rettore dell’Università degli studi di Foggia dal novembre del 2019. L’escalation di violenza, criminalità, mafia, usura, estorsioni, devianza che in questi anni ha interessato e sta interessando la provincia di Foggia, non hanno lasciato indifferente l’ateneo da uno. L’università, infatti, sta coinvolgendo studenti, professori, esperti in ambito giudiziario e sociale, forze dell’ordine, magistrati e tutta la comunità, in un percorso di formazione personale, di conoscenza del fenomeno e di promozione della cultura dell’antimafia sociale. Tutti antidoti importanti da mettere in campo contro il dilagare degli eventi criminali nel territorio e per arginare il dramma della povertà educativa.
Ufficio stampa Università di Foggia
Come nasce l’idea di promuovere i Dialoghi sulla legalità e i vari cicli di incontri che state organizzando e perché è importante parlare di questi temi agli studenti?
Il tema della legalità riguarda da vicino ciascuno di noi e gli studenti, in particolare, hanno un’urgenza tipica della loro età nel voler risvegliare Foggia dal suo torpore. Noi docenti, di tutte le discipline, abbiamo una grande responsabilità nella formazione di una cultura della legalità, ma soprattutto mi piace pensare che i giovani possano cambiare le cose lottando per i loro ideali, scendendo in piazza, facendosi sentire come forza trasformativa. Da qui nascono i Dialoghi sulla legalità, un’occasione concreta per affrontare questi temi senza retorica, per confrontarsi direttamente con le istituzioni e immaginare con loro un piano di azioni per promuovere la legalità e il contrasto civico alla criminalità.
Qual è il ruolo dell’Università di Foggia nel territorio della cosiddetta “Quarta Mafia” in un’ottica di formazione culturale, di antimafia sociale e di nuove coscienze? Quali sono i valori che oggi deve trasmettere l’ateneo dauno ai suoi studenti?
L’università forma coscienze ancor prima di trasmettere conoscenze. In un territorio come questo, dilaniato dalla criminalità organizzata, la responsabilità è doppia. Noi abbiamo il dovere di parlare di antimafia, di chiedere ai nostri studenti di non mollare, ma soprattutto dar loro motivi e strumenti per essere autonomi e liberi nelle loro scelte. Speriamo ogni giorno di trasmettere ai nostri studenti la voglia di tenersi stretti sogni e ambizioni, utili a raggiungere i propri obiettivi anche quando sembra difficile. La nostra è un’università in cui il rapporto docente/studente è diretto e il dialogo è costante. Questo aspetto di certo contribuisce a trasmettere loro il valore della conoscenza, indubbiamente quello più importante per cambiare le cose.
“Economie mafiose e mondo imprenditoriale” è il titolo di uno dei tanti incontri che avete organizzato, fra i più attuali in un territorio in cui gli imprenditori sono particolarmente vessati dalla criminalità. Agli studenti di oggi che sono il futuro e gli imprenditori di domani che cosa si sente di chiedere, che cosa si augura che comprendano anche grazie all’apporto di figure di spessore come quella di Tano Grasso, fondatore e presidente onorario della Federazione anti-racket italiana?
Per noi, intanto, è molto importante, oltre che un onore, il fatto che personalità come Tano Grasso scelgano di lavorare con noi e di dare il loro apporto. Tano Grasso, tra l’altro, sarà anche titolare di un insegnamento al dipartimento di Studi umanistici: Letteratura e mafia saranno al centro di lezioni che si prospettano illuminanti oltre che importanti dal punto di vista formativo. Questo ci aiuta ad essere vicini agli studenti, quindi ad avere ulteriore occasione per sostenerli nel loro impegno civico. Chiediamo alle associazioni degli studenti di essere creative, di continuare a fornirci tutti gli stimoli che ci danno quotidianamente. L’ateneo con tutta la sua forza istituzionale, culturale e politica è accanto ad ogni loro iniziativa. Loro hanno scelto di sostenere gli imprenditori in difficoltà e hanno voglia di costruire, di fare nuova impresa, di mettere le loro competenze a disposizione del territorio e noi non possiamo che dargli una mano per fare tutto questo, per davvero. I giovani, in particolare i nostri studenti, non intendono lasciare Foggia. L’università ha l’imperativo morale di sostenerli per difendere e costruire un futuro.
Perché la povertà educativa ci deve spaventare e come estendere e proporre l’offerta universitaria anche alle fasce più deboli, quelle a rischio dispersione scolastica e culturale?
La povertà educativa spaventa perché senza formazione non c’è cultura, e senza cultura non c’è futuro. In un mondo sempre più iperconnesso e digitale si ha l’illusione che non sia necessario studiare perché tutte le informazioni sono accessibili con un click. Si tratta appunto di un’illusione perché senza cultura quelle informazioni sono inerti, accessibili ma inutilizzabili. La cultura rappresenta l’innesco che rende la conoscenza una forza esplosiva. L’università, collaborando attivamente con la scuola, mette a disposizione tutte le sue risorse per favorire una formazione alla portata di tutti. Le fasce economicamente deboli hanno fortunatamente molte agevolazioni: presentando l’Isee chiunque può iscriversi pagando le tasse in base alla sua fascia di reddito e quasi due terzi dei nostri iscritti non pagano o pagano tasse minime. La vera sfida, però, è arrivare dove scuola e università non attecchiscono: diventa qui fondamentale scendere in campo con iniziative e azioni che coinvolgano il territorio, che convincano i ragazzi che la strada per il loro successo è dentro le aule, più che altrove. Non è semplice, ma non è un caso che abbiamo scelto proprio questo tema per l’Inaugurazione dell’anno accademico alla presenza del Presidente della Repubblica. Contrastare la povertà educativa è una priorità nazionale.
Lei che idea si è fatta: quali sono le prospettive e le ricchezze da cui il territorio deve ripartire per attuare un vero riscatto sociale, economico e lavorativo del territorio?
Il meridione è un territorio che ha molte potenzialità, ma anche un sacco di problemi. Basti pensare al settore agricolo che, già da solo, fornisce moltissime ricchezze sfruttabili e utili alla reale crescita economica di questa terra, ma purtroppo, anche a causa delle pressioni delle ecomafie, mancano investimenti seri per la trasformazione e per la logistica dei prodotti agricoli, quindi queste risorse naturali generano ricchezze altrove. Dovremmo forse scommettere sulle menti dei nostri giovani, sulle loro nuove idee di impresa per attrarre investimenti al Sud e invertire la fuga dei talenti. La Regione Puglia e il Piano nazionale di ripresa e resilienza – Pnrr e stanno generando una serie di opportunità di sviluppo economico nei settori della blu economy, delle nuove fonti energetiche, della mobilità sostenibile, della salute, del benessere e della gastronomia. A breve nasceranno ecosistemi regionali dell’innovazione sui quali puntiamo molto per favorire la promozione di una nuova cultura di impresa.
Formazione, lavoro, impresa sono probabilmente gli elementi principali per arginare e contrastare non solo il fenomeno mafioso, ma anche l’arruolamento nelle file dei clan dei più giovani che nella criminalità vedono possibilità di guadagno facile e veloce. L’Università sta immaginando la costituzione di eventuali spin off ed il coinvolgimento delle imprese del territorio o di altre imprese per sostenere lo sviluppo occupazionale nel foggiano?
Noi proviamo a dialogare con le imprese del territorio, ma onestamente non è facile. Abbiamo molte micro-imprese familiari, legate al settore agricolo e per natura poco innovative. Molti progetti cercano di creare ponti con le imprese locali, ma sono convinto che considerata la situazione del territorio sia più facile accogliere le imprese in Università. Stiamo attivando centri di competenze, acceleratori, hub formativi al servizio del tessuto imprenditoriale. Queste iniziative si sviluppano nei locali dell’università e mettono in contatto chi vuole innovare con i giovani talenti direttamente dal luogo di formazione e della ricerca. Le attività della nostra area Orientamento e placement vanno in questa direzione. Le progettualità sono tante e in itinere; lo stesso piano strategico di Ateneo, di cui a breve presenteremo le risultanze dei primi due anni, ha puntato e punterà molto su questo interscambio virtuoso e a flusso costante. Pensiamo di dar vita a dieci nuove imprese nei prossimi quattro anni.
Foggia è una realtà che sembra convivere con più anime, con più città parallele: quella indifferente, che sembra non curarsi affatto di quello che le succede intorno; quella legata alla criminalità, che si fa spazio con la violenza, le estorsioni, la devianza; quella che presenta una vivacità culturale, formativa, associativa e sociale molto forte, composta dalla parte sana della società. Come convivono tutte queste anime, come farle incontrarle, come aiutare questa terra a fare il salto di qualità? Il problema è che sono due anime che fanno fatica seriamente a convivere, non si incontrano ed è questo il più grande problema di questa città. La criminalità offusca sempre più spesso l’azione della parte sana della città, che pure c’è ed è numerosa. Quel che si può fare è creare continuamente occasioni di confronto e unione che permettano alla parte sana di fare fronte comune, di non disperdere le energie per fare in modo che qualcosa accada, che emerga la voglia di annientare quella parte ‘malata’ che non sopportiamo più. Non è semplice, anzi. La mia speranza, che credo sia quella di tutti i cittadini che in questa terra credono e investono, è che si arrivi presto a far prevalere i valori, la legalità e la non violenza. C’è bisogno di mettere da parte l’omertà, la tacita accettazione, la scelta di fare spallucce di fronte ad una criminalità che con questi atteggiamenti può solo crescere. Si tratta di un lavoro carsico, costante, determinato. Ognuno ha un ruolo in questa resistenza attiva alla mafia, l’università è in prima linea accanto alle associazioni come Libera e può realizzare iniziative sociali che sostengono il lavoro eccezionale delle forze dell’ordine e della magistratura.
Fonte: Emiliano Moccia -Vita.it
Immagine: Il rettore Limone con il presidente Mattarella e alcuni studenti, nell’ottobre scorso, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico.