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Omelia di Mons. Gennaro Pascarella in occasione del ‘dies natalis’ della santa

Solenni festeggiamenti in onore di S. Restituta V. e M. patrona dell’isola d’Ischia presso il santuario di Lacco Ameno

SINE DOMINICO vivere non possumus!

Sorelle e fratelli carissimi,

pace a voi! Siamo radunati per celebrare la festa di S. Restituta. Come ogni santo, anche Lei ci indica Gesù. È per Lui che Lei ha dato la sua vita e come Lui ha amato “fino alla fine”, fino al dono della vita. Il suo martirio è legato ad una schiera di martiri, i martiri di Abitene (nell’attuale Tunisia), trenta uomini e diciannove donne. Erano stati arrestati, perché avevano disobbedito all’ordine di riunirsi per celebrare l’Eucarestia la domenica e perché erano in possesso delle Sacre Scritture. Interrogati e torturati, rimasero fedeli alla loro fede. Dagli Atti del martirio risulta come per loro è fondamentale il Dominicum[1] e l’ascolto e la conoscenza delle Sacre Scritture.  

Interrogato dal proconsole, uno dei martiri, Emerito, rispose: «Sono i miei fratelli; venivano per celebrare il dominicum senza il quale non possiamo stare (sine dominico vivere non possumus, senza la Pasqua del Signore non possiamo essere)». Felice, nella cui casa si radunavano i cristiani, al proconsole che gli dice: “Non ti chiedo se sei cristiano, ma se hai partecipato alla riunione e se ha le Scritture”, rispose: “celebrammo solennemente la riunione, e convenimmo sempre al dominicum per leggere le Scritture del Signore”. Anche Restituta fa la sua professione di fede: “Mi chiamo Restituta, adoro nel mio spirito quel Dio che ha creato il cielo e la terra. Anch’io posseggo le Sacre Scritture e ho partecipato alla riunione del Dominicum”.

Eucarestia e Parola di Dio: sono le due mense, di cui non possiamo fare a meno, se vogliamo camminare alla sequela del Signore. Esse sono il nostro sostegno, la nostra forza, la nostra luce … ci permettono di incontrare il Signore che ci parla e ci dona sé stesso.

         Sine dominico vivere non possumus!

         Senza l’Eucarestia e senza la Parola di Dio non possiamo vivere!

         È così anche per noi?

Nel Dominicum la lettura della Sacra Scrittura ha una parte essenziale: “sempre siamo convenuti alla Pasqua domenicale per leggere le Scritture del Signore”. Nella prassi liturgica della Chiesa antica la lettura della Parola di Dio aveva uno spazio ampio e significativo. Al proconsole che pretende la consegna dei libri delle Scritture i martiri rispondono, citando san Paolo, che essi “le possiedono sì, ma nel loro cuore, scritte non con l’inchiostro, ma dallo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole della carne del loro cuore”.

         La Parola di Dio è ascoltata, accolta e vissuta! 

         “Dominicum” richiama anche il dies Domini, la domenica

Emerito dichiara che l’Eucaristia è l’essenza stessa della loro vita, la linfa che scorre dalla vite ai tralci, per cui senza di essa «non possono essere» (cap. XI; cfr Gv 15,5). Non ha dunque senso, e non esiste da nessuna parte un cristiano senza la “Pasqua domenicale”; sono talmente una cosa sola che «l’uno non può sussistere senza l’altra» (cap. XII).

         In particolare pensiamo all’Eucarestia domenicale!

Occorre dare «rilievo all’Eucaristia domenicale e alla stessa domenica, – scriveva san Giovanni Paolo II – sentita come giorno speciale della fede, giorno del Signore risorto e del dono dello Spirito, vera Pasqua della settimana. Da duemila anni, il tempo cristiano è scandito dalla memoria di quel “primo giorno dopo il sabato” (Mc 16,2.9; Lc 24,1; Gv 20,1), in cui Cristo risorto portò agli Apostoli il dono della pace e dello Spirito (cfr Gv 20,19-23). La verità della risurrezione di Cristo è il dato originario su cui poggia la fede cristiana (cfr 1 Cor 15,14), evento che si colloca al centro del mistero del tempo, e prefigura l’ultimo giorno, quando Cristo ritornerà glorioso. (…) celebrando la sua Pasqua, non solo una volta all’anno, ma ogni domenica, la Chiesa continuerà ad additare ad ogni generazione “ciò che costituisce l’asse portante della storia, al quale si riconducono il mistero delle origini e quello del destino finale del mondo”.

«… la partecipazione all’Eucaristia sia veramente, per ogni battezzato, il cuore della domenica: un impegno irrinunciabile, da vivere non solo per assolvere a un precetto, ma come bisogno di una vita cristiana veramente consapevole e coerente. (…) L’Eucaristia domenicale, raccogliendo settimanalmente i cristiani come famiglia di Dio intorno alla mensa della Parola e del Pane di vita, è anche l’antidoto più naturale alla dispersione. Essa è il luogo privilegiato dove la comunione è costantemente annunciata e coltivata. Proprio attraverso la partecipazione eucaristica, il giorno del Signore diventa anche il giorno della Chiesa,che può svolgere così in modo efficace il suo ruolo di sacramento di unità».[2]

Per intercessione di Santa Restituta e della schiera di martiri a cui lei è legata chiediamo al Signore che anche per ognuno di noi diventino vere le loro parole: senza la Pasqua domenicale e senza la Parola di Dio non possiamo essere! È l’Eucarestia che ci fa essere tralci legati alla vite che è Cristo. È la Parola di Dio che illumina i nostri passi, è lampada per il nostro cammino, che ci indica la via del bene, della giustizia, della pace, dell’amore, del servizio, della condivisione, della solidarietà. C’è una unità profonda tra l’Eucarestia e la Parola di Dio e il nostro esistere quotidiano.  Siamo chiamati a fare della nostra vita un dono di amore a Dio e agli altri: ognuno di noi nello stato di vita che lo costituisce, nel ruolo che ha nella società, nei compiti che ha nella Chiesa!


[1]  Cfr. https://www.gliscritti.it/blog/entry/3400.Iltermine dominicum comprende diversi significati: “è il giorno del Signore, nel quale si celebra il sacramento del sacrificio del Signore, il suo mistero di morte e risurrezione, la sua pasqua, nella cena del corpo del Signore, convito del Signore con i fratelli”. “Una espressione sintetica, che potrebbe riassumere tutto questo, è forse ‘celebrare la Pasqua domenicale’”.

[2] Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte, nn. 35-36

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