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Nessuno di noi può dire “la santità non fa per me”

Sir 51,1-21; Fil 3, 7-14; Mc 10,17-30

Per la festa di san Giovan Giuseppe della Croce, il 5 marzo – celebrazione presieduta dal Vescovo Gennaro presso la Parrocchia di S. Maria Assunta – la liturgia ha proposto due letture e un brano del Vangelo che ruotano tutti intorno al tema della ricerca della santità. La prima lettura è tratta dall’ultimo capitolo del libro del Siracide, anche detto Ecclesiaste per l’ampio uso che ne faceva la Chiesa primitiva come fonte di insegnamento pratico sulla fede e sulla morale, e che prende il nome dall’autore Ben Sira. È da questo brano che ha preso spunto Mons. Pascarella nella sua omelia, dopo aver ricordato che «Il cammino di Quaresima non è il tempo della tristezza, ma il momento per riscoprire il senso della vita e per curarci interiormente».

Niente è più adatto, in tale cammino, del modello di un santo, il nostro santo isolano, che si è messo «con decisione alla sequela di Gesù, lasciandosi plasmare da lui». L’ultimo capitolo del Siracide, il 51, da cui, come si è detto, è estratto il brano che costituisce la prima lettura (vv 1-21) è di natura autobiografica: l’autore innalza una preghiera di ringraziamento a Dio per l’aiuto ricevuto nelle difficoltà della vita; ma il Vescovo Gennaro preferisce puntare l’attenzione sulla seconda parte del brano (vv 13-30) nei quali l’autore ripercorre il cammino da lui intrapreso fin dalla giovinezza alla ricerca della sapienza.

Sapienza, fede e preghiera

Nel Siracide la sapienza, che nella riflessione dei saggi di Israele era essenzialmente saggezza pratica, fatta di abilità manuali e di conoscenze naturali, arriva ad identificarsi con la fede, che viene da Dio. A Dio deve essere elevata la preghiera per ottenerla. Il maestro di sapienza diventa in tal modo maestro di preghiera. Così infatti ha precisato il Vescovo: «Il santo è colui che cerca nella preghiera la sapienza, egli alimenta in se stesso il desiderio di essa, poiché essa gli indica la via da seguire».

La sapienza viene da Dio, la sapienza è Dio, il santo ne è consapevole e a questo dedica la sua vita, a questo dà il primato nelle sue azioni. Ce lo ricorda anche – ha proseguito il Vescovo – la seconda lettura, tratta dalla Lettera di san Paolo ai Filippesi: il santo sperimenta che tutte le cose del mondo sono spazzatura, e ad esse si può rinunciare. San Paolo ci offre il modello di un uomo per il quale conta solo Cristo: egli ha abbandonato “l’uomo di prima” ed è diventato persona che mira solo a guadagnare Cristo, e questo lo rende forte. Egli – dice san Paolo – non ha certo già raggiunto la meta, non ha raggiunto la perfezione, ma questa imperfezione non deve essere una scusa, essa è da intendere piuttosto come stimolo a non fermarsi nella mediocrità.

Il profilo di santità

Ecco delineato il profilo di santità al quale tutti noi dobbiamo e possiamo tendere, avendo come modello i grandi santi come il nostro san Giovan Giuseppe della Croce: è un processo che deve plasmare la nostra vita, una continua ricerca che ha come base il riconoscimento che Cristo è la nostra guida e noi siamo in cammino avendo anche come strumenti la fede, la sapienza, la preghiera. Il Vescovo ha precisato: «Il santo non disprezza le cose belle del mondo che Dio gli mette davanti, anzi, le ammira e ne ha cura, ma sa metterle al giusto posto nella propria vita, conservando il primato per Cristo, senza crearsi falsi idoli». Anche il brano del Vangelo, noto come “Il giovane ricco”, offre un quadro di possibile via della santità: abbandonare tutto per mettersi alla sequela di Gesù. È quello che ha fatto san Giovan Giuseppe della Croce, del quale in Vescovo ha ricordato la famosa lettera di addio da lui indirizzata ai suoi familiari quando partì per intraprendere il cammino della vita consacrata: “Vi lascio a Dio! Non mi scrivete più! Mondo addio! Ischia addio!”.

La santità è possibile a tutti

Ma nella ricerca della santità non bisogna pensare di non essere all’altezza, è necessario ragionare come ci insegna san Paolo, avendo cioè la consapevolezza della nostra imperfezione. Con il Battesimo assumiamo infatti tutti la dignità di figli di Dio e, come tali, tutti possiamo guadagnare la santità che il Signore ha predisposto per noi. I grandi santi – ha sottolineato il Vescovo – hanno raggiunto grandi vette, le loro vette, completando la loro perfezione; noi possiamo fare lo stesso nelle nostre vite, secondo la vocazione che il Signore ci pone davanti. I santi ci offrono spunti, ma non dobbiamo copiarli, anzi, questo potrebbe addirittura allontanarci dalla nostra vocazione, da quella che Papa Francesco chiama ‘la santità della porta accanto’, quella che si realizza nella famiglia, sul posto di lavoro, nelle nostre mansioni quotidiane. «I santi canonizzati devono motivarci nella nostra vocazione, nel progetto di santità che Dio ha per noi. Nessuno di noi può dire “la santità non fa per me”, nessuno deve arenarsi, deve piuttosto prendere il largo».

La Quaresima momento favorevole

Il cammino quaresimale, ha concluso il Vescovo, è il momento ideale per imparare a percorrere il nostro cammino di santità, da vivere nel nostro quotidiano, «attingendo alla vita di Dio nella preghiera, cibandoci con assiduità della Parola e della Eucarestia, lottando contro i nostri vizi, digiunando da tutto ciò che ci rende schiavi e non ci fa vivere da figli di Dio, amando concretamente Gesù nei nostri fratelli e sorelle, soprattutto quelli feriti dalla vita». Nel nostro cammino – ha proseguito – è necessario ringraziare il Signore per averci offerto il dono della santità di san Giovan Giuseppe, nostro fratello e modello, che è stato capace di conformarsi totalmente alla vita di Gesù Cristo. È necessario chiedere al Signore la collaborazione dello Spirito Santo, affinché ci aiuti nel conformare anche noi la nostra vita, nella consapevolezza che «Il santo è un capolavoro di Dio, senza di lui la santità diventa una meta irraggiungibile».

Infine il Vescovo ha pronunciato una preghiera rivolta al Signore e allo Spirito Santo affinché possiamo plasmarci al punto da rendere la santità una meta raggiungibile: «Tu ci vuoi santi perché tu sei santo, non permettere che la mediocrità spinga la nostra vita o che il pessimismo ci tolga ogni slancio»

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