Il biologo: “Sembra un’enormità ma pensate che se solo utilizzassimo le terre abbandonate dall’agricoltura dagli anni Novanta ad oggi, potremmo mettere a dimora, in Italia, fino a sei miliardi di alberi”. Il costo? “Non ci dovrebbe interessare perché qualunque sia la cifra sarebbe comunque una frazione irrilevante rispetto ai danni che subiremo se non mettiamo a dimora questa quantità”
Il Climate Clock comparso a Manhattan ci dice che il tempo rimasto a disposizione rispetto al cosiddetto punto di non ritorno, è stimato in poco più di sette anni. Si tratta di una provocazione ma neanche tanto: il punto di non ritorno è un po’ più in là ma bisogna agire immediatamente.
Il riscaldamento globale è il problema più grande difronte al quale si è trovata l’umanità nella sua storia e il fatto che non se ne parli a sufficienza non lo rende meno importante. Il problema della pandemia è drammatico ma contingente, ennesima increspatura frutto della nostra aggressione all’ambiente.
Di questo e altro ha parlato il noto scienziato Stefano Mancuso, botanico, accademico e saggista italiano intervenuto a Modena nell’appuntamento “Plant Revolution” all’interno del festival “Tragitti – itinerari di inclusione sociale”, promosso da associazioni, enti e istituzioni locali. «Il problema del riscaldamento globale dipende dall’anidride carbonica e si affronta in due maniere: da una parte non se ne deve produrre più ma questo lo sappiamo; dall’altro sappiamo anche che l’anidride carbonica già presente nell’atmosfera può essere sottratta attraverso le piante.
Se noi piantassimo un numero sufficiente di alberi, potremmo riportare indietro l’anidride carbonica non a livello preindustriale ma comunque ridurre di due terzi il disavanzo cioè il surplus rispetto al periodo preindustriale» ha affermato lo scienziato.
di Laura Solieri