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La storia insegna, ma non ha scolari – A. Gramsci

Siamo alunni disattenti, svogliati e testoni, che non hanno imparato nulla da quella maestra autorevole e attendibile che è la storia. Tutti sappiamo che c’è molto da imparare dal passato, che non si può costruire un futuro di pace e prosperità se non conosciamo le nostre radici, gli errori e gli orrori che ci siamo lasciati alle spalle.

Un secolo orribile, il Novecento che si apre con la prima guerra mondiale e la rivoluzione russa, e si conclude con la fine del comunismo in Urss. Un bilancio terribile in perdite umane (60 milioni di persone). Non da meno sono state le crisi economiche che determinarono l’avvento al potere di dittature sanguinarie; di stampo comunista in Unione Sovietica, e di destra in Italia, Spagna e Germania e il successivo conflitto mondiale con tutte le sue orribili conseguenze. Poi una “relativa” pace, dopo gli anni della guerra fredda tra est e ovest, alimentata dalla corsa folle agli armamenti, ma con la certezza che nessuno si sarebbe sognato di utilizzare le armi nucleari.

Ci eravamo illusi dagli anni 90 di aver superato la barbarie e lo scandalo della guerra. Almeno nella nostra civiltà occidentale, perché sul pianeta terra le lotte non si sono mai spente e attualmente sono in corso almeno 20 conflitti veri e propri più una miriade di scontri armati di cui nessuno parla più, o lo fa in margine, di soppiatto, quasi a dire: ma da noi non può succedere. E invece è accaduto, ex abrupto, all’improvviso, spiazzandoci tutti e facendoci passare dall’incubo della pandemia a quello della guerra, il più grande crimine contro l’umanità.

La violenza ha vinto sul buon senso, non si ragiona più, una delle parti in causa dovrà abbandonare le sue pretese o la sua opposizione. Tutto ciò non è solo triste, ma ci lascia increduli e dimostra ancora una volta che alcuni uomini al potere sono pericolosi, e lo diventano sempre di più con l’avanzare dell’età. Caduto il muro di Berlino nel 1989, pensavamo di esserci liberati una volta per tutte da tensioni tra est e ovest, Europa e Russia, da Bolscevismo, Nazismo e Fascismo.

Invece no, i mostri erano solo sopiti e pare si siano risvegliati tutti insieme a dividerci, a convincere il “dittatore russo” a infierire su un popolo che pensava di avere conseguito libertà, indipendenza e un sistema di governo democratico. Perché? Gli storici e i politologi ci stanno spiegando che Putin si sente “minacciato” dall’occidente, dalla NATO, teme l’eccessiva occidentalizzazione di un paese confinante, e che l’Europa si stia spingendo troppo vicino ai confini della Madre Russia, mettendo in pericolo la sua identità, i suoi affari, la sua potenza diciamolo chiaramente.

Ma quale potenza potrà mai restare dopo l’orrore di un conflitto? Chiunque ne esca vincitore, sarà comunque sconfitto. E sarà stato un inutile sterminio. Eppure i libri di storia sono lì a ricordarci che, secolo dopo secolo, battaglia dopo battaglia, da almeno 4000 anni a questa parte, è l’essere umano, debole, instabile e troppo spesso anche malvagio, a determinare il corso catastrofico degli eventi. È dal cuore dell’uomo, infatti, che ogni giorno scaturisce una scelta di pace o di guerra.

Tutto il passato, tutto il futuro non è determinato da un ipotetico destino, da incidenti o fatalità, ma dalla volontà, dal cuore e dalla mente dell’uomo. È  un incubo. Eppure lo stiamo vivendo, chiedendoci il perché, e non riusciamo a spiegarcelo. Ma la risposta c’è, dolorosa e talmente scandalosa che facciamo persino fatica a formularla.

Siamo immersi in una narcosi profonda, abbiamo tutto, ma abbiamo dimenticato di vivere gli uni accanto agli altri, o meglio, gli uni per gli altri. Non dico che abbiamo tradito i nostri valori, ma forse che li abbiamo scambiati con la merce avariata che il mondo ci ha proposto nel corso degli anni: consumismo, libertinaggio, relativismo, sete di prevalere sugli altri.

Chi la fa davvero da padrone è l’egoismo di pochi e il sonno colpevole di molti. Come? Pensateci un attimo: ci hanno addomesticati per anni con l’illusione della fine dei totalitarismi, dell’avvento della democrazia, della libertà se ci potevamo permettere di tutto.

Abbiamo fomentato e ingigantito l’odio sociale e l’aggressività verbale attraverso i vari social, e così si è passati dall’aggressione verbale e a distanza a quella fisica, ravvicinata e brutale. E adesso siamo interdetti, stupiti, increduli, di fronte a questo nuovo e onnipotente signore della guerra, per l’attacco violento e sanguinario che nessuno si sarebbe mai aspettato nel 2022.

Ho cercato una spiegazione razionale a questo comportamento e ho scoperto che il filosofo e politologo russo, nonché consigliere di Putin, Alexander Dugin in un’intervista rilasciata all’Economist nel 2017 afferma senza mezzi termini: “ La mia gente, il mio paese, il mio stato, il mio zar – o un leader – è l’uomo.

Intendiamo in modo del tutto differente ciò che è umano. Per noi, i diritti umani sono i diritti dello zar, i diritti di Putin, non i miei, perché non sono io il soggetto.” È  chiaro? Emblematico è lo slogan coniato da questo signore: “La Russia è tutto, il resto è niente!”.

Inoltre, Aleksandr Dugin, nei suoi scritti non nasconde la sua approvazione per le famigerate Waffen SS sostenendo la necessità di stabilire un “fascismo fascista radicalmente rivoluzionario e coerente” in Russia. E l’Ucraina sarebbe la nazione da denazificare? Eppure una buona parte dei russi non la pensa così, reclama quello che per noi europei sono i diritti sanciti dalla Costituzione, crede nell’importanza dei diritti delle minoranze e dei diritti umani in generale; crede nel valore dell’apertura verso il mondo esterno, che viene percepito invece dagli autocrati soprattutto come fonte di pericoli piuttosto che di nuove possibilità.

Ed è forse questa paura atavica e il delirio di onnipotenza del novello zar a scatenare la paranoia dell’aggressione armata senza provare a percorrere le vie della diplomazia. E chi si oppone finisce male, non perché è un criminale, ma perché “pensa in maniera diversa” dal regime e non può parlare, scrivere o difendersi.

Quelli che hanno manifestato contro la guerra uomini, donne, giovani o anziani vengono rinchiusi se non fatti sparire, uccisi, reclusi nell’isolamento, torturati brutalmente e scientificamente. E guardate che le etichette sono infinite: condannati per essere all’opposizione, per essere contro, sindacalisti, intellettuali, giornalisti, di una minoranza etnica. Intanto, anche se stanno provando a difendersi, gli Ucraini vengono sterminati, le tregue e i corridoi umanitari promessi vengono sistematicamente disattesi e scorrono fiumi di sangue e lacrime, come ha ricordato nell’ultima omelia Papa Francesco.

La Russia, con i suoi forti contrasti e le sue contraddizioni, non è facile da capire per l’Occidente e si ripetono sistematicamente gli errori del passato, si ricade nello scandalo della guerra e la storia pare non ci abbia insegnato proprio niente. Tuttavia, le differenze tra due culture, non devono ostacolare l’interazione fra i popoli.

L’identità di una nazione è sempre un insieme di elementi, alcuni dei quali sono stati prestati da altre nazioni. Prestati non con l’innalzamento dei muri, come sta accadendo oggi, ma attraverso la costruzione di ponti. Come? Investendo soprattutto sull’educazione delle giovani generazioni, “che impegni le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l’umanità intera, nel formare persone mature”. (Dal messaggio per la 55ma Giornata mondiale della pace, celebrata il 1° gennaio 2022, sul tema “Dialogo fra generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura”).

E da persone “mature” dobbiamo provare, come formichine ostinate, ad essere artigiani della pace, nel nostro piccolo, nel nostro lavoro, nei rapporti interpersonali con l’accoglienza, l’abbraccio, la preghiera. Fare quel che si può, ma fare. L’importante è non voltarsi dall’altra parte e far finta di niente.

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