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Custodire e purificare la pietà popolare

“Fede, arte e cultura”, incontro del 2 aprile, nella parrocchia di S. Sebastiano Martire, nell’ambito dei festeggiamenti dell’Addolorata in Forio

Dopo due anni di sospensione a causa della pandemia, il popolo dei fedeli può finalmente godere di nuovo della bellezza delle proprie devozioni. La fine dello stato di emergenza ha concesso la possibilità di riprendere l’amata Festa dell’Addolorata nella Parrocchia di S. Sebastiano in Forio con i suoi riti e i suoi appuntamenti, il più atteso dei quali è stato senza dubbio la processione lungo le strade del paese, segno della speranza di un ritorno alla normalità, dopo la lunga assenza che sembrava aver cancellato abitudini e tradizioni amate e coltivate da sempre.

Il calendario dei festeggiamenti, iniziati il 31 marzo e terminati il 16 aprile, è stato ricco e vario e ha incluso un incontro, la sera del 2 aprile, presso la Parrocchia, nel quale, alla presenza del parroco don Emanuel Monte, si sono alternati don Cristian Solmonese il Prof. e diacono Agostino Di Lustro, don Giuseppe Nicolella e il sindaco Del Deo per rinnovare e ricordare il valore della festa e del culto dell’Addolorata, tra ricordi d’infanzia e annotazioni storiche di grande interesse, soprattutto grazie al ricco intervento di Agostino Di Lustro che ha regalato particolari e annotazioni inedite sia sulla festa che sulla storia dell’immagine dell’Addolorata.

Di particolare interesse, e per tale motivo lo riportiamo, l’intervento di don Cristian Solmonese, direttore dell’Ufficio Liturgico Diocesano, che ha voluto fare chiarezza, dal punto di vista liturgico, ma anche storico, su alcune tradizioni popolari e sul loro valore.

La pietà popolare

Di pietà popolare parla ampiamente Papa Francesco in Evangelii Gaudium al n. 122, dove egli sottolinea la forza evangelizzatrice di questa espressione della cultura del popolo, il quale “evangelizza continuamente se stesso…la pietà popolare è autentica espressione dell’azione missionaria spontanea del popolo di Dio. Si tratta di una realtà in permanente sviluppo, dove lo Spirito Santo è il protagonista”.

Su questa base fondante si sono sviluppate nei secoli numerose celebrazioni in grado di portare con se la fede per Cristo, per la Madonna e il culto per i santi, in special modo i martiri. Nello stesso tempo, proprio per le dimensioni di tale fenomeno, si rende necessario fare alcune distinzioni, affinché il tesoro della pietà popolare venga preservato, ma ripulito da contaminazioni non sempre appropriate, da incrostazioni e deviazioni che ne inficiano la sua forza evangelizzatrice e ciò è tanto più opportuno in occasione di una festa così sentita come quella della Madonna Addolorata.

Il pio esercizio

Don Cristian inizia il suo percorso con una prima precisazione: è necessario distinguere la pietà popolare, di cui abbiamo compreso l’importanza, dal pio esercizio, termine che include tutte le espressioni pubbliche o private che non fanno parte della Liturgia (cioè della Celebrazione Eucaristica) e dei sacramentali. Esse sono in armonia con la Liturgia, ne rispettano le norme e i ritmi, derivano sia dai vescovi che dalla Santa Sede, ma devono condurre alla Liturgia. Riguardano momenti della vita di Gesù e della vita della Chiesa. Ne è un esempio la Via Crucis.

Le devozioni

Altra cosa sono le devozioni, che sono animate da atteggiamenti di fede interiore e manifestano una particolare relazione personale con il Signore o un legame con la Madonna o con le figure dei santi. Ne sono esempio le preghiere, anche quelle tramandate dagli avi, i canti sacri popolari, i pellegrinaggi ai luoghi di culto, gli oggetti devozionali: il rosario, le medagliette, ma anche i digiuni quaresimali etc. Rispetto a queste forme devozionali – ha precisato don Cristian – è necessario fare molta attenzione, poiché facilmente si cade nel tranello della superstizione, che aggancia il culto all’oggetto, al luogo, alla statua, che diventano strumenti scaramantici per ingraziarsi la benevolenza di Dio esattamente come nelle forme di paganesimo.

Le devozioni devono essere vissute con fede vera e corroborate adeguatamente da percorsi di discernimento e consapevolezza. In ogni caso – ha continuato don Cristian – non bisogna dimenticare il valore preminente della Liturgia, sia sulla devozione che sulla pietà popolare.

Quest’ultima si basa senza dubbio sul sensus fidei, cioè quella innata capacità che ha il popolo santo di Dio di intercettare, anche con pochi strumenti culturali, o addirittura in assenza di questi ultimi, la volontà del Signore, semplicemente mettendosi in ascolto dello Spirito Santo.

La tradizione e le tradizioni

La tradizione, ciò che si tramanda, è un patrimonio fondamentale del quale la Chiesa non può fare a meno. Scrittura e tradizione sono due binari sui quali la Chiesa procede da sempre. La Scrittura ci tramanda la Parola di Dio, ciò che il Signore aveva da dirci, completato dalle parole dirette di Gesù Cristo, parole che ancora oggi stiamo interpretando e cercando di mettere in pratica per realizzare il Regno di Dio. Questa è la tradizione ed essa – ha precisato don Cristian – è immutabile. Diversa cosa sono le tradizioni, le abitudini create dall’uomo, che sono mutabili nel tempo e sono soprattutto subordinate alla Scrittura. Le tradizioni, le abitudini popolari, sono spesso oggetto di contesa e litigio tra le comunità, ma ad esse va dato il giusto valore, sapendo che sono relative e modificabili.

Il percorso storico

Una parte interessante dell’intervento di don Cristian è stata quella che ha riguardato le ragioni storiche dello sviluppo di tante tradizioni e devozioni. Se le prime comunità cristiane hanno ereditato e adottato molte pratiche tipiche dell’ebraismo di provenienza adattandole alle novità del Vangelo e della vita di Gesù, successivamente su quel modello, che prevedeva diverse benedizioni e preghiere rivolte al Signore durante le diverse parti del giorno e dell’anno, secondo le stagioni,  già a partire dal II secolo si sviluppano e si trovano molte tracce di pietà popolare rivolte a Cristo, alla Madonna e ai martiri, si pensi alla famosa, certamente la più antica, Sub tuum praesidium, rivolta ancora oggi a Maria.

Tuttavia successivamente si crea una frattura tra la Liturgia eucaristica, celebrata in latino, e le devozioni e abitudini popolari. La pietà popolare diventa una pratica parallela a quella ufficiale, divenuta sempre più incomprensibile al popolo, non solo a causa dell’uso di una lingua, il latino, che si avviava a diventare lingua morta, ma anche per la mancanza di conoscenza delle Scritture, non esistendo né catechesi, né mistagogia.

Chierici e monaci avevano la competenza esclusiva delle Scritture, mentre i laici assistevano passivi. Nasce così l’esigenza di creare proprie forme di culto, ricorrendo a forme iconografiche e allegorie, forme di culto alternative e meglio comprensibili al popolo. Questa situazione perdura durante tutto il Medioevo, quando nascono i primi ordini religiosi e le confraternite, dove i laici sviluppano forme proprie di culto e di preghiera.

Ripulire, purificare, rieducare

La frattura prosegue fino al Concilio Vaticano II, che ha cercato di porvi riparo, dando il primato alla Liturgia, ma cercando di fare in modo che il tesoro irrinunciabile della pietà popolare venisse sì salvaguardato, ma nello stesso tempo ripulito e purificato. È necessario – ha affermato don Cristian – accompagnare la pietà popolare, rieducarla attraverso un rapporto costante con la Scrittura.

È impensabile la recita del Rosario senza l’intervallo della lettura di passi del Vangelo. Il Concilio Vaticano II ha a tale scopo arricchito tutti i testi con passi delle Scritture, compresa la Via Crucis. La pietà popolare deve dunque ispirarsi alla Parola e da essa trarre forza e motivo d’essere. Anche la famosa Corsa dell’Angelo, tanto amata, deriva da devozione popolare e non trova fondamento in nessuna parte del Vangelo.

Se ad essa non si accompagna un corretto riferimento alla Parola, se non vi si partecipa con fede vera, come occasione per ricordare le parole di Cristo, rafforzare la propria fede attraverso il dialogo intimo con Dio, essa rimane un vuoto spettacolo, una occasione folkloristica per i turisti. Anche Benedetto XVI ha raccomandato di purificare la pietà popolare e le devozioni dalle incrostazioni che soffocano la fede e la coerenza con il messaggio di Cristo.

Amare la pietà popolare

Don Cristian ha concluso affermando che il tesoro della pietà popolare va custodito e amato, poiché “è frutto del Vangelo e sottende una enorme forza evangelizzatrice, di cui lo Spirito santo è fonte ispiratrice”. Essa è un luogo teologico da rafforzare.

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