Il sangue di San Gennaro si è sciolto sì, “ma ci inchioda alle nostre responsabilità”
Così nell’omelia monsignor Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, durante la celebrazione eucaristica, tenutasi a Santa Chiara il 30 aprile scorso. Una cerimonia suggestiva, a partire dalla processione che si è tenuta dal duomo di San Gennaro, attraverso il centro storico, fino alla basilica di Santa Chiara nel cuore di Napoli, dopo due anni di chiusure forzate, e che ha visto una partecipazione popolare sentita e commossa. Il miracolo del sangue c’è stato quasi subito, salutato dall’applauso e dalla devozione dei fedeli.
E’ stato un momento importante, atteso e temuto, perché l’ultima volta, il 16 dicembre dell’anno scorso, il sangue non si è sciolto, facendo temere sciagure e calamità. Come se due anni di pandemia non ci avessero già fatto soffrire abbastanza. Andando a ritroso nel tempo, scopriamo che la prima notizia dello scioglimento, risale alla fine del ‘300, ma il miracolo diventa famoso nel ‘600; il sangue rimase solido nell’ampolla anche nell’anno del terremoto, il 1980, così come nel 1939 e 1940, prima della Seconda guerra mondiale, e anche nel 1973, l’anno del colera.
Anche il 16 dicembre del 2021, il prodigio della liquefazione non si è ripetuto. Per l’imminente guerra che è poi scoppiata ai danni dell’Ucraina? Eppure già a settembre Monsignor Battaglia aveva messo in guardia i fedeli a non banalizzare questo miracolo, a evitare che sia una superstizione o un oracolo. E adesso che cosa vuole comunicarci il Santo protettore della nostra amata città? E’ stata magistrale, in proposito, l’omelia dell’arcivescovo di Napoli che ha delineato con chiarezza il quadro di una città devota, generosa, amabile e allo stesso tempo vittima e carnefice, preda di una malavita diffusa e organizzata che non vuole cedere, non vuole arrendersi al “miracolo” della pace, dell’umanità, della giustizia. Una città dove scorre il sangue, una città teatro di aggressioni e omicidi violenti di cui sono spesso vittima i giovani, per futili motivi, per una parola, uno sguardo, un “presunto” sgarro.
E i caduti, per lo più sono innocenti, così come accade nel conflitto russo-ucraino, perché al di là di ogni argomentazione su cause e colpe dello scontro, l’Ucraina è il paese aggredito ed è vittima e la federazione russa è l’aggressore. E il sangue dell’antico martire partenopeo ci parla, “ci inchioda alle nostre responsabilità” perché “Il sangue scorre ancora, scorre nella nostra Europa, e nessuno di noi può girarsi dall’altra parte”. E ci invita a riflettere e a intraprendere tre processioni: “Una difficile che ci chiede di gettare le maschere conducendoci al proprio cuore seguendo la strada dall’esterno all’interno della vita.
Quella lunga che supera gli ostacoli delle incomprensioni, parte da se stesso e porta verso l’altro creando cammini destinati all’incontro. Infine la terza, quella seria che conduce a Dio strappandoci dalle ristrettezze dell’Io e incamminandoci insieme per fare comunità e costruire una nuova civiltà di pace e di amore”. Quel sangue ci chiede di tornare a vivere di «amore e onestà, avviando un processo di rinnovamento in cui politica, società civile e ogni cittadino possano dar vita a quel ‘Noi’ capace di rendere Napoli una terra in grado di nutrire i suoi figli….. Non stiamo qui a chiederti miracoli, ma siamo qui ad ascoltarti per cogliere con attenzione il miracolo che tu chiedi a noi” La processione tradizionale del Santo è tutta una preghiera che il popolo napoletano rivolge a San Gennaro per ottenere la sua benedizione e affrontare ogni giorno la quotidianità. Ma non è solo questo: è il superamento dell’individualismo, male ancora troppo grande e diffuso, dell’egoismo che ci limita e ci impedisce di “vedere” l’altro, è attitudine alla comprensione, al perdono del fratello più debole o infelice, è ritrovare rispetto e pacatezza nella comunicazione con gli altri.
Quanta aggressività, quanto odio traspare nei messaggi che le persone si scambiano quotidianamente attraverso i social! Occorre darci dei freni, mettersi alla sequela di Cristo e del suo Vangelo, alla sequela del Risorto, l’unico che può aiutarci a realizzare il sogno della fraternità. E tutto questo potremo realizzarlo solo come comunità, camminando insieme come ci suggerisce la parola stessa: miracolo della conversione sinodale.
La strada ce l’ha indicata lui, il nostro Santo protettore: a noi la volontà e la capacità di seguirlo.