Parlando ancora dell’importanza della vecchiaia, Papa Francesco durante la catechesi ha voluto evidenziare un’altra virtù, la coerenza della fede, praticata da quegli anziani che rimangono fedeli ai propri principi e al proprio credo fino alla fine, anche a costo della vita: «Nel cammino di queste catechesi sulla vecchiaia, oggi incontriamo un personaggio biblico – un anziano – di nome Eleazaro, vissuto ai tempi della persecuzione di Antioco Epifane. È una bella figura. La sua figura ci consegna una testimonianza dello speciale rapporto che esiste fra la fedeltà della vecchiaia e l’onore della fede. È uno fiero, questo! Vorrei parlare proprio dell’onore della fede, non solo della coerenza, dell’annuncio, della resistenza della fede.
L’onore della fede si trova periodicamente sotto la pressione, anche violenta, della cultura dei dominatori, che cerca di svilirla trattandola come un reperto archeologico, o vecchia superstizione, puntiglio anacronistico e così via. Il racconto biblico – ne abbiamo ascoltato un piccolo brano, ma è bello leggerlo tutto – narra l’episodio degli ebrei costretti da un decreto del re a mangiare carni sacrificate agli idoli. Quando viene il turno di Eleazaro, che era un anziano novantenne molto stimato da tutti e autorevole, gli ufficiali del re lo consigliano di fare una simulazione, cioè di fingere di mangiare le carni senza farlo realmente. Ipocrisia religiosa, c’è tanta ipocrisia religiosa, ipocrisia clericale. Questi gli dicono: “Ma fa’ un po’ l’ipocrita, nessuno se ne accorgerà”.
Così Eleazaro si sarebbe salvato, e – dicevano quelli – in nome dell’amicizia avrebbe accettato il loro gesto di compassione e di affetto. Dopo tutto – insistevano – si trattava di un gesto minimo, far finta di mangiare ma non mangiare, un gesto insignificante. È poca cosa, ma la pacata e ferma risposta di Eleazaro fa leva su un argomento che ci colpisce. Il punto centrale è questo: disonorare la fede nella vecchiaia, per guadagnare una manciata di giorni, non è paragonabile con l’eredità che essa deve lasciare ai giovani, per intere generazioni a venire».
Il Serafico Padre d’Assisi era persona molto coerente, nonostante fosse morto a soli 45 anni aveva acquisito una saggezza come quella di un anziano. “Quello che esigeva dagli altri con le parole, lo aveva preteso prima da se stesso con le opere; perciò non temeva censori e predicava la verità con estremo coraggio. Sapeva non lusingare le colpe, ma sferzarle; non blandire la condotta dei peccatori, ma abbatterla con dure rampogne. Con pari fermezza di spirito parlava ai piccoli e ai grandi, e provava uguale gioia nel parlare a pochi e a molti. Gente di ogni età e d’ogni sesso correva a vedere e ad ascoltare quell’uomo nuovo, donato dal cielo al mondo.
Egli pellegrinava per le varie regioni, annunciando con fervore il Vangelo; e il Signore cooperava, confermando la Parola con i miracoli che l’accompagnavano. Infatti, nel nome del Signore, Francesco; predicatore della verità, scacciava i demoni, risanava gli infermi, e, prodigio ancor più grande, con l’efficacia della sua parola inteneriva e muoveva a penitenza gli ostinati e, nello stesso tempo, ridonava la salute ai corpi e ai cuori (FF 12121)”.
Papa Francesco conclude la catechesi: «Cari fratelli e sorelle anziani, per non dire vecchi – siamo nello stesso gruppo – per favore, guardiamo ai giovani. Loro ci guardano, non dimentichiamo questo. Mi viene in mente quel film del Dopoguerra tanto bello: “I bambini ci guardano”. Noi possiamo dire lo stesso con i giovani: i giovani ci guardano e la nostra coerenza può aprire loro una strada di vita bellissima. Invece, un’eventuale ipocrisia farà tanto male. Preghiamo gli uni per gli altri. Che Dio benedica tutti noi vecchi!».