Il discorso di Papa Francesco in apertura del Sinodo
Siamo ormai nel pieno della fase iniziale del Sinodo: la parola passa, come sappiamo, alle parrocchie, le quali si stanno organizzando o in modo autonomo o sfruttando quanto appreso dai referenti parrocchiali durante gli incontri diocesani, in presenza e in remoto, oppure ricorrendo all’aiuto dell’Equipe Sinodale attraverso percorsi formativi mirati.
Vale la pena di ricordare, in tale fase, uno dei documenti fondamentali del Sinodo che stiamo vivendo, che sintetizza bene le motivazioni e gli scopi di questo percorso così importante per la Chiesa del Terzo Millennio. Si tratta del discorso tenuto da Papa Francesco sabato 9 ottobre 2021 nella Aula Nuova del Sinodo.
È la prima volta che un Sinodo non è un “Sinodo dei vescovi”. La parola sinodo significa “adunanza dei sacerdoti e dei chierici di una diocesi indetta dal vescovo”, si dice infatti “sinodo della Diocesi”. Ma nel linguaggio ecclesiale questa parola è anche sinonimo di Concilio, una riunione straordinaria indetta per raggiungere consenso intorno ad un argomento riguardante la fede. Il 21° e più recente Concilio è stato indetto da Papa Giovanni XXIII nel 1962 (anno della sua morte) e terminato nel 1965 da Papa Paolo VI suo successore. Da esso sono nate le quattro costituzioni fondamentali: Dei Verbum, Lumen Gentium, Sacrosantum Concilium, Gaudium et Spes, sono i documenti dai quali, come dalla Costituzione Italiana, derivano i decreti, le encicliche e tutti i documenti emanati dal Pontefice per regolare la vita e l’azione pastorale della Chiesa. Il Sinodo è anche l’Assemblea permanente dei vescovi, un organismo collegiale, formato da circa 200 vescovi, rappresentativo di tutto l’episcopato cattolico, istituito da Paolo VI nel 1965 con la funzione di aiutare il Pontefice nella sua azione pastorale e anche allo scopo di tenere viva l’eredità e i frutti del Concilio Vaticano II. Attuale segretario generale del Sinodo è il Card. Mario Grech, che sta seguendo tutte le fasi dell’attuale Sinodo fin dall’inizio.
Nel Discorso del 9 ottobre scorso il Papa ha subito sgombrato il campo da equivoci nati intorno all’annuncio dell’apertura di un nuovo Sinodo
“Il Sinodo non è un parlamento o una indagine statistica, il protagonista è lo Spirito Santo”. E ha precisato che ciò deve avvenire per realizzare quello che è il contenuto della preghiera che nel Vangelo di Giovanni, al capitolo 17, Gesù rivolge al Padre “che tutti siamo una cosa sola”. Siamo infatti chiamati alla comunione e alla fraternità. Subito il Papa ha voluto enunciare le parole chiave del Sinodo. Si tratta di termini che erano già stati usati nel Concilio Vaticano II e ribadite successivamente anche da san Giovanni Paolo II, nel 1985 a chiusura della II Assemblea Straordinaria dei vescovi.
COMUNIONE. Da quanto detto in premessa è chiaro che la prima parola è comunione, è la natura stessa della Chiesa, che è di per se stessa koinonìa, fin dalle prime comunità cristiane
MISSIONE è la seconda parola, che indica lo scopo della Chiesa, che è enunciare e porre in atto il Regno di Dio. Queste parole però, dice il Papa rischiano di diventare sterili, termini astratti, che possono dare spazio alla tentazione di delegare i sacerdoti alla loro realizzazione, lasciando nei fedeli la sensazione che certe cose si accettano passivamente, perché sono compito dei presbiteri.
PARTECIPAZIONE è invece il terzo termine che Papa Francesco ha voluto aggiungere, sottolineando che quel compito di comunione e missione appartiene a tutti i battezzati. Tutti noi, in quanto battezzati – unti – siamo chiamati a partecipare e a non restare passivi. La partecipazione rende concreta la missione e la comunione, consentendo al sinodo, al cammino insieme, di realizzarsi, di realizzare la Chiesa.
Il Sinodo non è dunque un evento, ma un processo, il cui scopo finale è il DISCERNIMENTO. Il percorso è la PARTECIPAZIONE e lo STRUMENTO è l’ASCOLTO.
La domanda fondamentale di questo Sinodo è: QUALE CHIESA IL SIGNORE SI ASPETTA DA NOI NEL TERZO MILLENNIO?” Nel discorso tenuto da Papa Francesco nel 2015 in occasione del 50° della fondazione dell’Assemblea dei Vescovi, egli ha precisato che per la prima volta deve essere dato spazio all’ascolto della voce universale della Chiesa, di tutto il popolo di Dio. Si tratta di un cambiamento epocale, che trova le radici nel concetto di “sensus fidei” e della infallibilità del popolo santo di Dio, il quale è “infallibile in credendo”. In virtù del battesimo ricevuto (ma anche della Confermazione e Matrimonio) possiede il fiuto, uno speciale intuito nel riconoscere i contenuti genuini della Parola di Dio. Per questo il Sinodo promuove l’ascolto, che deve essere un esercizio praticato con coscienza in tutte le comunità parrocchiali e in tutte le aggregazioni cristiane, per favorire una nuova cooperazione tra sacerdoti e laici, dove i laici non sono passivi spettatori e “critici severi” dell’azione pastorale, ma collaborano attivamente, con coscienza e spirito cristiano, mentre i sacerdoti sono sentinelle o antenne che , in mezzo al popolo, o dietro al popolo, intercettano e indicano percorsi e sentieri, e non “i padroni della baracca”
Infine Papa Francesco indica i rischi di questo percorso sinodale:
IMMOBILISMO: “si è sempre fatto così”, QUESTO è IL VELENO DELLA CHIESA. Mai adottare vecchie soluzioni per problemi nuovi, bisogna adottare schemi nuovi e diventare Chiesa dell’ascolto e della vicinanza
INTELLETTUALISMO: astrazione dalla realtà, il diventare un gruppo di studio, per elaborare teorie e parlarci addosso in modo colto e forbito
FORMALISMO ridurre l Sinodo ad un bell’evento di facciata, come se si guardasse la bella facciata di una Chiesa senza entrarvi dentro.
È necessario tornare allo “STILE DI DIO”: vicinanza, compassione, tenerezza.