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Nella scorsa catechesi sulla vecchiaia Papa Francesco espone la domanda che Nicodemo fece a Gesù: «Come può un uomo nascere quando è vecchio?», domanda seguita dall’affermazione del Signore quando invita l’uomo a rinascere dall’alto. «Nicodemo fraintende questa nascita, e chiama in causa la vecchiaia come evidenza della sua impossibilità: l’essere umano invecchia inevitabilmente, il sogno di una eterna giovinezza si allontana definitivamente, la consumazione è l’approdo di qualsiasi nascita nel tempo.

Come può immaginarsi un destino che ha forma di nascita? Nicodemo pensa così e non trova il modo di capire le parole di Gesù. Questa rinascita, cos’è? L’obiezione di Nicodemo è molto istruttiva per noi. Possiamo infatti rovesciarla, alla luce della parola di Gesù, nella scoperta di una missione propria della vecchiaia. Infatti, essere vecchi non solo non è un ostacolo alla nascita dall’alto di cui parla Gesù, ma diventa il tempo opportuno per illuminarla, sciogliendola dall’equivoco di una speranza perduta. … La vita nella carne mortale è una bellissima “incompiuta”: come certe opere d’arte che proprio nella loro incompiutezza hanno un fascino unico.

Perché la vita quaggiù è “iniziazione”, non compimento: veniamo al mondo proprio così, come persone reali, come persone che progrediscono nell’età, ma sono per sempre reali. Ma la vita, nella carne mortale è uno spazio e un tempo troppo piccolo per custodire intatta e portare a compimento la parte più preziosa della nostra esistenza nel tempo del mondo. La fede, che accoglie l’annuncio evangelico del regno di Dio al quale siamo destinati, ha un primo effetto straordinario, dice Gesù. Essa consente di “vedere” il regno di Dio.

Noi diventiamo capaci di vedere realmente i molti segni di approssimazione della nostra speranza di compimento per ciò che, nella nostra vita, porta il segno della destinazione per l’eternità di Dio. I segni sono quelli dell’amore evangelico, in molti modi illuminati da Gesù. E se li possiamo “vedere”, possiamo anche “entrare” nel regno, con il passaggio dello Spirito attraverso l’acqua che rigenera. La vecchiaia è la condizione, concessa a molti di noi, nella quale il miracolo di questa nascita dall’alto può essere assimilato intimamente e reso credibile per la comunità umana: non comunica nostalgia della nascita nel tempo, ma amore per la destinazione finale. In questa prospettiva la vecchiaia ha una bellezza unica: camminiamo verso l’Eterno».

Il Serafico Padre Francesco ha amato la vita in ogni suo aspetto, nella ricchezza, nella povertà, nella salute, nella malattia, in tempo di pace, in tempo di guerra, in gioventù e fino all’ultimo istante della sua preziosa esistenza. Ogni tempo era quello giusto per amare l’Autore della vita; ogni creatura era espressione della Firma di Dio padre, perciò degna di rispetto e venerazione; apprezzare la bellezza divina della vita terrena per amare quella eterna era uno dei suoi obiettivi. “Desiderando questo felice viandante uscire presto dal mondo, come da un esilio di passaggio, trovava non piccolo aiuto nelle cose che sono nel mondo stesso. Infatti si serviva di esso come di un campo di battaglia contro le potenze delle tenebre, e nei riguardi di Dio come di uno specchio tersissimo della sua bontà. In ogni opera loda l’Artefice; tutto ciò che trova nelle creature lo riferisce al Creatore. Esulta di gioia in tutte le opere delle mani del Signore, e attraverso questa visione letificante intuisce la causa e la ragione che le vivifica. Nelle cose belle riconosce la Bellezza Somma, e da tutto ciò che per lui è buono sale un grido: «Chi ci ha creati è infinitamente buono». Attraverso le orme impresse nella natura, segue ovunque il Diletto e si fa scala di ogni cosa per giungere al suo trono” (FF 705).

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