Giuseppe Altamore setaccia con rigore storico secoli di ostilità religiosa, culturale e politica. Fino al Concilio, alla “Nostra aetate”, al riavvicinamento e al dialogo dei giorni nostri.
«Nella storia della civiltà cristiana occidentale nessun odio per un popolo è mai stato tanto continuo e duraturo quanto quello per gli ebrei», sostiene Robert S. Wistrich, professore all’Università ebraica di Gerusalemme. Dopo la Shoah, sembrava che non ci potesse essere più posto per l’antisemitismo e per gli odiosi stereotipi che hanno contribuito a sterminare sei milioni di ebrei nei campi di concentramento nazisti. Ci siamo sbagliati.
Il fiume carsico dell’odio è riemerso con tutta la sua forza distruttiva, alimentato dalla sorgente dell’avversione verso un intero popolo considerato deicida. Proprio questa accusa, lanciata da eminenti pensatori dei primi secoli del cristianesimo, sulla base di una strumentale interpretazione del Vangelo, ha alimentato un odio antiebraico che persiste ancora oggi, nonostante la svolta del Concilio Vaticano II.
Attacchi terroristici, aggressioni fisiche, minacce, vilipendio di cimiteri sono purtroppo l’esito dell’azione di un mostro che pensavamo domato. Fa una certa impressione sapere che oggi, a Parigi come a New York o a Berlino, circolare con la kippa, il tipico copricapo ebraico, è pericoloso. Che cosa sta accadendo? Che cosa cova sotto la cenere pronto a infiammare gli animi soprattutto nei momenti di crisi come l’attuale?
Nel libro Chi ha ucciso Gesù. Una storia da scoprire. Dall’antigiudaismo religioso all’antisemitismo (Edizioni San Paolo, 272 pagine, 22 euro), da pochi giorni in libreria, l’autore, il giornalista Giuseppe Altamore pone una domanda cruciale che non è facile da accettare: l’antigiudaismo, cioè l’avversione religiosa che si è manifestata contro gli ebrei fin dal primo secolo, è ancora oggi la linfa che nutre l’antisemitismo, vale a dire l’odio che minaccia l’esistenza stessa degli ebrei?
Lungo un doloroso viaggio attraverso la distesa dei secoli, l’autore racconta come un messaggio sbagliato abbia potuto scavare così profondamente nelle coscienze costringendo gli ebrei a vivere nei ghetti, senza diritti, fino all’eliminazione fisica. Un messaggio costruito a partire dall’accusa di aver ucciso il Messia, che ha finito per demonizzare un intero popolo, facile bersaglio del nazifascismo.
Si scopre così che la semina dell’odio, sempre secondo l’autore, è opera di santi e padri della Chiesa, forse vittime dello spirito dell’epoca, come oggi la stessa Chiesa riconosce con la svolta del Concilio Vaticano II (1962-65) e la dichiarazione Nostra aetate (28 ottobre 1965) che ha cancellato l’accusa di deicidio e riabilitato il popolo ebraico, ancora depositario delle antiche promesse e dell’Alleanza. Solo prendendo coscienza della gravità del male che si annida tra di noi, è possibile costruire un futuro di pace e di dialogo tra ebrei e cristiani.
Come dice san Paolo nella Lettera ai Romani, la ricomposizione dell’unità fra la tradizione ebraica e quella cristiana sarà “una risurrezione dai morti” (Rm.11,15).
Fonte: Famiglia Cristiana
Immagine: Giuseppe Altamore, 66 anni, autore del libro